Prodi boccia il vertice con Bertinotti di Alberto Rapisarda

E il leader di prc avverte: «Ottimismo ingiustificato». Confìndustria in aiuto al governo E il leader di prc avverte: «Ottimismo ingiustificato». Confìndustria in aiuto al governo Prodi boccia il vertice con Bertinotti //premier: «Il negoziato prosegue senza variazioni» ROMA. L'ottimismo diffuso da alcuni giornali? «Ingiustificato», taglia corto Bertinotti. «Creda a me - aggiunge Armando Cossutta abbronzatissimo - fino ad ora non ci è stata presentata nessuna, dico nessuna possibilità di soluzione. Solo parole». E tutti continuano a stare col fiato sospeso in attesa di quel che potrà fare Rifondazione comunista. Il partito che può far cadere il governo, se vuole. Ovvero, se pensa che per lui è la via di uscita più conveniente. La situazione di grande incertezza sta rendendo nervosi i sindacati che si irrigidiscono (Cofferati avvisa che non farà alcun accordo senza il «parere favorevole» dei lavoratori), spinge a sorpresa la Confindustria a dare un lusinghiero giudizio di Prodi (finora criticato) sostenendolo in funzione anti-crisi. «In questo momento una crisi di governo non è opportuna», dice Fossa. Sono in agitazione anche tutti coloro che sognano di poter ricostruire qualcosa di simile a quello che fu il centro-sinistra a guida de. Per poter poi sfidare il pds o la «Cosa 2». Romano Prodi è il primo ad essere preoccupato e spera di aggirare lo scoglio Rifondazione proseguendo sulla via sinora seguita della trattativa con i sindacati. Ieri il presidente del Consiglio ha spiegato che il «vertice» chiesto da Bertinotti non c'è. «Il negoziato prosegue nel canale normale, stiamo la- vorando ogni giorno con le parti sociali e prevediamo di concludere nei tempi previsti. Non vedo variazioni - ha detto anche per tranquillizzare la Confindustria -. Il dialogo con i partiti è continuo. In questo momento abbiamo la stabilità più forte mai avuta negli ultimi anni». Il «no» al vertice deve essere sembrato poco diplomatico, tanto che subito dopo il portavoce di Palazzo Chigi, Riccardo Franco Levi, ha voluto precisare che «non c'è alcun "no" preconcetto alla verifica» ma solo il fatto che «il protocollo stabilito» prevede che si discuta «essenzialmente con le parti sociali». Ma il sottosegretario alla presidenza, Micheli, confessa che dopo le prese di posizione di Rifondazione la situazione «è difficile. Gli sviluppi possono essere imprevedibili. Spero che prevalga la ragione. C'è una situazione economica talmente favorevole che sarebbe follia sprecare questa occasione». Esortazione chiaramente rivolta a Bertinotti. Preoccupato anche il pds («siamo ancora sul filo del rasoio, resta il rischio della crisi» dice Fabio Mussi) che, come Prodi, teme che una eventuale crisi si tiri dietro non tanto elezioni anticipate (che Scalfaro non vuole) ma un governo di «solidarietà nazional-europea» che sconvolgerebbe la strategia dell'Ulivo e ridarebbe fiato ai centristi di tutte le fedi. E non è un caso che i «centristi» sembrano i protagonisti di queste ore. A discutere con Bertinotti ieri c'è andato per due ore Franco Marini, segretario dei popolari, dato che è visto sia da Prodi che da Rifondazione come un «mediatore naturale». Anche Berlusconi vorrebbe incontrare Marini, secondo quanto ha chiesto all'ex segretario Gerardo Bianco: «Vorrei discutere con lui della situazione...». Il capo di Forza Italia sta guardando con sempre maggiore interesse al ppi dopo le «delusioni» subite da parte di edu e ccd. Pare che Berlusconi sia interessato anche a quanto sta organizzando una pattuglia di ex maggiorenti democristiani, guidati da Mino Martinazzoli, ma rappresentanti di tutte le correnti della vecchia de. Questi (una quarantina, da Tabacci, a Cristofori, Bernini, Cirino Pomicino, Agrusti, Carra, Garavaglia) si sono riuniti ieri a Roma in conclave per stilare un appello per raggruppare i moderati dei due poli da contrapporre alla «Cosa 2» di D'Alema. Un appello rivolto «naturalmente» anche a Forza Italia, ha spiegato Tabacci che la sera prima era stato a cena da Berlusconi, presenti Gianni Letta e Pisanu. In questo agitarsi al centro col sogno di ricostruire in una unica formazione politica quel che fu il centro-sinistra (de più laici e socialisti) va inserito anche il «no» dei socialisti di Intini e di Boselli ad una alleanza col Polo. Ma perché c'è anche An. «Il bipolarismo - dice Ugo Intini - è ancora un tabù. Ma bisogna prendere atto che è morto. Occorre in questa fase una grande coalizione che marginalizzi comunismo, leghismo e postfascismo (An) e affronti le emergenze delle riforme istituzionali, della giustizia, del separatismo e dell'economia». Di tutto questo tramestio, ovviamente, Gianfranco Fini non è per nulla contento e così spera sinceramente anche lui, come Prodi e D'Alema, che la crisi non ci sia: «Il braccio di ferro all'interno della maggioranza è finto». Alberto Rapisarda

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