I TOUR OPERATOR DI DIO IN TERRA

LA REPLICA LA REPLICA CARO Orengo, non è per snobismo: ma, ti giuro, nulla ho mai ascoltato - dunque, nulla posso dire - di U2 e Oasis. Quanto a Bob Dylan, non mi entusiasma che, come ricordi sull'ultimo Tuttolibri, si sia «battuto contro la guerra americana in Vietnam». Non perché mi piacesse quella guerra. Ci mancherebbe. Ma perché sappiamo che cos'è successo, dopo. Comunque, non mi dispiacerebbe scoprire che nel repertorio del Bob c'era qualcosa anche sulle amorevolezze di Poi Pot verso i suoi cambogiani. Quel che volevo ricordare a certo clero, sempre entusiasta per le terzultime mode, è che la sua Chiesa - che è poi anche la mia: per questo mi scaldo... - ha tra l'altro, fra i suoi parolieri, un certo Tommaso d'Aquino. E' suo, il testo del Pange , lingua (il Tantum ergo, ricordi?) che i mitici ggiovani di certo ignorano; e che, visto che trattasi di Congresso Eucaristico, si poteva ben riproporre, assieme a cose straordinarie quanto oggi reiette, gregoriane e no. l ggUna «strategia pastorale», come la chiamano, non può ignorare la legge bronzea di domandaofferta. La Chiesa non ha monnezza,. ma tesori anche musicali da offrire. Mettere in piedi una discoteca old-style (al Congresso Eucaristico!) è un modo sicuro per non intercettare la domanda. Ed è questo che, da cattolico, mi rode!... Tuo Vittorio Messori TORINO N'OPERA del genere in Italia non esisteva. Era disponibile soltanto un vecchio dizionario di etnologia degli Anni Cinquanta», dicono soddisfatti Ugo Fabietti (Università di Firenze) e Francesco Remotti (Università di Torino), che hanno curato il Dizionario di antropologia pubblicato di Zanichelli. Quasi mille pagine, oltre 2500 voci, una bibliografia che comprende quattromila titoli, sedici collaboratori, il dizionario è organizzato su tre livèlli, come annuncia il sottotitolo: Etnologia. Antropologia culturale. Antropologia sociale. Di fatto è uno specchio dello stato delle cose nel mondo degli antropologi, in un'epoca di passaggio fra una storica tradizione di studi esotici e l'attenzione alla realtà in cui viviamo. Dietro il dizionario c'è l'ambizione di far vedere «come cambia il mestiere dell'antropologo». Una volta l'antropologo si occupava dei primitivi. E' ancora così? Qual è lo spazio del Claude Lévi-Strauss e un'immagine del suo viaggio fra le tribù Nambikwara tratta da «Saudades do Brasil» (il Saggiatore) primitivo nel dizionario? REMOTTI: «Quella di primitivo è una nozione da cui l'antropologo moderno ha preso le distanze. Nella nostra opera è ampiamente criticata. Con ciò non vogliamo dire che l'antropologia sia diventata solo studio delle società complesse, solo antropologia di casa nostra. Non è più il caso di usare la categoria ottocentesca di primitivo, ma gli oggetti dell'antropologia continuano a essere legati all'idea di una alterità. Dobbiamo evitare che l'antropologia diventi una specie di archeologia ma anche che si trovi schiacciata sul presente». FABIETTI; «Per fare un esem!pio,' gli .Indiani .d'America che Tanno parte della moderna antropologia non sono quelli che potevano uscire da una rappresentazione etnografica del secolo scorso bensì quelli che lottano per i loro diritti e difendono la loro identità. Vivendo in società multietniche e dentro il fenomeno della globalizzazione, non possiamo più concepirci senza queste alterità. Nel dizionario si trovano voci come nazionalismo o capitalismo, nel tentativo di ricostruire il contesto in cui l'antropologo si muove; Certo che la linea di scivolamento verso la sociologia è delicata». L'impatto quotidiano con africani, asiatici, albanesi, slavi, è un problema fondamentale delle società contemporaneee. L'antropologo può aiutarci a risolverlo? REMOTTI: «La mia posizione del tutto personale, anche nei confronti dei colleghi che ci invitano a non occuparci più delle società lontane per occuparci di quello che accade qui, è che l'antropologia non sempre dispone degli strumenti per affrontare tutto ciò che avviene nella contemporaneità. Continuo a ritenere che compito dell'antropologo sia studiare ciò che accade altrove da noi: in questo modo si andrà abbastanza avanti per capire anche ciò che accade da noi. Ma il suo rimane uno sguardo da lontano». FABIETTI: «Prendiamo il turismo. C'è ormai tutta una tradizione di studi antropologici, per comprendere il turismo come fenomeno che coinvolge parti delle nostre società in contesti culturali differenti dai nostri. Direi che il compito dell'antropologo di fronte alla realtà contemporanea è di mettere in evidenza tutti i problemi che nascono dal contatto fra culture diverse. Va bene parlare di globalizzazione come crogiolo di culture, purché non si dimentichi che c'è il dominio di una cultura sull'altra, di una politica sull'altra, di una economia sulle altre». Turismo è una voce del dizionario di significato comune come abbigliamento o abitazione. In che modo diventano lemmi antropologici? REMOTTI: «Dare spazio a voci che sembrano essere ovvie consente all'antropologo di scardinare la naturalità di nozioni che riguardano il mangiare o il vestire, facendo emergere dei significati culturali, cioè delle scelte, che sono alla base dei nostri comportamenti ma che noi occultiamo per vivere tranquillamente. Si tenga presente che caratteristica dell'opera è il tentativo di riprodurre il linguaggio degli antropologi. Il lettore troverà anche numerosi lemmi di confine, che hanno un significato in filosofia, o in psicologia, e così via, ma ne acquistano un altro, specialistico, in antropologia. In questo modo abbiamo voluto documentare un'aderenza al discorso antropologico». Cosa ci fa, tra questi lemmi, il complesso d'Edipo? FABIETTI: «Perché è un concetto del sapere occidentale ogetto di lungo dibattito fra gli antro¬ pologi, a partire da Malinowski, quindi a partire, non a caso, dall'inizio della ricerca sul campo. Capita che l'antropologo si trovi di fronte a una realtà diversa da quella freudiana e ci informi di rapporti familiari che si configurano con dinamiche diverse. Ma c'è anche chi ha detto: attenzione che il complesso d'Edipo non sparisce, semplicemente si sposta su altre figure. In caso di punti di vista controversi, diamo la definizione di ciò che s'intende e poi offriamo una ricostruzione critica». Il dizionario rispecchia il credo di una scuola? FABIETTI: «No. Abbiamo cercato di far confluire in queste pagine le correnti forti della tradizione disciplinare, in un quadro internazionale, evitando di appiattirci sia sulla tradizione americana di cultura e personalità sia su quella francese che va da Durkheimer a Lévi-Strauss». REMOTTI: «Noi abbiamo concepito un'opera al cui interno studiosi e studenti possano costruire propri percorsi originali di ricerca. L'immagine che ci ha guidato è quella del labirinto: se gli abbiamo dato una mano per entrare e aggirarsi nel labirinto, siamo contenti». Alberto Papuzzi I TOUR OPERATOR DI DIO IN TERRA IL IL A macchina organizzativa in vista del pellegrinaggio giubilare non ignora davvero la «curiosità» del laico che si aggira sospettoso ai bordi del sacro e cerca un tracciato storicamente attendibile del fenomeno. Del resto, bagaglio penitenziale e «curiosità» per la mèta raggiunta o perseguita, intimo fervore e gioia fisica per ciò che il mondo offre al di là dei propri confini, parrebbero fondersi sin dalle origini. «Curiosa» in senso promiscuo si dichiarava la pia Egeria, nel 393 d.C, in Terrasanta («Ego sum curiosa») come PELLEGRINAGGIO CRISTIANO Roberto Lavarmi Marietti pp. 729 L 58.000 PELLEGRINAGGIO CRISTIANO Roberto Lavarmi Marietti pp. 729 L 58.000 Esce da Marietti una stòria dei pellegrinaggi nelle grandi mete della feda: da Santiago di Compostela a Gerusalemme e Roma ci ricorda l'autorevole Gianfranco Ravasi, giustificando l'ibridazione terminologica: turista e pellegrino. E' su questo cardine che ruota il volume di Roberto lavarmi, un esperto del settore, a giudicare dai titoli riportati nella bandella. Settecento pagine ridondanti che, tranne il capitolo dedicato al pellegrinaggio degli ebrei, si consumano tutte in area cristiana, luogo dopo luogo, secolo dopo secolo, ignorando deliberatamente («non intendiamo compiere una trattazione esaustiva», vien detto all'inizio) percorsi analoghi ispirati a fedi diverse. Quattro sono comunque i motivi che prevalentemente circolano nella lunga indagine: il pellegrino «tipico» e si dica pure utilitarista: colui che chiede qualcosa al cielo per vivere con più agio in terra (salute, amore, affari...); il santuario, costretto a misurarsi con le labili fortune terrene (donazioni, competizioni, incentivazione e talvolta invenzione del patrimonio salvifico) per non tradire le aspettative del cielo; il miracolo, ossia «il mezzo più efficace di cui disponga un santo per farsi pubblicità»; il viaggio: reale o simbolico, nobilissimo o terribilmente spurio, individuale o consorziato, spontaneo o indotto. Le spigolature, le varianti, hanno spesso la meglio in un testo così massiccio e qua e là pronto a smottare nell'agiografico. Si veda ad esempio il pellegrinaggio per procura, il pellegrino vicario, il professionista a tariffa che scioglie i voti altrui, che invoca grazie per conto di persone impedite dall'età, dalle infermità o dalla lontananza dei leggendari centri di culto: Gerusalemme, Roma, Santiago di Compostella, San Michele Arcangelo sul Gargano... Oppure l'antica pratica dell'incubazione (il devoto si portava da casa le lenzuola, si chiudeva nel santuario e aspettava che la notte apparisse il taumaturgo con le istruzioni necessarie a guarirlo da uh male incurabile, a liberarlo da un'angoscia). E si ve dano le degenerazioni del viaggio in vagabondaggio, con gli allarmi di Giacomo di Vitry sul numero crescente di ladri, assassini, rapinatori, parricidi, corsari, menestrelli, giocolieri, mescolati nel flusso di anime candide; il sarcasmo di Chaucer («la Comare di Bath») sul pellegrino che attraversa mari e monti al solo scopo di procacciarsi piacevoli avventure; l'ostilità di San Bonifacio verso le donne, specie quelle dirette in Italia. Donne che partono pudiche, contrite, e rischiano di finire prostitute in una locanda appenninica. E figurarsi l'atteggiamento degli umanisti, dei protestanti e, più tardi, degli enciclopedisti. Tommaso Moro non si ritrae dal denunciare i vergognosi trucchi del clero inglese con falsi storpi, ciechi, epilettici, sordomuti risanati a comando. («Qualche prete, per mettere insieme un pellegrinaggio nella sua parrocchia - scrive l'autore di Utopia - può combinare di far venire in chiesa un falso fedele che finga di far visita a un santo e all'improvviso annunci di aver riacquistato il bene degli occhi. Farà allora suonare le campane e i fedeli si lasceranno subito beffare. Le donne correranno là con le loro candele e il parroco raccoglierà per circa sette anni un obolo due voltemaggiore delle decime»...). Erasmo, dal suo canto, nei Colloquia mette in bocca a una vergine di gran richiamo caustiche parole di disimpegno: sono stanca di essere al servizio «dei marinai, dei guerrieri, dei negozianti, dei giocatori, delle fighe da marito, delle signore incinte, degli alti dignitari, dei re e dei contadini». Attentamente analizzato è il ruolo feticistico delle reliquie; ma, nella pur doviziosa bibliografia, colpisce l'assenza di Colini de Plancy, il cui Dictionaire critique des reliques et des images miraculeuses spazza a colpi di asciutto umorismo i più aberranti prodotti della fantasia popolare. Resta infine sospesa la domanda sulla legittimità della definizione ({turismo religioso». Sostantivo e aggettivo stentano infatti a sincretizzarsi, nonostante le cure dottrinarie dei patrocinatori. Da opposte sponde si temono inquinamenti, tradimenti semantici, pasticci di giovedì grasso e Venerdì Santo. Nel frattempo, c'è chi ha risolto trionfalmente ogni dubbio eticoesegetico: il tour operator, Giuseppe Cassieri