«Borrelli disse a Di Pietro lascia la toga» di Paolo Colonnello

Lo rivela l'ex capo dei vigili urbani di Milano, ma il procuratore smentisce: tutto falso Lo rivela l'ex capo dei vigili urbani di Milano, ma il procuratore smentisce: tutto falso «Borrelli disse a Pi Pietro; lascia la toga» Rea: fu lui il grande regista della sua uscita di scena MILANO. Dopo il candidato di Rifondazione Sandro Curzi è ora l'ex comandante dei vigili urbani Eleuterio Rea a rilanciare sospetti sulle dimissioni di Antonio Di Pietro. Accusando il procuratore della Repubblica Saverio Borrelli di aver concordato con l'ex pm la sua uscita di scena da Mani Pulite: 7 dicembre 1994. Smentisce il procuratore capo Borrelli («Non ho mai fatto pressioni per le dimissioni di Di Pietro, tutt'altro»). Parla di «ricostruzioni fantasiose», l'avvocato Massimo Dinoia, legale di Di Pietro, chiedendosi «perché Rea attacca il dottor Borrelli?». Precisa l'ex procuratore aggiunto Dio Poppa (ora trasferito a Torino), chiamato in causa da Rea come l'uomo che informò Borrelli in anteprima dell'ispezione romana sul prestito di Gorrini a Di Pietro. «In realtà - dice Poppa - ne parlai a Borrelli il 2 dicembre e lui lo sapeva già, perché la domenica precedente, il 27 novembre, era stato informato da Di Pietro». Si scatena infine il deputato forzista Michele Saponara: «Borrelli sapeva tutto di Di Pietro. Poi, nel timore che esplodesse tutto e che potesse restarne coinvolto, se n'è liberato». Le accuse dell'ex amico di Di Pietro, un misto di supposizioni e fatti storici, sono sostenute in un'intervista rilasciata a Panorama di cui ieri il settimanale ha diffuso un'anticipazione e dove Rea avanza dei dubbi anche sulla restituzione dei prestiti di Di Pietro ricevuti da Gorrini e D'Adamo. L'ex comandante dei vigili urbani di Milano, plurinquisito dalle procure di Milano e Brescia, tornato ad occupare un posto di dirigente nel Comune il 28 luglio scorso dopo due anni di sospensione, sostiene in pratica che venne a sapere dallo stesso Di Pietro, nel novembre del '94, dell'ispezione ministeriale segreta in corso nei suoi confronti a proposito della Mercedes e dei 100 milioni ricevuti in prestito dall'ex assicuratore Giancarlo Gorrini. «Intorno al 20 novembre, Di Pietro, che mi aveva evitato per circa tre anni, improvvisamente mi convocò per pregarmi di edulcorare le mie eventuali dichiarazioni agli ispettori. Poi mi raccomanda di non parlare con nessuno del nostro abboccamento. Io ne parlo al magistrato Aio Poppa, che a sua volta ne parla con Borrelli. Lo so che il procuratore capo lo nega, ma le cose so¬ no andate così. E' qui che Borrelli chiama Tonino e gfì fa una lavata di capo. E Tonino sulle prime s'incazza come una belva. Ma poi mi dice, più tranquillo: "E' tutto a posto, vedrai che ci saranno delle sorprese"». Che secondo Rea si concretizzarono con le sue dimissioni. Continua l'ex comandante: «Io credo che Borrelli e Di Pietro abbiano concordato l'uscita di Tonino dalla magistratura. L'ispezione romana era un pericolo concreto. Le notizie che avrebbero Eotuto uscire su Di Pietro avrebero rischiato di mettere in difficoltà mortale tutto il pool e Borrelli non intendeva correre questo rischio». L'ex procuratore aggiunto Ilio Poppa conferma in parte: «E' vero che Rea mi riferì quelle cose, avvenne nel corso di una cena a casa sua, un giovedì, credo fosse il primo dicembre, io il giorno dopo ne parlai con Borrelli ma lui sapeva già tutto. Diversamente lo avrei visto fare un balzo sulla sedia. Poi mi disse che aveva già avuto un incontro con Di Pietro». Ripercorrendo le date di quel concitato periodo a cavallo tra fine novembre e inizio dicembre del '94, si scopre che gli incontri tra Di Pietro e Borrelli furono diversi, come lo stesso procuratore ricordò nel suo interrogatorio davanti al tribunale di Brescia il 25 novembre scorso, durante il processo per il presunto complotto ai danni di Di Pietro. Ma la data cruciale fu il 27 novembre del '94, una domenica mattina: Di Pietro, insieme a Davigo, piombò nell'ufficio del procuratore per annunciare, come un fulmine a ciel sereno, le sue dimissioni. Fu lì che parlò, tra le altre cose, anche dell'ispezione romana nei suoi confronti. Di Pietro, nelle impressioni del procuratore e dello stesso Davigo, che ne riferì ai magistrati bresciani come testimone, minimizzò quei fatti, puntando soprattutto sul logoramento psicologico e la stanchezza di un'inchiesta, Mani Pulite, che ormai reputava conclusa. Il 5 dicembre, un lunedì sera, vi fu un nuovo incontro alla presenza di altri membri del pool (oltre a Davigo, Colombo e Greco) e del pm antimafia Armando Spataro. Che ricorda: «Fu una riunione molto tesa, Borrelli accusò Di Pietro di tradimento, defezione. Del resto pochi giorni prima avevano concordato l'interrogatorio di Silvio Berlusconi...». Paolo Colonnello Dopo Sandro Curzi ora è l'ex comandante dei vigili urbani Eleuterio Rea (nella foto) a rilanciare veleni e sospetti sulle dimissioni di Antonio Di Pietro

Luoghi citati: Brescia, Milano, Pi Pietro, Torino