TESTIMONE DI GUERRA di Mimmo CanditoAldo Rizzo

TESTIMONE DI GUERRA TESTIMONE DI GUERRA Candito e il mestiere di reporter DAL NOSTRO INVIATO IN GUERRA Mimmo Candito Theoria pp. 254 L. 18.000 DAL NOSTRO INVIATO IN GUERRA Mimmo Candito Theoria pp. 254 L. 18.000 NVIATO speciale tra i più noti e bravi, ora anche docente di giornalismo all'Università di Genova, Mimmo Candito racconta da vari anni ai lettori della Stampa grandi avvenimenti della cronaca internazionale. Tempestivo e interessante, come al solito, il recentissimo reportage sull'India di Madre Teresa, a cinquant'anni dall'indipendenza. I suoi articoli sono tersi e tesi, cioè esprimono una tensione interna, ma senza affanno, con eleganza. Ma la sua specialità, se così si può dire, sono le guerre. Ne ha raccontate molte, dal Libano alle Falkland-Malvinas, dal Golfo allo Zaire, dall'Afghanistan al Salvador e al Nicaragua. In vari continenti. Fu tra i primissimi testimoni di episodi particolarmente crudi e tragici del Medio Oriente, come gli eccidi di palestinesi a Tali Al Zataar e a Sabra e Chatyla, nel Libano a cavallo tra gli Anni Settanta e Ottanta, travolto dal furore dello scontro arabo-israeliano. Ora questo suo libro (con l'introduzione di Furio Colombo) è un riepilogo, provvisorio, delle sue esperienze di corrispondente di guerra. Prov- Madre Teresa di Calcutta Madre Teresa dvisorio, nel senso del tempo, e anche dell'aneddotica ad esso connessa, che può essere letta come un piccolo romanzo di avventure (ma a volte, o più spesso, di disavventure, cioè di rischi e disagi anche gravi, come sa chiunque abbia fatto, anche saltuariamente, quel particolare mestiere giornalistico). Ma il riepilogo non è, non vuol essere, provvisorio, per quanto riguarda il mestiere in sé, ii mestiere di raccontare le guerre. Dopo brani «storici», intervallati, con abile montaggio, alle testimonianze personali, sembra a Candito di poter già dire due cose. La prima è che il corrispondente di guerra non è più in grado di fare il lavoro come una volta, e forse non lo sarà più. Colpa, o merito, diciamo a causa, della televisione, che brucia l'avvenimento sul nascere, mostrandone l'immagine fisica, ma nascondendone significati intimi, umani ma anche politici, che possono essere resi soltanto da un resoconto diretto e approfondito. L'altra cosa, più generale, è che non solo il lavoro di corrispondente di guerra, ma tutto il giornalismo, è cambiato, per un'innovazione tecnologica globale, che privilegia la comunicazione in sé sul messaggio, sul contenuto. Fenomeno, appunto, tecnico, che però è degenerato sul piano del costume, e persino dell'etica, del giornalismo. Dice Candito che ormai la «futilità» e la «rapidità» prevalgono «sulla qualità dei contenuti», che c'è una «rincorsa ai titoloni pieni d'aria», salvo fa- i Calcutta re titoli contrari il giorno dopo. Difficile dargli torto. E del resto c'è un dibattito aperto, su questo tema cruciale, anche in Italia, o soprattutto in Italia, dove il rapporto tra tv e stampa scritta, tra «tecnologia» e «testimonianza», è particolarmente acuto. Se poi questo voglia dire «la morte del corrispondente», come suggerisce o teme l'autore, cioè la morte del testimone-persona, stroncato dall'elettronica, è presto per dire. Per quanto riguarda specificamente la guerra, le guerre, va ovviamente ricordato che sempre più difficilmente, per la loro crescente complessità tecnica, o tecnico-spaziale, esse possono essere seguite a occhio nudo, o con i binocoli. Lo si è visto appunto alle Falkland e nel Golfo. Diverso, certo, è il caso delle guerre intestine, cosiddette «civili». Quanto alla partecipazione e alla responsabilità «soggettive» dei giornali, specie italiani (perché, per esempio, in America o in Inghilterra, la concorrenza della tv non è stata così devastante e deviante), bisogna augurarsi che si trovi un punto di equilibrio tra rapidità-futilità e informazione-analisi, cioè tra giornalismo propriamente detto e spettacolo. Sperabilmente a favore del primo. Nell'attesa, resta quest'interessante libro di Candito (racconto, saggio, pamphlet), pieno di fatti e di umori, accumulati nel corso del tempo, guardando al futuro. Aldo Rizzo

Persone citate: Candito, Furio Colombo, Madre Teresa, Mimmo Candito, Sabra