Nessuna alternativa alla strada di Oslo di Aldo Rizzo

=1 OSSERVATOLO Nessuna alternativa alla strada di Oslo NA settimana fa, alla vigilia dell'arrivo di Madeleine Albright in Medio Oriente, definivamo «mediazione fra sordi» la missione dell'inviata americana. Fra sordi, perché? Perché i protagonisti della crisi, governo israeliano da una parte e dirigenza palestinese all'altra, pur dicendo entrambi di volere la pace, mostravano di cercarla per vie diverse, anzi opposte, e con ciò stesso rischiavano di preparare un'altra guerra. Qualcosa ora è cambiato? Il commento più mteressante, fra quelli noti, viene dal ministro degli Esteri dell'Arabia Saudita, cioè di un Paesechiave della regione, il principe Saoud al-Faycal, secondo il quale i risultati del viaggio della signora Albright sono «incoraggianti ma non sufficienti». Che siano incoraggianti, è già qualcosa. Tra sei giorni, i numeri due israeliano e palestinese, Levy e Abu Mazen, dovrebbero incontrarsi a Washington per una ripresa del dialogo diretto, anche se non ancora, ufficialmente, del processo di pace. E poi, secondo il principe saudita, incoraggiante è anche o soprattutto il fatto che il segretario di Stato americano abbia riaffermato il principio dello scambio fra territori e pace, deplorando nel contempo le «misure unilaterali» israeliane, come i nuovi insediamenti, il non rispetto delle scadenze previste dagli accordi di Oslo e così via. E però, dice ancora Saoud Al-Faycal, i risultati non sono «sufficienti». Nel senso, è ovvio, che non è stata fornita nessuna garanzia da parte israeliana di voler seguire i consigli americani. Il principe avrebbe dovuto aggiungere che neanche Arafat ha garantito uno sforzo decisivo per stroncare il terrorismo antiisraeliano. E qui veniamo, o torniamo, a quel dialogo fra sordi di cui dicevamo all'inizio. Pace e sicurezza, se la pace debba venire prima, come sostengono i palestinesi, o se invece debba seguire la fine di ogni violenza terroristica, come esige il governo Netanyahu: questo è il drammatico, conclusivo dilemma che si pone di fronte al Medio Oriente, cinquantanni dopo la nascita dello Stato d'Israele e il suo rifiuto da parte araba. Dilemma in sé insolubile, teo- e il s Dilei rdsmt ricamante favorevole alle tesi della destra (non della sinistra) israeliana, ma praticamente o storicamente fornito di argomenti anche per la parte palestinese. In concreto, cercando una soluzione «politica», fuori dall'«impasse» delle ragioni e dei torti, è giusto esigere da Arafat uno sforzo, certo anche un rischio, maggiore nella lotta contro le frange estremiste e terroriste, dalle quali vengono periodici e intollerabili massacri di civili israeliani, ma è anche legittimo chiedere a Netanyahu di non indebolire oltre misura Arafat, eludendo o violando gli accordi di Oslo. Due brevi considerazioni conclusive. Traggo la prima dall'«Economist». «Ci fosse una buona alternativa, la formula di Oslo potrebbe anche essere lasciata perire», purtroppo «le opzioni sono tutte cattive». Le opzioni (alternative) sono il riesplodere della violenza in tutti i territori palestinesi, autonomi o ancora occupati (più il Libano dèi Sud, ridiventato terra di agguati e di vendette): un'«intifada» fatta non più di pietre, ma di armi da fuoco sofisticate, insomma un Vietnam o una Bosnia israeliani, come ha ammonito l'ex premier laborista, e Premio Nobel per la pace, Shimon Peres. La seconda considerazione riguarda gli Stati Uniti. Essi rischiano la crisi di un alleato cruciale, e una ridefinizione a loro contraria delle alleanze nell'intera regione, dopo la grande vittoria nella guerra del Golfo. Alcune novità potenzialmente positive, come il moderato Khatami al vertice dell'Iran, possono aggregare un blocco, se non antiamericano, non controllabile dagli Usa, a ragione o a pretesto dell'intransigenza israeliana. E si sa che gli Usa, per quanto si possa auspicare un'efficace presenza europea, restano i custodi reali degli interessi complessivi dell'Occidente. Aldo Rizzo

Persone citate: Abu Mazen, Albright, Arafat, Khatami, Madeleine Albright, Netanyahu, Shimon Peres