Un'impronta incastra gli uomini d'oro

Arresti a Milano e in Svizzera. Uno degli autori scoperto dalle tracce lasciate su una delle borse con i soldi Arresti a Milano e in Svizzera. Uno degli autori scoperto dalle tracce lasciate su una delle borse con i soldi Un'impronta incastra gii uomini d'oro In trappola la banda del colpo a Zurigo da 60 miliardi MILANO. Erano amici al bar, volevano cambiare il mondo e vita e invece sono finiti a San Vittore. Per una svista, per un errore madornale, per l'impronta digitale lasciata da uno degù uomini d'oro della rapina alle poste elvetiche di Zurigo. Un colpo da sei minuti e 53 milioni di franchi svizzeri, in contanti, in banconote usate e non registrate, per un totale di oltre 60 miliardi di lire. . Erano gli amici del bar Dago, quello in centro a Zurigo. A cento metri dalla Fraumunster, la via delle gioiellerie, delle banche, dello shopping di lusso. E dell'ufficio postale di Fraumunster, dove ogni lunedì vengono raccolte le cassette metalliche con i proventi degli uffici postali della città. Un colpo facile, se si è decisi. Se si ha la dritta giusta. Se c'è qualcuno che da dentro racconta come si fa, magari spiegando pine dove sono le telecamere, come si riesce ad entrare indisturbati. E soprattutto ad uscire, dal fortino blindato ma non inespugnabile. Insomma, per un colpo così ci voleva un basista. Tra gh amici al bar, c'era pure quello. C'era Marcello Di Santo, italiano ma residente a Zurigo, impiegato alle Poste, che tutti i lunedì vedeva quelle cassette di alluminio, tante da far sognare. Sogni che poi rivendeva agli amici al bar. Dove dietro al banco c'era Maurizio Vallelonga, italiano pure lui, adeso cella a Zurigo come gli altri, accusato di essere l'organizzatore della rapina record compiuta il primo settembre. Dev'essere nata così, come un sogno tra amici. Pensando ai Caraibi, al Sud America dove già pensavano di andare, dopo quei sei minuti che hanno cambiato la loro vita. Anche adesso, adesso che li hanno presi uno ad uno, con i franchi addosso che è un errore imperdonabile. Un altro errore. Visto che il primo, quello fatale, lo hanno commesso scappando dal'ufficio di Fraumunster sul Fiorino bianco con la finta insegna della Telecom. Troppo piccolo, quel Fiorino. Agile per scappare, ma troppo poco capiente per quei mazzi di banconote da 100, 500 e 1000 franchi. Delle cento borse zeppe di soldi, due erano rimaste a terra perché sul Fiorino non ci stavano. Due borsone con 17 milioni di franchi svizzeri, che fanno quasi 20 miliardi. Due borsone con l'impronta digitale di Elias Alabdullah, libanese di 32 anni con passaporto siriano, un uomo del commando, l'unico con precedenti penali in Svizzera, che la polizia ha seguito come Pollicino per arrivare a tutti gli altri. Risalire da Elias Alabdullah agli altri, è stato un gioco da ragazzi per la polizia elvetica e i carabinieri del Ros. Ai militari di via Moscova la segnalazione era arrivata giovedì scorso, tre giorni dopo la rapina: «L'arabo si rifugia a Milano, potrebbe avere un passaporto falso, è insieme alla sua compagna. Questa è la foto». Facile, trovare il libanese. Malgrado i documenti falsi, intestati a Jean Lue Francoise Lavign, con cui aveva preso ima suite al terzo piano del prestigioso hotel Duca d'Aosta. Con lui era la sua convivente, madre di un bambino di 5 settimane, il loro unico figlio. La donna, Christine Curro, cittadina svizzera ma di origine siciliana, aveva invece presentato i suoi documenti originali. Questo ha permesso ai Ros di fugare anche il minimo dubbio su quell'uomo dal passaporto francese, 60 miliardi in tasca e una taglia sulla testa delle poste elvetiche. Due giorni di appostamenti, poi il bliz. In fondo a via Broletto, in pieno centro. Dove il libanese e la sua compagna si stavano incontrando con un'altra coppia, Rosa¬ ria Patrizia Febbraio e Antonio Priolo, svizzeri ma di origine italiana, finiti a San Vittore con l'accusa di favoreggiamento. I quattro erano a bordo di due auto, una Nissan e una Bmw targata Zurigo. Quando si sono presentati i carabinieri, sono caduti dalle nuvole. Ma è stato difficile spiegare da dove arrivassero quei 42 mila franchi svizzeri, quasi cinquanta milioni in contati, trovati nella suite. Una notte di interrogatori, e Rosaria Febbraio inizia a collaborare. Racconta della rapina, del kala¬ shnikov preso chissà dove, dei soldi, della banda, del bar e degli amici. Anche dei sogni, racconta. Ma quelli i carabinieri li sapevano già. Controllando i tabulati di un cellulare, erano saltate fuori decine di telefonate in Sud America, dove la banda voleva scappare. In un appartamento della Febbraio a Zurigo vengono ritrovati oltre 18 milioni di franchi svizzeri, altri soldi vengono scoperti a casa della Curro e del libanese. Certo, non ancora tutto il bottino. Ma la polizia di Zurigo e i carabinieri sono fiduciosi. Hanno arrestato altre sette persone, fra loro potrebbero esserci i tre italiani e l'arabo che hanno partecipato alla rapina con Alabdullah. E allora non deve essere difficile recuperare quella montagna di soldi, visto che nessuno può spendere quasi 30 miliardi in una settimana. Se non sognando. Come al bancone del bar Dago, troppo vicino alla via dei gioielli e delle banche, a un soffio da quell'ufficio postale che vedevano ogni giorno. Come una tentazione. Fabio Potetti A GUARDIA DELLE CASSETTE, SEI FUNZIONARI POSTALI, DUE BANDITI LI TENGONO SOTTO TIRO CON I MITRA GLI ALTRI CARICANO VELOCEMENTE LA REFURTIVA SUL FURGONE NEL CORTILE CI SONO, APPILATE, LE CASSETTE DI rrnrsm ALLUMINIO CON IL CONTANTE DESTINATO ALLA BANCA UJMLJJ NAZIONALE. IN TUTTO SONO OLTRE 60 MILIARDI