la Bosnia contro Dayton

L'89% degli elettori ha spedito la scheda nei Comuni dove risiedevano prima della spartizione etnica L'89% degli elettori ha spedito la scheda nei Comuni dove risiedevano prima della spartizione etnica la Bosnia contro Payton // voto ripropone il Paese anteguerra SREBRENICA DAL NOSTRO INVIATO Se mai luogo fu popolato da fantasmi, il luogo è questo. La quinta di tuguri che si avvita lungo tornanti fangosi porta i segni di almeno due tragedie: le violenze delle bande musulmane nell'inverno del '93, l'allucinante reazione serba del luglio di 2 anni fa. In queste foreste che si fanno largo nella nebbia i corpi di almeno 4 mila musulmani giacciono in fosse comuni, dagli elenchi di prima della guerra i serbi «mancanti* sono 1400. Eppure proprio qui, nella città «ripulita» due volte ed assurta a simbolo universale degli orrori di Jugoslavia, potrebbe verificarsi l'inaspettato, la mossa che cambia tutte le carte in tavola e rovescia le prospettive. Lasciate che trascorra una settimana e questa stanza disadorna, sede della «srpska opstina», municipalità serba di Srebrenica, potrebbe diventare sede amministrativa del dottor Abdulrahman Malkic, musulmano. Si tratta del capolista dell'«Sda» (il partito di Izetbegovic), su di lui sanno convergendo da tutta la Bosnia i voti di migliaia di profughi. Quelle donne che due estati fa tutto il mondo vide sfuggire al macello, cercare scampo come mandrie impazzite sotto i tunnel delle strade o nei boschi, si stanno vendicando col voto. Accade a Srebrenica, sta succedendo in quasi tutta la regione. I primi dati indicano che un'elezione apparentemente scontata sta per scatenare una mezza rivoluzione. La notizia è questa: l'89 per cento degli elettori ha scelto di esprimersi per il luogo in cui si trovava prima della guerra. Forse le potenzialità del «voto a distanza» erano state sottovalu¬ tate. In queste amministrative per la prima volta accade che i rifugiati (oltre un milione di votanti in Bosnia, più di 400 mila all'estero su un totale di 2 milioni e 500 mila) abbiano il diritto di esprimersi per il posto in cui erano prima. Per la città da cui sono stati scacciati, dove la casa è stata distrutta o espropriata, da cui l'etnia è stata scacciata e adesso regnano «gli altri». E' come una bomba a tempo piazzata sotto il principio della spartizione etnica, dei nazionalismi che si fronteggiano, della stessa architettura di Dayton. Qui, a Srebrenica, fra breve un sindaco di nome Abdulrahman potrebbe presentarsi fra chi ha sterminato la sua gente e - protetto ai soldati della Sfor, si spera proclamare: «Adesso comando io». Lo stesso potrebbe accadere, accadrà, ad un eletto serbo nella città «ripulita» dai croati, ad un croato fra i musulmani, e via dicendo. Se fino a ieri erano solo ipotesi, la scelta fatta dall'89 per cento dei sopravvissuti già delinea novità sorprendenti. Dov'essere allora, se non qui, per cercar di capire cosa accadrà fra una settimana? Srebrenica è il luogo in cui la storia di una guerra folle si è compiuta, quasi rappresa, caricando quest'ammasso di rovine di energie negative, eleggendolo a simbolo dell'orrore. «Enclave» musulmana per quasi quattro annni, poi abbandonata alla rappresaglia serba dagli olandesi dell'Orni e dagli stessi comandi dell'«Armja» bosniaca, oggi Srebrenica accoglie soprattutto profughi serbi. Ventimila serbi di Grbavica, Vogosca ed Hi- dza, quartieri di Sarajevo. Serbi poveri ed esasperati. «Un musulmano qui? Non accadrà mai, sarebbe folle: da queste parti non ci sarà mai riconciliazione». Il poliziotto che ci sta parlando è un omone che da qui scappò nel '92, dopo aver perso il padre ed il fratello, e tornò nel '95. Oggi è pronto a giurare che a Srebrenica i musulmani non sono mai stati sterminati «e le fosse comuni, se ci sono, si trovano a Bratunac», ossia a dieci chilometri di qui. Ma cos'altro ci si potrebbe aspettare? Questa è l'unica piazza di Srebrenica, e dallo squallore delle facciate emerge un'unica nota di colore. I cartelli adesivi che mostrano la foto di Radovan Karagdic intimando: «Don'ttouch him!». Nessuno lo tocca il vostro eroe, state tranquilli. Ma come vi sentite voi, serbi di Sarajevo, costretti a riparare su questi picchi, rinchiusi fra macerie e foreste, avvolti da questo senso di morte? «Male, malissimo: ma almeno al sicuro...». La donna robusta che risponde nella sede del comitato elettorale porta in faccia i segni della disillusione. «Siamo qui, poveri serbi fra serbi, fratelli coi fratelli», aggiunge Nego Jevtic, esponente del partito radicale di Vojslav Seselj. E' amichevole, l'omone, ma le teorie che esprime suonano agghiaccianti. «E' giunto il momento della divisione definitiva, ciascuno per la sua strada. In una città come questa nessuno potrà mai scordare l'accaduto. Io non c'ero, come molti ero a Sarajevo, ma quel che è stato raccontato poi, rincrociarsi delle propagande, ha segnato solchi sempre più profondi». Anche in questa povera rocca di spartani c'è qualcuno che ragiona. Biljana Markovic, presidente del seggio centrale, è una bella signora che rimpiange Sarajevo, dice «sono venuta qui perché c'erano case libere» e confessa che non vede l'ora di andarsene verso luoghi meno terribili. Ma è quasi sola. Gli altri, i pochi che si trascinano lungo la via principale hanno un'aria torva e sperduta. Le malattie mentali, racconta il dottor Bodgan Stojanovic, uno psichiatra, qui sono in aumento. Sindromi da frustrazione, da isolamento, da sconfitta. Insonnie, qualche caso di suicidio, numerosi episodi di allucinazione. «Si figuri, dicono che qui ci sono i fantasmi...». C'è gente che giura di aver visto armate turche a cavallo, altri che parlano di spettri che si aggirano fra le rovine delle due moschee, fatte saltare quasi in contemporanea. Deliri. Ma fino a pochi giorni fa sarebbe apparso delirante anche solo immaginare un sindaco musulmano nel luogo dove i musulmani sono stati sterminati. Giuseppe Zaccaria Così a Srebrenica oggi roccaforte serba potrebbe essere eletto un sindaco musulmano Una musulmana si reca a votare a Brcko. Nella foto piccola un elettore depone la sua scheda in un seggio di Mestar. Le elezioni comunali si sono svolte senza incidenti di rilievo per il grande impegno delle forze internazionali di pace che si sono assunte il compito di garantirne la regolarità

Persone citate: Abdulrahman, Abdulrahman Malkic, Bodgan Stojanovic, Giuseppe Zaccaria, Izetbegovic, Jevtic, Markovic, Payton, Vojslav Seselj

Luoghi citati: Bosnia, Dayton, Jugoslavia, Sarajevo