«La Tìenanmen? Quella è sempre eresia» di Fernando Mezzetti

Il ministro della Giustizia gela le speranze suscitate dall'appello dell'ex Segretario al Congresso del partito Il ministro della Giustizia gela le speranze suscitate dall'appello dell'ex Segretario al Congresso del partito «La Tìenanmen? Quella è sempre eresia» Nessuna revisione, e i dissidenti restano in carcere PECHINO DAL NOSTRO INVIATO Avanti con le riforme economiche che smantellano tabù come la proprietà statale, ma nessun revisionismo sulla strage della Tienanmen dell'89. Fu un'azione conseguente al «corretto giudizio» dato dal partito sulle imponenti manifestazioni, allora e oggi, «controrivoluzionarie». E i due più noti dissidenti da tempo in carcere, vi restino a scontare le condanne inflitte. Niente scarcerazione per malattia. Non sono in gravi condizioni, e possono essere curati in prigione. Lo ribadisce con fermezza il ministro della Giustizia, Xiao Yang, eliminando illusioni che il partito comunista possa ora rivedere la propria azione nella strage, e mostrarsi clemente con radicali oppositori. L'audacia in economia non si trasferisce al sistema politico e alla riconsiderazione di quell'evento cruciale dell'89, specie mentre il congresso sta glorificando Deng Xiaoping, che avallò l'intervento militare. Zhao Ziyang, il segretario del partito allora liquidato per la sua opposizione alla repressione, potrebbe anche aver inviato al congresso l'appello per la revisione della Tienanmen, copie del quale, dattiloscritte e non firmate, sono state ricevute da agenzie di stampa occidentali. Se mandato, e molti lo dubitano, quell'appello cade nel vuoto. Il regime trae legittimità dai successi economici degli ultimi anni, ma fonda la sua ragione d'essere nell'aver mantenuto il potere in quel frangente, continuando a esercitarlo in modo autoritario. Senza repressione, sarebbe forse stato spazzato via. Il suo stesso attuale capo, Jiang Zemin, giunse a questo posto grazie al siluramento di Zhao. La dichiarazione del ministro della Giustizia viene in una sua conferenza stampa per illustrare l'ampio lavoro legislativo e giudiziario svolto per costruire un sistema legale in un Paese fino all'80 senza leggi e codici, in balia delle campagne politiche. In riferimento alla recente espulsione per corruzione dal partito di Chen Xitong, già sindaco e boss di Pechino, tra i più duri nell'89 per il ricorso ai carri armati, si domanda se ciò non sia preludio a una riconsiderazione della Tienanmen: la protesta cominciò contro la corruzione, e ora si conferma che uno dei grandi repressori era un grande corrotto. La risposta è senza esitazioni: «L'affare della Tienanmen ò già stato regolato dal governo e dal partito correttamente. La questione di Chen Xitong è individuale, per fatti che non hanno nulla a che vedere con la Tienanmen». E il presunto appello di Zhao al partito, di cui circolano copie non firmate, sarà preso in considerazione? La risposta ribadisce che il giudizio sulla Tienanmen è stato dato «una volta per sempre». E' la conferma che il vertice non intende riaprire quella pagina, ma è una risposta obliqua. Non conferma che l'appello sia stato ricevuto, ma neanche ne nega l'esistenza: forse per la foga nel liquidare un tenia cosi sensibile. Molti dubitano che l'ex leader abbia fatto questa mossa. Zhao ò troppo politico per non sapere che questo è il momento meno opportuno: rivedere la Tienanmen mentre il congresso sta glorificando Deng sarebbe come opporsi su questo a tutto il partito, mettendo sotto accusa anche il premier Li Peng, allora in prima fila tra duri. Ed è troppo uomo di partito per dare giudizi trancianti, come è nelle copie, sulla repressione decisa dal vertice, mettendoli in piazza. C'è odore di manovre per ora difficili da decifrare. Quanto a Wei Jinseng e Wang Dan, da tempo in carcere, il ministro esclude che possano essere messi in libertà vigilata per motivi di salute. Wang, 28 anni, tra i protagonisti della Tienanmen, non avrebbe serie malattie. Condannato a 4 anni nel '91, scarcerato nel febbraio '93, fu riarrestato e condannato nel '9(3 a 11 anni. Su Wei Jinseng dice che per la libertà vigilata occorrono condizioni e situazioni che lui ben conosce, e che non si riscontrano ora. Wei fu nel '78 tra i protagonisti del muro della democrazia, chiedendo appunto democrazia come «quinta modernizzazione». Condannato nel dicembre '79 a 14 anni, fu scarcerato nel '93. Nell'aprile '95, dopo un colloquio col sottosegretario Usa per i Diritti umani, fu riarrestato e condannato nel '96 a 15 anni. Fernando Mezzetti «Abbiamo già dato a suo tempo una valutazione corretta sulla vicenda. Non ci sono motivi per liberare Wang Dan e Weijinseng» A Hong Kong un manifesto dei dissidenti per ricordare la Tienanmen

Persone citate: Chen Xitong, Deng Xiaoping, Jiang Zemin, Wang Dan, Xiao Yang, Zhao Ziyang

Luoghi citati: Hong Kong, Pechino