«Milano capitale? Che disgusto» di Raffaella Silipo

«Milano capitale? Che disgusto» «Milano capitale? Che disgusto» Andreatta: l'Irlanda, miti da ragazzini Milan l'è un gran Milan? Niente di più falso, a sentire Beniamino Andreatta. «Voi lombardi credete sempre di essere al centro del mondo sibila sprezzante il ministro della Difesa -. Ma quel che arriva quassù, state tranquilli, arriva anche a Roma, pure nei suoi aspetti carnascialeschi. I padani non sono un popolo, non c'è nessuna nazione padana. Io sono trentino, ma mi vengono i brividi a pensare a una qualche autonomia in nome di Milano. Ho quasi disgusto a una prospettiva simile». Milano contro Roma, punto e a capo. La sfida tra le due metropoli è ormai un classico. Da una parte i «papalini» (spesso di elezione, come nel caso di Andreatta), amanti di vecchie pietre e vecchi intrighi, astuti e smagati dietrologi, di saggezza millenaria e un po' nebbiosa. Dall'altra i fan della «capitale morale», pragmatici e attivi. Non solo leghisti, anzi. Se Bossi ha inventato lo slogan «Roma ladrona», è il Cavaliere ad aver lanciato l'invettiva più accorata, tempo fa: «Lascio Roma, terra di corruzione e intrighi». «Siamo ancora alla sfida Milano contro Roma? Che barba, non se ne può proprio più». Ombretta Colli, nata sotto la Madonnina, moglie di Giorgio Gaber ed europarlamentare di Forza Italia, non ci sta: «Quella fra le due città è una stupidissima diatriba, un gioco davvero noioso. Io sono una milanese che ha iniziato a lavorare a Roma a 16 anni e vi ha vissuto a lungo.Sono due città molto belle e molto diverse, io le amo entrambe, non ha senso metterle l'una contro l'altra. Quello che trovo disgustoso è che il ministro della Difesa riproponga vecchi giochetti invece di fare il suo lavoro: ricordiamo tutti il suo comportamento indegno a Pasqua, quando ci fu lo sbarco-invasione degli albanesi e lui era chissà dove. E adesso attacca i milanesi? Sono atteggiamenti gratuiti di questo tipo a istigare strane voghe, a rinfocolare i campanilismi». Sulla stessa linea il presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni. «Ahimè - sospira -. Sono frasi e atteggiamenti che aumentano i consensi della Lega e manifestano la sottovalutazione di un problema: il dramma è che alle orecchie di chi governa a Roma i problemi del Nord arrivano sempre distorti. E non parlo della Lega o di Bossi, che sono patologie, parlo di disagi, disfunzioni, trionfo del centralismo, ormai diventati inaccettabili». Ma ci vuol ben altro, per smuovere Andreatta, che rincara: «Siamo seri, parliamo di cose serie e affrontiamo le questioni in modo serio, lasciamo che siano i quattordicenni ad erotizzarsi davanti ai film sull'Ir¬ landa e sulla Scozia». Dando così un duro colpo all'ultimo culto leghista, quello per l'affascinante terra di whisky e brughiere. Già, perché se Londra è paragonabile a Roma, Milano rivendica per sé il ruolo di Edimburgo. L'amore per la Scozia ha radici salde nel cuore dei lumbard: prima ci fu l'infatuazione per il film Braveheart, storia del giovane nobile William Wallace in lotta contro la Corona d'Inghilterra («quei porci di inglesi schiavisti», ebbe a definirli Bossi) e l'equiparazione tra lo spadone di Alberto da Giussano e quello del bel Mei Gi- bson. In seguito, le concessioni del neopremier Tony Blair allo Scottish National Party hanno infiammato gli animi. Tanto che nell'aula del consiglio regionale del Friuli la Lega ha esposto il vessillo scozzese tradizionale, con la Croce di Sant'Andrea biancoblù, ricordando con toni epici la battaglia di Stirling, vinta da Braveheart 700 anni fa. E «ancora una volta - commenta Roberto Maroni gli italiani hanno molto da imparare dagli inglesi che, dopo averci insegnato a giocare a calcio, ora ci fanno capire cosa sono libertà e democrazia». Ma la parola definitiva la dice Bossi in persona: «I nostri fratelli scozzesi hanno votato con un buon risultato. C'è chi non si rassegna a subire la pressione del potere centrale». E i lombardi, quanto a tenacia, non sono secondi a nessuno: se il grido di guerra di Braveheart era «freedom», il Senatùr ha fatto di più, chiamando l'incolpevole erede «Roberto Libertà». Raffaella Silipo La Colli: pensi a fare il ministro, certe sfide sono stupidaggini II ministro degli Esteri Beniamino Andreatta