«Karadzic è in trappola»

«Karadzic è in trappola» «Karadzic è in trappola» Ilprocuratore Arbour: non ci sfuggirà ■'•yr non . m INTERVISTA IL MAGISTRATO DEL TRIBUNALE INTERNAZIONALE L'AIA ■ N Bosnia la situazione è ■ in evoluzione. Si assiste a qualche arresto e a un irrigidimento nel tono e nelle misure concernenti Radovan Karadzic, l'ex presidente dell'entità serbo-bosniaca. Qual è la sua analisi? «Sono assolutamente convinta che l'arresto di Karadzic sia ormai solo questione di tempo e di circostanze. E' prematuro specularci sopra, ma siamo in attesa. E' passato il periodo in cui si sentiva dire, in tono pessimistico, che Karadzic sarebbe vissuto, libero, più a lungo del Tribunale stesso. Adesso ciò non è più plausibile. Per Karadzic il dado è tratto. Mi pare che ci sia anche una presa di coscienza, da parte della comunità internazionale, del fatto che la presenza militare della Nato in Bosnia avrà termine. Si parla delle scadenze del ritiro e ciò suscita un principio di panico. Ci si rende conto che non si può partire lasciando aperto il dossier dei criminali di guerra. A seguito dell'arresto di Milan Kovacevic, nel mese di luglio, sulla base di un mandato riservato, siamo molto soddisfatti della cooperazione con le Forze internazionali di polizia (Sfoil). Non era così, prima. Penso che la riservatezza dell'atto di accusa abbia dato loro un vantaggio strategico che ha notevolmente abbassato il livello del rischio. Ciò non significa che io accetti l'idea che la Sfoil non possa compiere arresti dietro un mandato pubblico». Che cosa pensa della proposta, avanzata recentemente dal responsabile britannico del Foreign Office, di giudicare Radovan Karadzic in Bosnia? «Fare il processo sul posto? Sul piano giuridico, non è una modalità da escludere. Ma bisogna chiedersi quale sarebbe l'obiettivo di un processo del genere. Se lo scopo è permettere a Karadzic di sfuggire alle conseguenze dell'eventuale condanna, è assolutamente da escludersi. Il solo vantaggio, a mio parere, sarebbe assicurare la massima visibilità della giustizia internazionale fra la gente che ne ha più bisogno, sul posto. Ma ci sono mezzi più semplici della delocalizzazione dell'apparato giudiziario, coi costi enormi che comporterebbe, i problemi di sicurezza, la necessità di operare in un ambiente sereno. Ad ogni modo, questa discussione è prematura. La prima cosa è stabilire quello a cui si punta». Si può ipotizzare che l'ufficio del procuratore tratti con gli avvocati di Karadzic e che quest'ultimo si costituisca? «Certamente. Ma per ora non si dà il caso». E Ratko Mladic a sua volta accusato di genocidio? «E' essenziale puntare a giudicare congiuntamente tutti coloro che sono accusati del medesimo reato. Diversamente, non avremmo abbastanza sale di udienze. Immaginatevi: settantasette imputati, diciotto capi d'accusa, senza contare gli atti segreti. Non potremmo rifare più volte gli stessi processi per ogni'singolo imputato. Sarebbe estremamente pregiudizievole per noi. Ecco perché dipendiamo dai risultati degli arresti». State negoziando con la Croazia l'estradizione di Pero Skopljak, già arrestato, in modo da poterlo processare? «Mi permetta di spiegare come funziona il Tribunale internazionale. Sull'obbligo degli Stati di procedere agli arresti non si discute. Glielo impone il diritto internazionale. Poi l'ufficio del procuratore si tiene sempre pronto a contattare gli avvocati degli arrestati per negoziare le condizioni alle quali sarebbero disposti a costituirsi. Ma non sono negoziati da intavolare coi governi. Invece, in questo momento c'è una deprecabile confusione di interessi fra il singolo incolpato e lo Stato croato». Alain Franco Copyright «Le Monde» e per l'Italia «La Stampa» «Prima che i soldati della Natosi ritirino, arresteremo per processarli tutti e settantasette gli accusati di crimini di guerra compresi i croati» Il procuratore dell'Aia, Louise Arbour

Luoghi citati: Bosnia, Croazia, Italia, L'aia, Pero