L'incidente ricostruito da Rushdie

I/incidente ricostruito da Rushdie Su Le Monde una provocatoria riflessione dello scrittore anglo-indiano I/incidente ricostruito da Rushdie «Ipaparazzi? Un'aggressione sessuale sublimata» PARIGI DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Per Salman Rushdie, non c'è bisogno di portare sullo schermo la morte di Diana: il film esiste già, si chiama «Crash». La controversa pellicola a firma David Cronenberg illustrava l'inestricabile cocktail fra violenza ed erotismo che ogni scontro mortale racchiude trasformando in più o meno involontari voyeur gli spettatori. E il Nobel per la letteratura riscrive, a modo suo, la sequenza su cui televisioni, radio, quotidiani e magazine indugiano ormai da tredici giorni, riservandole la medesima «autopsia» con microscansioni cui i media ricorsero per analizzare la morte di John Kennedy. Su «Le Monde», che ne pubblica in prima pagina le riflessioni, Rushdie s'avventura nella semiologia. Acoltiamolo. «Mentre sta per morire, l'oggetto del desiderio vede gli obiettivi falli¬ ci avanzare verso il suo corpo. Che! Che! Da quest'angolatura, è vistoso il carattere pornografico della morte di Diana Spencer. E' morta vittima di un'aggressione sessuale sublimata». Ma il voyeurismo non è appannaggio dei paparazzi. I fotografi lo praticano, semmai, per interposta persona. Se le loro mani grondano sangue, le nostre pure. Il mandante è il pubblico. E la vera battaglia, soggiunge lo scrittore indiano, non riguarda la privacy bensì il potere. Diana, «semiologa a propria insaputa», voleva gestire il controllo della propria forza attraverso l'immagine. Era più che disponibile a «posare», e non senza arrière-pensée: ideò la celebre fotografia che ne immortale il languore sullo sfondo del Taj-Mahal nella certezza i lettori l'avrebbero «letta» in chiave anti-Carlo. Ma il paparazzo demolisce la base stessa del «voler apparire». Carpendo fotogrammi che sfuggono all'interessato/a, gli contrappone una seconda natura. E il duello senza quartiere tra le due visioni può rivelarsi mortifero, un tragico mosca-cieca in cui l'ennesimo sottrarsi della vittima si fa, complice uno chauffeur ubriaco, definitivo. Non meno archetipici, osserva Rushdie, i sopravvissuti. Attraverso il successo amoroso del figlio con la principessa, l'egiziano Al-Fayed assaporava un «delizioso trionfo» sull'establishment britannico che gli negò la cittadinanza inglese. Ha perso la rivincita, e anche l'erede. Ma la Royal Family non è da meno. Lady D sembrava più febee, rileva il premio Nobel per la Letteratura, dopo il divorzio. E anche la Gran Bretagna, conclude ironico, potrebbe forse divenirlo rompendo i ponti con una monarchia insostituibile, ma solo fino al Diana's crash. [e. bn.l

Persone citate: David Cronenberg, Diana Spencer, Fayed, John Kennedy, Mahal, Royal Family, Rushdie, Salman Rushdie

Luoghi citati: Gran Bretagna, Parigi