Prodi: questa maggioranza non si cambia di Alberto Rapisarda

«Ma rischiamo davvero la crisi» Il premier: Bertinotti sa che sul welfare sarò irremovibile. Rifondazione: non c'è via d'uscita Prodi: questa maggioranza non si cambia «Ma rischiamo davvero la crisi» ROMA. Non sono uomo «per tutte le stagioni» ripete Romano Prodi davanti alle telecamere del Costanzo-show e non posso essere io il capo di un governo con una maggioranza diversa dall'attuale. Il presidente del Consiglio risponde con un netto rifiuto al «governo di programma» e «di persone serie» proposto (e poi sconfessato) da Silvio Berlusconi. «Le persone serie sono già in questa maggioranza» taglia corto. Ma Prodi coglie l'occasione dell'apparizione in tv per parlare anche a Fausto Bertinotti e a Massimo D'Alema nel momento in cui comincia il conto alla rovescia per il destino del governo. «Come sarà l'autunno lo si decide adesso, entro settembre», avvisa Prodi. Quel che c'è da fare è arcinoto: correggere lo Stato sociale e creare le condizioni per partecipare alla moneta unica. Ma il governo deve cercare l'accordo prima con i sindacati e gli industriali o prima con tutti i partiti della maggioranza, Rifondazione compresa? E' una domanda che ancora oggi non ha trovato una risposta definitiva e che sta alimentando tensioni crescenti nella maggio- ranza. Con Bertinotti che «minaccia quasi tutti i giorni la crisi», e D'Alema che dice che se c'è la crisi non si cambia maggioranza ma si va diritti a elezioni anticipate. Sono argomenti e minacce già usati in passato, ma questa volta sia le minacce di Rifondazione sia quelle del pds sembrano un po' più credibili di prima. «La situazione è davvero molto complicata - ammette il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Micheli -. Sono convinto che quando parla di rischi di crisi, Bertinotti non stia bluffando». Prodi prende atto della «sfida molto forte» di Bertinotti, ma gli dice anche che questa volta non ha margini: «Non si tratta di durezza. Deve essere chiaro che è finito il tempo della crescita del debito. Bertinotti sa che su questo non ho alternative. Sa che non posso discostarmi dalla linea decisa della riforma dello Stato sociale o sarei perduto. L'Italia deve andare in Europa e va fatta la riforma. Chi vuole cambiamenti deve assumersi le sue responsabilità, perché sarebbe la fine della speranza europea». Comunque Prodi non sembra proprio uno che stia per gettare la spugna. Dice che non pensa a cosa farà «dopo», ma che sicuramente non punta alla presidenza della Repubblica, perché gli interessa quello che fa adesso, «un mestiere operativo». Ed è un discorso rivolto a Massimo D'Alema per dirgli: caro Massimo, se riesco a portare il Paese nell'Euro, al prossimo turno mi ricandido io (e non tu) alla guida del governo e con ben altra forza. Per l'immediato, il presidente del Consiglio respinge implicitamente l'aut-aut di D'Alema sulle elezioni, dicendo che la decisione spetta solo al Presidente della Repubblica. Un argomento usato anche dai popolari e da Dini, che non vogliono, evidentemente, sbattere la porta in faccia ad un possibile aiuto da parte del Polo. Dini, per esempio, le minacce di crisi le considera «ipotesi, quasi delle iperboli. Vediamo come arriviamo alla scadenza e dopo vedremo». E i popolari (Antonello Soro) accusano D'Alema di «eccessiva drammatizzazione» (ancora ieri Fabio Mussi parlava di «rischi di crisi piuttosto elevati»). Il fatto è che questa volta sono veramente oscure le intenzioni del prc, arrivato davanti allo scoglio più grosso. Il partito di Bertinotti si farà tentare dalla crisi per passare subito all'incasso elettorale, nel timore che dopo avrebbe meno occasioni per stare sul proscenio? Bertinotti dava ieri sera «la pos- sibilità di crisi al 50 per cento e sarà così fino a quando non discuteremo sulla Finanziaria». Ma il segretario di Rifondazione riserva trattamenti diversi a Prodi e a D'Alema. «Non ho dubbi sulla correttezza politico-istituzionale di Prodi. Esiste una divergenza programmatica». D'Alema, invece... «La politica seria non si fa con le minacce» di elezioni, gli dice. Comunque Rifondazione non le teme, garantisce. «Sullo Stato sociale non c'è sbocco, il governo ha un'opinione che noi non possiamo condividere» è il commento dei vertici di Rifondazione, che hanno convocato la segreteria. Secondo il pds all'interno di Rifondazione ci sarebbero divergenze di linea tra Cossutta (più trattativista) e Bertinotti (più rigido). Oggi i due dirigenti terranno una conferenza stampa insime per smentire queste voci. Intanto Nerio Nesi, responsabile economico di Rifondazione, usa toni più morbidi: «Non siamo noi che voghamo la crisi, ma il governo venga incontro alle nostre tesi». Alberto Rapisarda II presidente di Rifondazione comunista Armando Cossutta

Luoghi citati: Europa, Italia, Roma