Tutte le «liturgie» del Carroccio

Tutte le «liturgie» del Carroccio Tutte le «liturgie» del Carroccio Cantando Va'pensiero fra i turisti giapponesi RiTKvavfcNA 1 US?! LEGHISTI VENEZIA DAL NOSTRO INVIATO Il primo atto della nascita della repubblica Padana ha il sapore di antiche liturgie democristiane. Cambia solo il colore del nastro, che adesso è verde padano. E naturalmente l'inno, il «Va' pensiero». Il nastro davanti alla nuova sede del Governo padano 10 taglia Roberto Maroni. I mille che gli sono attorno urlano: «Libertà, libertà». E pure: «Abbiamo un sogno nel cuore, bruciare 11 tricolore». In campo San Cassian passano frotte di giapponesi. Zoomano verso Rialto, verso San Marco. E chissà cosa pensano di quelle camicie verdi con lo stemma della vipera per i bergamaschi, o del toro per i piemontesi. Tutti lì, nello slargo davanti al palazzo rosa antico, con un balcone e la bandiera col sole padano. «Siamo tutti emozionati, inauguriamo la nostra sede nella città più bella del mondo», è quasi commosso Roberto Maroni. «Questa è la casa di tutti i padani», si fa scappare. E per tre ore non fa che stringere mani, di quelli che vanno su, in processione. I padani, in gruppi di venti, entrano per la visita al piano nobile, 350 metri quadri, affreschi alle pareti e al soffitto nel salone ancora vuoto, tralci di vite dipinti in bianco e nero nelle altre stanze. Basta che uno si affacci al balcone, e lo acclamano. Come Alberto, che arriva da Cantù. Che subito si ritrae nel salone, quello conteso ai testimoni di' Geova, ma quella è un'altra religione. Da un palazzo vicino, qualcuno espone un tricolore. Poco distante, a campo San Luca, spunta una bandiera con su scritto: «Padania, no grazie». E allora sono grida, urla. Qualcuno si sgola, ma sembra un nonsense: «Stalinisti, siete stalinisti». Di tricolori non ce ne sono pochi, in giro per Venezia. Il primo che si vede è alla Giudecca, andando verso San Marco. Svento- la davanti al Milan club, ma il calcio non c'entra. Altri sono sulla riva degli Schiavoni, e poi su quella dei Sette Martiri, dove parla Bossi. In faccia al palco, c'è al secondo piano la casa di Roberto e Lucia. Espongono un tricolore che manda in bestia anche Bossi. «Sono napoletani, lo appendano al cesso», tuona. E invece sono veneziani e il pomeriggio lo passano a raccogliere i bussolotti di carta che invadono il salotto, sparati con le aste cave delle bandiere. A calle degli Olivi qualcuno dà fiato a tutta l'inventiva. Tra due case c'è un filo per stendere i panni, con polo e t-shirt rigorosamente verdi, bianche e rosse. «Sono provocatori, sono solo provocatori», taglia corto una di verde vestita, mentre all'interno di un gazebo spilla 3000 scudi, che poi sono tremila lirette, per due fedine di plastica «fate sentire quanto siete uniti alla Padania, sposatela». In mezzo a tutto l'armamentario di festa da strapaese si aggira Riccardo. Arriva da Bassano del Grappa. «Quanti siamo? Non lo so, non dico cifre. So solo che siamo gente tranquilla», mette le mani avanti. Parlare di cifre, è sempre un azzardo. Dalla Lega fanno sapere di essere almeno in ottantamila. La Questura di Venezia dice qiimdicimila al massimo. L'unico numero certo è quello dei poliziotti e carabinieri che assediano la città, dal ponte che unisce Mestre - dove al palazzetto dello sport rimangono i centri sociali fino al cuore di Venezia. Sono in mille, gli agenti. Trenta, caschi e manganelli, stazionano pure davanti al Florian, in piazza San Marco. «Ma noi non useremo mai armi, abbiamo la ragione della nostra forza», dice un padano che arriva da Trieste, appoggiato alle transenne sulla riva dei Sette martiri, mentre passa il motoscafo con Umberto Bossi, mezzo toscano in bocca e si vede che ride, per questo bagno di folla fedele, fedelissima. Prima del comizio, prima del giuramento padano, quello che legge Stefano Stefani, presidente della Lega, dal palco si alternano miss Catamarano e miss Camicia verde. Poi tocca alle premiazioni per le regate nel Canal Grande. E ai cantautori. Alberto Filippi e Sergio Borsaio picchiano sulle chitarre. «E' giunto il momento di seminare, per un mondo migliore», cantano, e si capisce che parlano della Padania. Gli applausi sono di cortesia. Meglio il «Va' pensiero» o l'Adagio di Albinoni, quello di «Anonimo veneziano» con Florinda Bolkan e chissà cosa c'entra. «Noi abbiamo fiducia in loro», dice Marco che arriva da Bergamo e che se il governo della Padania dice che non bisogna più pagare tasse a Roma, lui, zac, chiude i cordoni. A rovinare la festa, poteva essere solo il tempo. «Speremo che no xe nega, speriamo che non anneghino», diceva uno, guardando l'acqua alta e le nuvole nere. E invece ha piovuto appena, per pochi minuti. Fabio Potetti

Luoghi citati: Bassano Del Grappa, Bergamo, Cantù, Rialto, Roma, Trieste, Venezia