Curzi e i voti della destra. Adunate oceaniche non solo per il Papa di Tito Sansa

Curzi e i voti della destra. Adunate oceaniche non solo per il Papa AL GIORNALE Curzi e i voti della destra. Adunate oceaniche non solo per il Papa «Uno scontro politico non duello rusticano» Apprezzo la correttezza e la professionalità con le quali Lo Stampa sta seguendo quest'inizio di campagna elettorale a Firenze 3 - Mugello. Apprezzo anche molte delle opinioni espresse ieri da Edmondo Berselli nel suo fondo. Mi spiace però che essendoci in ballo problemi di grande rilevanza quali il criterio dì scelta dei candidati; la loro appartenenza o meno all'area politica designati a rappresentare; il nodo delle alleanze reso essenziale proprio dal maggioritario,,Berselli legga lo scontro fra Di Pietro e me come un fatto folcloristico o un duello rusticano, per di più sleale per via di quei dossier immaginati come coltelli di riserva, debitamente nascosti nella manica o nello stivaletto alla moda americana. Non conservo dossier né informative su Di Pietro. Né potrei mai pensare di servirmene, come non mi servirei di fatti attinenti alle disavventure giudiziarie e alla sfera dei comportamenti privati di un eventuale antagonista. Mi sono proposto io (da inventare sarei un po' ingombrante, vista la mia immeritata popolarità) e non l'ho fatto pensando di prepararmi a un talk-show. Nel mio offrire disponibilità per il collegio del Mugello due sono state le motivazioni, e subito rese esplicite. Primo, l'assoluta contrarietà al vezzo di paracadutare nel primo collegio sicuro persone anche stimabili, sotto certi profili, ma di posizioni culturali e politiche estranee, anzi contrastanti, con chi dovrà votarle e in primis con chi le propone, in questo caso il pds. Secondo, far rilevare con un gesto estremo questa anomalia per far fallire l'operazione. E non a mio vantaggio, visto che la candidatura Curzi cesserebbe di essere tale nello stesso istante in cui cadrebbe la candidatura Di Pietro. Non è solo un problema di forma, di rispetto della necessaria democraticità delle decisioni (cosa peraltro di non poco conto). E', come giustamente ripete Berselli, il voler evitare una grave ferita alla dignità stessa della politica, alla quale serve un agire corretto, nessun trasformismo, nessun sospetto di secondi fini o di interessi poco nobili. Che la destra non abbia finora trovato un suo candidato da proporre non è cosa che mi riguardi, né è cosa che io mi auguro nella speranza di lucrare voti in campo avverso. Se, poi, alcuni dei «reduci della prima Repubblica» (come qualche politico altezzoso e di corta memoria ha chiamato quelli che hanno espresso apprezzamento per la mia sortita) vorranno votarmi, grazie in anticipo. I lettori della Stampa e i cittadini del collegio Firenze 3 - Mugello possono però star certi che quei voti non saranno sollecitati da me con promesse di futuri favori né di ripensamenti su quel che è stata la prima Repubblica e l'azione coraggiosa che ne ha portato alla luce le tantissime illegalità e i compromessi vergognosi. Alessandro Curzi « Rispettiamo i valori del Ghetto di Cento» A proposito dell'articolo pubblicato sulla Stampa domenica 24 sul Ghetto di Cento, la nostra Comunità, nel cui ambito territoriale cade la Città di Cento, precisa che da tempo essa non possiede più immobili nella zona del Ghetto, al di fuori di un unico stabile che, come ricorda una lapide apposta in facciata, è quello a suo tempo abitato dalla famiglia Disraeli; di questo stabile, di evidente interesse storico, essa mantiene il possesso curandone manutenzione e conservazione. Tutti gli altri stabili sono di proprietà di terzi, essendosi estinta la piccola Comunità Ebraica Centese. Ciò premesso, auspichiamo che il restauro del vecchio Ghetto, ridotto in questo momento in stato di fatiscente abbandono, possa avvenire nel rispetto dei suoi valori storici, artistici e culturali sotto l'egida e la tutela degli Enti preposti. Celestina Ottolenghi Presidente della Comunità Ebraica di Ferrara Anche lirica e rock scatenano le folle Cara Stampa, non saranno magari esagerati certi entusiasmi o sarcasmi per il successo del Papa a Parigi? Dopo tutto, non si sfrenano tante enfasi o ironie o statistiche quando le greggi di pecorelle o i formicai di fine-epoca riscoprono con altrettanta innocenza la musica lirica o il rock o l'omosessualità o il «placebo» consolatorio dopo i concerti dei tre tenori, le sfilate della Love Parade a Berlino e dell'orgoglio gay a Parigi, i pellegrinaggi alla Madonnina di Civitavecchia e ai Santuari di Elvis Presley. Erano per caso meglio certe adunate oceaniche del Duce e di Evita Pe- rón, altrettanto naturali e spon tanee? Forse appaiono più problematici gli attuali appelli alla gioventù co me speranza per il futuro. Almeno per chi ha vissuto la Gioventù Ita liana del Littorio còme devozione obbligatoria, il canto coatto di «Giovinezza giovinezza», le reve renze imposte prima alla Hitlerju- gend e poi a tutte le federazioni giovanili delle dittature comuniste. I risultati non furono mai febei. Allora, visto il successo del Papa, bisognerebbe puntare piuttosto sulle speranze per la vecchiaia estrema? Alberto Arbasino Conta più la squadra della casacca Ma quante storie per una «mise» calcistica. Tutti i giorni, nella rubrica più bella della Stampa, leggo i piagnistei dei tifosi juventini per una maglia, che si è adeguata alla ricchezza di immagini di una squadra-business. Io non credo che per amare una squadra sia così importante la casacca di foggia diversa. Sono i colori che contano, sono le emozioni che essi ci trasmettono. Evidentemente per gli juventini le suddette emozioni non ci sono più: abituati a vincere con la propria squadra miliardaria, devono trovare un motivo per criticarla. Quanta differenza tra la Zebra ed il Toro! A noi, tifosi di una squadra che economicamente non può competere, che viviamo, calcisticamente parlando, con emozioni da incubo alle volte o con gioie sfrenate conquistate con fatica, non interessa la casacca che i giocatori indossano. Noi vedremmo granata anche se a toreare mettessero una mucca. Per noi è il più bel colore del mondo s se mai critichiamo la nostra squadra, è in nome dello sport, e se ricordiamo il passato non rimpiangiamo una maglietta che cambia con i tempi, ma i tempi in cui i nostri eroi, vestiti di umiltà granata, non hanno fatto più ritorno. Quindi smettetela di lamentarvi di come la vostra dirigenza combina il vestiario sponsorizzato, godetevi le gesta dei vostri beniamini, tenendo presente che se il 50 per cento degli italiani tifa Juve e il vostro argomento può più o meno interessare, all'altro 50 per cento no... grazie. G. Carlini e collaboratori Torino La Valle d'Aosta non è il Bengodi Ad Aosta, novella Sangrilà, la vita si è fermata. Lo Stato Civile, come è riportato dall'inserto della Valle, non segnala più né nascite né morti. Forse per non spaventare i tanto desiderati e sempre calanti turisti ed invogliarne dei nuovi: «Venite nel paese delle meraviglie, nel paese dell'amore; qui si è sempre giovani, ci si ama e ci si sposa solamente, abbiamo abolito le nascite che creano preoccupazione per l'incerto avvenire del nascituro e niente morte, fonte di dolore e di pensieri funesti!». Intanto qui, nel paese delle meraviglie, tutto è carissimo: in piena estate, stagione eccellente per la produzione ortofrutticola, pomodori, peperoni, fagiolini, lattuga, melanzane, pesche, susine, uva costano tutte da L. 2850 a 4000 e oltre al kg, le angurie a 890 lire al kg. I discounts che dovrebbero avere funzione calmieratrice, dopo un primo periodo di lancio con offerte speciali accettabili, si adeguano prontamente ai prezzi locali. Altro che Sangrilà: qui gli anziani, con pensioni ante 1970, possono solo morire di fame. Marina Barberis, Aosta II rapimento di Seno in Slovacchia La Stampa ha pubblicato l'altro ieri un articolo in cui Tito Sansa descrive correttamente circostanze e indagini relative al rapimento del cittadino italiano Daniele Seno in Slovacchia. Ma vorremmo segnalare che non c'è analogia fra questo episodio e il sequestro del figlio del presidente M. Kovac, e che nulla autorizza ad affermare che questo sia stato organizzato dai servizi segreti fedeli al primo ministro V. Meciar, perché 5 caso non è chiuso, non c'è stato processo e i responsabili restano sconosciuti. Zdeno Rozhold, Roma Ambasciata della Repubblica slovacca