Ingratitudine Donazioni revocabili

La Cassazione La Cassazione Ingratitudine Donazioni revocabili ROMA. L'ingratitudine non paga. Chi infatti, una volta ricevuta una donazione da parenti o amici, cambia atteggiamento nei confronti del suo «benefattore», dimostrandosi ingrato e trattandolo male, rischia di perdere i beni così acquisiti. Questo perché «la revoca della donazione si giustifica come adeguata reazione alla manifestazione altrui di chiara e radicata ingratitudine». Lo sostiene la II sezione civile della Cassazione che ha rigettato il ricorso di un figliastro «ingrato» che, dopo aver ottenuto dalla moglie del padre un appartamento in donazione, l'ha insultata perché la donna non ha lasciato l'abitazione alla scadenza prevista. L'uomo si difendeva spiegando di aver reagito male sentendosi rifiutare la disponibilità della casa dalla matrigna, alla quale aveva detto «prostituta, disonesta delinquente, ti uccido», tentando anche, secondo la testimonianza del fratello della donna, di aggredirla. Un'offesa certamente troppo grande, secondo la Cassazione, che spiega come 1'«ingiuria grave», presupposto necessario per la revocabilità di una donazione per ingratitudine «pur mutuando dal diritto penale, prescinde, per la sua rilevabilità dal magistero penale, ed è piuttosto connessa alla valutazione sociale». La donazione, dunque, viene meno nei casi di «violazione del dovere etico di gratitudine, secondo la valutazione della coscienza comune». A nulla può valere, dunque, la richiesta del figliastro che nel ricorso contesta inoltre il fatto che la corte di appello di Catania «non aveva in alcun modo indagato sulla personalità delle parti, sul loro modo abituale di esprimersi in presenza di contrarietà». lAnsa]

Luoghi citati: Catania, Roma