LE PAURE DEI LAICI di Gianni Vattimo

ABOCA COLTIVA ERBE E SALUTE IL PAPA EI GIOVANI LE PAURE DEI LAICI L j INTERVISTA di Giuliano Amato al «Mondo» è senz'altro un testo preoccupante. Non però, come vorrebbe essere, in quanto diagnosi di un male: bensì in quanto sintomo, manifestazione rilevante della malattia che, del tutto in buona fede, ritiene di combattere. La debolezza della cultura laica è la paura, lo sgomento davanti alla società aperta, che sempre più, come appare anche dalle parole di Amato, si ha la tentazione di liquidare come un sogno ausgetràumt, un mito tramontato buono per altre epoche. Popper non difendeva affatto l'ideale di una società INDIFFERENTE; anzi, voleva una società dove fosse davvero possibile scegliere, responsabilmente - e cioè in base a ragioni presentabili ad altri, anche se (anzi, soprattutto perché) non garantite da alcuna evidenza metafisica o da alcuna autorità carismatica -, i valori per cui battersi e su cui impegnare la vita. Dunque, è molto pericoloso sostenere che il tempo di Popper è finito: magari lasciando il posto al tempo di Giovanni Paolo II, perché riesce a riunire grandi folle di giovani entusiasti, come erano entusiaste, sicure di sé, decise a gettare il cuore oltre l'ostacolo le masse giovanili sessantottesche, ma ha fatto bene a ricordarlo Alberto Arbasino - anche le folle degli stadi, quelle dei concerti rock e, perché no, i giovani delle parate naziste (Das Morgen gehòrt zu mir...). La cultura laica, come la democrazia, forse, può solo morire di suicidio; per incapacità di stare al livello dei propri princìpi, per disperazione di fronte alla difficoltà dei problemi che la libertà non cessa di incontrare, Gianni Vattimo CONTINUA A PAG. 10 PRIMA COLONNA

Persone citate: Alberto Arbasino, Giovanni Paolo Ii, Giuliano Amato, Popper