Dizionario d'un popolo in trincea di Domenico Quirico

Dizionario d'un popolo in trincea ANNO SESTO DELL'ORRORE Dizionario d'un popolo in trincea Neologismi e parole chiave perla sopravvivenza SI può vivere rinchiusi in uno scannatoio? Si può continuare a lavorare, studiare, coltivare amori e amicizie mentre si contano i morti? L'Algeria è la prova che l'uomo si adatta anche all'orrore più terribile. Ottantamila vittime in sei anni punteggiano la quotidianità, le storie personali di milioni di algerini. Le date dei massacri più brutali si aggrovigliano ormai alle date della storia comune: i matrimoni, le nascite, gli esami. Eppure gli algerini vivono, non fuggono, continuano a spendere briciole di speranza. La paura è diventata una seconda natura, tra l'incudine degli assassini di Dio e il martello dei soldati. Ha plasmato una nuova psicologia, creato nuove abitudini. Per raccontare il loro patimento gli algerini hanno coniato anche nuove parole. Eccole. KAFER: empio. Da dieci anni è una parola chiave se vuoi sopravvivere. Kqfer per esempio è non portare Yaadjar, la veletta che copre la parte inferiore del viso delle donne, un elegante stratagemma con cui si rispettava l'obbligo religioso senza umiliare la propria bellezza. Kafer è scrivere un articolo su un giornale per chiedere che finisca la violenza. E' avere tra i parenti un poliziotto o un soldato; lavorare in un ufficio pubblico o insegnare in una scuola, parlare con un occidentale, non pagare la tassa agli esattori dei gruppi armati, o non concedere la figlia ai guerriglieri islamici che la vogliono come sposa temporanea. Kafer è ascoltare la musica rai, abbandonarsi alla magia di quella che chiamano «ras-le-bol», averne abbastanza. Kafer. un'etichetta che significa subito la morte. HOGRA: è una parola intraducibile, una mescolanza di rabbia, umiliazione e impotenza. La hogra la provi tutti i giorni quando affronti la prova di uscire di casa. Gli algerini la usano quando raccontano le piccole storie dello stato d'emergenza: i poliziotti che ti fermano per strada, ti buttano contro il muro, prendono tutto quello che hai in tasca e ti obbligano poi a raccoglierlo dopo averlo gettato per terra per umiliarti. E questa è una piccola hogra. Quella vera la trovi nel grande cimitero di Algeri, in uno spazio desolato popolato di tombe vuote, presidiate dai parenti di quelli che la polizia ha prelevato e mai restituito: spariti dietro i silenzi di una guerra senza regole. HOUMA: il quartiere, è il teatro della battaglia, la polveriera dove friggono le braci mai spente dell'odio. Bah el-Oued, Blida, Eucalyptus, Baraki sono diventati in questi anni piccole repubbliche autonome dove gli «emiri» del fondamentalismo, con la violenza e l'intimidazione, hanno costruito il loro potere. Attorno alle moschee, sull'eco delle parole di giovani predicatori che non conoscono il dubbio e sognano il potere, è nato un anti-Stato che controlla la vita di ognuno, applica una giusti- zia senza pietà, ha un'economia alimentata dalla zàkat, la tassa musulmana, e dal racket, presentato come un'imposta rivoluzionaria. Questi spietati Robin Hood di Allah sono diventati famosi, aggiungendo al loro nome quello del quartiere che dominano, come star del pallone o dello spettacolo: Ahmed de Tiaret, Djaafar Jolie-Vue; Moh Leveilley. JAMAA'A: il gruppo. Sono le sigle della morte, Già, Mia, le bande che seminano, con il mitra, il coltello e l'a¬ scia, la distruzione nel triangolo della morte che circonda Algeri. Dei fondatori di questo esercito non resta ormai nessuno, le nuove reclute sono detenuti e piccoli criminali, permeabili alle infiltrazioni dei servizi di sicurezza che li manovrano per le guerre interne tra le fazioni del regime. L'Islam è solo una bandiera: i burattinai appartengono alla scuola dei Poi Pot, all'ideologia secondo cui l'unico modo per cambiare l'uomo è sterminarlo. HlflISTES: deriva dalla parola araba hetta, il muro. Sono i ragazzi che, privi di lavoro, senza speranze, passano la giornata appoggiati ai muri delle città aspettando un'occasione, cumulando rabbia. Per raccontare la loro vita dicono «degoutage» (da disgusto). Dentro c'è un sentimento di impotenza e di inferiorità, ma anche il sordo rancore verso il mondo dei ricchi. MACH: lo chiamano affettuosamente così, il kalashnikov, un tempo simbolo della resistenza del Terzo Mondo contro l'Occidente opulen¬ to. Con la mahchoucha, il fucile a canne mozze, ora è il simbolo della rivolta contro il regime corrotto. «La generazione del klach» è fatta di giovani tra i 16 e i 25 anni, le vittime del grande furto che il partito unico ha commesso ai danni dell'Algeria. La politica per loro può essere solo la violenza contro uno Stato che non concede nulla. Le sillabe semplici dell'Islam sono una rivincita contro una modernità rapace e inafferrabile. Sono ragazzi uguali a quelli che li combattono con la divisa della polizia e dell'esercito. Ci sono famiglie che si cautelano inviando un figlio in ognuno dei campi contrapposti per assicurarsi comunque una parte di vittoria. Paradosso di una guerra di poveri in cui l'ideologia e la fede hanno un ruolo di facciata. PATRIOTI: i primi ad armarsi con arrugginiti fucili della guerra di liberazione sono stati proprio i vecchi moujaheddin, gli uomini che avevano tenuto testa ai para di Massu. Poi le autorità hanno scoperto che poteva essere l'arma vincente contro i raid degli islamici. E così è nato un esercito parallelo senza uniformi che ha cominciato a presidiare le zone rurali, ma che ormai combatte anche nella capitale e nelle sue im¬ mense periferie. La guerra si privatizza, trova nuovi filoni di odio nelle vendette ^terminabili tra famiglie e clan. TRABENDO: contrabbando, traffico dei prodotti importati illegalmente dall'estero. La guerra civile ha causato la distruzione di fabbriche, infrastrutture, scuole, ha esasperato la disastrosa crisi economica causata dagli sprechi, dall'inefficienza e dalla corruzione. Nelle pieghe del massacro si è sviluppato un gigantesco circuito economico in nero, tollerato dal governo perché assicura i beni indispensabili alla popolazione. I «trabendist», che affollano i voli per le città europee e tornano stracarichi di mercanzie, sono soltanto i manovali. Dietro c'è una cupola di trafficanti cui il massacro rende cifre enormi e che hanno tutto l'interesse alla sua continuazione. Al riparo della guerra è invece rimasta la Sonatrach, la possente azienda pubblica che regna su un impero dì petrolio e di gas, uno Stato nello Stato. A Hassi Messaoud, città proibita tra le sabbie dell'oro nero, gli impianti continuano a pompare a pieno regime. Forse è qui la risposta a tanti misteri. Domenico Quirico

Persone citate: Hassi Messaoud, Jolie, Massu, Robin Hood

Luoghi citati: Algeri, Algeria, Sesto