«Venga c'è posto» ma lei è morta

La donna era malata di cancro, per tre mesi i famigliari avevano atteso invano un letto La donna era malata di cancro, per tre mesi i famigliari avevano atteso invano un letto «Venga, c'è posto», ma lei è morta // marito: «Volevo evitarle il calvario di passare da un ospedale all'altro» Per cento giorni ha mendicato un letto in un centro specializzato, dove voleva far ricoverare sua moglie morente di cancro. Ma dai medici del San Giovanni Vecchio - ospedale torinese con specializzazione in malattie tumorali - si è sempre sentito rispondere allo stesso modo: «Purtroppo non ci sono posti disponibili. Riprovi. Faremo il possibile». Sabato mattina Vincenzina è morta, stroncata dalla malattia. Aveva 54 anni, gli ultimi due passati a lottare contro un sarcoma, un tipo di tumore particolarmente difficile da curare. Ma il destino, come spesso succede, ha voluto prendersi beffa dei famigliari fino all'ultimo. Ieri, dal San Giovanni Vecchio, è arrivata la risposta che il marito, Arturo Migliavacca, aspettava da quasi tre mesi: «Finalmente c'è il letto. Può portare sua moglie quando vuole». Lui, adesso, si dispera. Dice: «Tutto questo è senza senso. Perché non è stato trovato prima un posto letto?». E aggiunge: «Gli ultimi mesi di Vincenzina sono stati un calvario. Non si sarebbe salvata, lo so. Ma se avesse avuto prima la possibilità di essere ricoverata in quest'ospedale sarebbe morta più tranquilla. Senza dover sopportare così tante pene. Povera donna, doveva vagare da un ospedale all'altro di Torino per visite, consulti, sedute di chemioterapia. Spostamenti che le costavano una fatica indicibile. Ormai muoveva a fatica la gamba e braccio sinistro». All'ultimo piano di un palazzo al numero 8 di via Alessandria, a Settimo Torinese, c'è l'alloggio di Arturo e Vincenzina. Erano andati a vivere lì pochi anni fa, quando lui era tornato a lavorare a Torino dopo aver girato l'Italia in lungo e in largo per fare manutenzione di aerei. Lo scorso anno lei era stata operata, al San Giovanni Vecchio, per un tumore al seno. Si era ripresa, sem¬ brava stesse meglio. Un'illusione durata pochi mesi: il cancro è tornato a rubarle la vita. «Abbiamo implorato - racconta Arturo Migliavacca - un ricovero al San Giovanni Vecchio. Lei avrebbe potuto essere seguita dai medici che l'hanno operata. Ma non c'è stato nulla da fare: l'ospedale era intasato. Andavamo lì per le visite. E poi a fare le cure in altri ospedali. Un'agonia». Da metà giugno le condizioni di Vincenzina Cala si sono ulteriormente aggravate. «Da allora - ricorda Arturo - non è passato giorno senza che io sia personalmente andato, o abbia telefonato, all'ospedale. Quanto volte ho pianto sentendomi dire: "Non possiamo fare nulla per lei"». Una storia di malasanità? «Niente affatto, è solo un caso increscioso e tristissimo» commenta l'assessore regionale alla Sanità Antonio D'Ambrosio. E aggiunge: «Queste cose, comunque, non si ripeteranno più. Abbiamo allo studio iniziative che possono accelerare l'ingresso in ospedale dei malati in lista d'attesa». Arturo Migliavacca: «Non si sarebbe salvata, lo so. Ma sarebbe morta più tranquilla»

Persone citate: Antonio D'ambrosio, Arturo Migliavacca

Luoghi citati: Italia, Settimo Torinese, Torino