ONOFRI SUPERSTAR ALAVARONE

ONOFRI SUPERSTAR ALAVARONE «MI MANDA IN PENSIONE?» ONOFRI SUPERSTAR ALAVARONE LEI non lo scriva, ma io su questa storia delle pensioni non sono mica tanto lontano da Bertinotti. Un conto sono i privilegi, un conto sono i diritti della gente che lavora...». La confessione del non più giovane militante popolare, salito a Lavarone per ascoltare Rosy Bindi, il professor Onofri e il presidente dell'Inps Gianni Billia, dimostra la più grande delle verità: un conto è mettersi a un tavolino a parlare di stato sociale, o magari di welfare che sembra ancora più astratto, un conto è fare i conti con il proprio futuro. Se n'è accorto ieri anche Paolo Onofri, il consigliere economico di Prodi, l'uomo che ha dato il suo nome alla bozza di riforma: «Molti Paesi ci invidiano la riforma delle pensioni del 1995 - dice ai microfoni della Rai - ma ci sono alcuni aspetti più o meno marginali che devono essere ritoccati, per aumentare i risparmi e per ragioni di equità tra le generazioni. La riconsiderazione delle pensio delle pensioni di anzianità è uno di questi aspetti...». Quello del professor Onofri non è ancora un volto noto, probabilmente senza la presenza dei microfoni nessuno lo avrebbe riconosciuto. Così, invece, la gente comincia a farsi avanti. Il professore è in leggero ritardo per il convegno, avrebbe anche fretta, ma la gente lo ferma. La prima è una signora in tailleur, poi un anziano, poi un cinquantenne, poi un'altra signora. «Professore, permette una domanda?». E poi via con i quesiti, che degli astratti dibattiti sul futuro del welfare non hanno proprio niente: «Mia moglie ha 37 anni di contributi e il mese prossimo compie 53 anni. Può andare in pensione oppure no?». «Ho fatto la domanda la settimana scorsa, lavoro nel servizio pubblico da 35 anni. Lei che dice? La accetteranno?». «Professore, ho cominciato a lavorare da ragazzino, quanto dovrò ancora andare avanti...». Non sono domande nuove, qui a Lavarone. Sono le stesse che il pubblico si pone a vicenda nelle pause del convegno. Le stesse che i più coraggiosi hanno provato a fare a Sergio D'Antoni e a Sergio Cipolletta. Ma il leader della Cisl e il direttore generale della Confindustria si erano limitati a un sorriso. Onofri invece si ferma ad ascoltare, si informa: «Lei lavora nel pubblico o nel privato? Quanti anni ha? Quanti contributi ha versato?». Per coprire i duecento metri che vanno dal parcheggio all'ingresso del Centro Congressi ci mette quasi dieci minuti, ha una risposta per tutti: «Lei può stare tranquillo, andrà in pensione da subito. Lei invece dovrà aspettare ancora un anno, ma guardi che non è una novità: era già così nella riforma Dini...». Il ritardo comincia a farsi consistente. Gli organizzatori sono quasi disperati: «Abbiamo cinquecento persone che aspettano», lo tirano dentro mentre una signora non ha ancora finito la sua domanda. «Speriamo che dopo ritorni», dice delusa. Ma delusi sono anche tutti gli altri, nonostante le risposte di prima mano, la gente fa fatica a fidarsi. «Speriamo che sia davvero così - dice uno dei rassicurati - ma finché non lo vedo non ci credo». Dentro, intanto, il di battito riprende; e torna ad essere astratto: Onofri dice che bisogna cancellare i «privilegi delle pensioni di anzianità», e dal pubblico lo interrompono: «Ma quali privilegi - dice un si gnore - abbiamo fatto soltanto ciò che la legge ci consentiva di fare...... [g.tib.] Paolo Onofri

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