Israele sotto l'incubo-bombe ridiscute l'arma della tortura di Foto Ansa

Davanti alla Corte suprema il dossier di un sospetto kamikaze DIRITTI UMANI E SICUREZZA Davanti alla Corte suprema il dossier di un sospetto kamikaze Israele sotto l'incubo-bombe ridiscute l'arma della tortura TEL AVIV NOSTRO SERVIZIO Mentre in Israele i servizi di sicurezza preannunciano l'imminenza di nuovi attentati islamici (dopo le stragi compiute a Gerusalemme il 30 luglio e il 4 settembre) la Corto Suprema si trova in questi giorni a dover affrontare ancora una volta la spinosa questione dello «pressioni fisiche moderate» esercitato dagli agenti dello Shin Het (il servizio di sicurezza interno) nei confronti di palestinesi sospettati di praticare la lotta armata. «Si tratta di sevizio, di torture a tutti gli effetti» si e lamentato nei giorni scorsi Raji Mahmud Sabbah, un palestinese di Beit Umar (Hebron) sospettato da Israele di militare in Ezzedin al-Qassam, il «braccio armato)» di Hamas. Mediante il suo legale. André Rosenthai, Sabbah ha chiesto alla Corto Suprema di ordinare la sospensione immediata delle pressioni a cui e sottoposto. I giudici hanno subito iniziato a esaminare il suo «complesso caso» e hanno preannunciato che prose- guiranno il dibattito giovedì. Nel frattempo Sabbah resta in balìa dei suoi inquirenti del dipartimento dello Shin Bet all'interno del carcere di Ashqelon, a Sud di Tel Aviv. Sabbah è stato arrestato tre settimane fa, nel corso delle retate seguite alla strage del 30 luglio. Sospettato di essere un militante di Ezzedin al-Qassam, per quindici giorni non ha potuto vedere un avvocato mentre gli inquirenti tentavano di stabilire se avesse partecipato ad attentati passati e so - più importante ancora - fosse a conoscenza di stragi ancora in fase di progettazione. In questo caso, sulla base del Rapporto Landau sul codice di comportamento dei servizi segreti pubblicato nel 1987, Sabbah può essere paragonato dai suoi inquirenti a una «bomba che sta già ticchettando» e noi suoi confronti possono essere legalmente esercitate «pressioni fisiche moderate». Rosenthal ha subito chiesto l'intervento della Corte Suprema non appena ha appreso dal suo cliente la serietà delle pressioni a cui veniva sottoposto. Sabbah af- ferma di essere stato obbligato a sedere a lungo su un basso sgabello, con la tosta coperta da un sacco di tela. Aggiunge di essere stato sistematicamente privato del sonno e di essere obbligato ad ascoltare per ore una musica molto forte. Di giorno il suo corpo viene esposto a un ventilatore che emette aria calda, di notte all'aria fredda. Davanti ai giudici della Corte Suprema il rappresentante della magistratura ha sostenuto che le informazioni tuttora in possesso di Sabbah potrebbero salvare vite umane. Rosenthal ha obiettato che il suo cliente rischia di perdere gradualmente l'equilibrio mentale. «Un caso complesso» hanno convenuto i giudici che hanno chiesto anche di esaminare materiale segreto fornito loro dai servizi segreti. Da anni in Israele si discute fino a che punto uno stato di diritto possa difendersi dalla minaccia del terrorismo islamico, caratterizzato negli ultimi anni dal crescente ricorso a «kamikaze». Nel tentativo di arginarlo sono stati fra l'altro ordinati centinaia di arresti amministrativi: una misura di carattere preventivo, non convalidata da un giudice. I periodi di detenzione sono rinnovati di volta in volta, in modo arbitrario. Ieri un detenuto amministrativo, Marwan Hassan Ibrahim Mahali, si è impiccato nella sua cella del carcere di Meghiddo, probabilmente dopo aver perso la speranza di riguadagnare la libertà. Sul caso Sabbah la parola passa alla Corte Suprema, che in passato si è mostrata piuttosto incline ad accogliere le esigenze operative dei servizi segreti. Aldo Baquis Il palestinese: «Mi chiudono la testa in un sacco, mi tolgono il sonno e mi espongono al caldo e al freddo». Per il servizio di sicurezza sono «pressioni fisiche moderate» L'arresto di un palestinese da parte di un poliziotto israeliano [foto ansa]

Luoghi citati: Gerusalemme, Israele, Tel Aviv