«Una verità pagata cara» di Francesco La Licata

«Una verità pagata cara» «Una verità pagata cara» Là nipote e l'ombra delle intimidazioni INTERVISTA LA BATTAGLIA DEI FAMIGLIARI AMatetica i Mattei sono certamente la famiglia più conosciuta. Persino l'ospedale è intestato a Enrico. Lì, in provincia di Macerata, vivono Angelo, Paolo e Rosangela, nipoti dell'uomo che fu tra i potenti dell'Italia del «miracolo economico». Tutti da anni conducono una battaglia, spesso in solitudine e tra l'indifferenza generale, per squarciare il velo di omertà che dal '62 avvolge la storia della morte miseriosa di Enrico Mattei. E'difficile mettersi in contatto con loro, nel senso che da qualche tempo hanno deciso di proteggere la loroprivacy, di apparire il meno possibile. Forse perché delusi dallo «scarso impegno» profuso nell'inchiesta e feriti dall'atteggiamento di sufficienza con cui viene trattata l'intera vicenda. Con la schiettezza e la sincerità che la caratterizza, Rosangela Mattei adesso non tradisce eccessivo entusiasmo. Signora, non è soddisfatta che l'inchiesta si appresti a compiere significativi passi in avanti? «A noi non ha comunicato niente nessuno. Non abbiamo notizie ufficiali e perciò non voghamo gioire. Sarebbe una ulteriore delusione apprendere che le cose non stanno come dite voi giornalisti». Ma oggi sembra più vicina la certezza che a uccidere Enrico Mattei sia stato un attentato, come aveva raccontato il pentito Tommaso Buscetta. Che ne pensa? «Non abbiamo avuto bisogno, noi familiari, di nessuna rivelazione per capire che Enrico lo avevano ammazzato». Adesso però si parla ufficial¬ mente di una bomba.... «Questo lo sapevamo. Noi non abbiamo mai avuto dubbi. Se permettete, vorrei ricordarvi che siamo stati proprio noi a fornire alle autorità tutto il necessario per indagare sull'ipotesi della bomba. La perizia che noi avevamo sollecitato era stata chiara sulla presenza della polvere da sparo. Per noi era scontato che l'aereo di Mattei fosse stato fatto saltare con un ordigno». Signora, scusi l'insistenza, ma se la perizia della magistratura desse ragione al tecnico di parte, questa sarebbe una svolta, non crede? «Lo vedremo. Quando ci comunicheranno qualcosa trarremo le nostre conclusioni». Perché tanta amarezza, signora Rosangela? «Abbiamo ricevuto telefonate di giornalisti, ma nessun responsabile dell'inchiesta ci ha chiamati. Forse ce l'hanno con noi per le nostre proteste». Quali proteste? «Quando i magistrati di Pavia hanno riesumato i resti di Enrico Mattei, ci fu detto che sarebbero rimasti a disposizione degli inquirenti per tre mesi. Sono passati due anni e non abbiamo visto più nessuno. La tomba di Enrico Mattei è ancora vuota ed aspettiamo di poter rimettere tutto in ordine. E' possibile che in tutti questi mesi non abbiano trovato un momento per riportare a Matelica il corpo di nostro zio?». Signora Rosangela, non è che vi siete pentiti di aver cercato la verità? «Perché mi fa questa domanda?». Lei dà la sensazione di trovarsi davanti a una persona molto accorta. Quasi che da tutta questa vicenda sia uscita scottata, forse impaurita. In ogni caso, con la vita cambiata. Avete forse avuto pressioni, qualche intimidazione? «Chi le ha detto queste cose? Da chi le ha sapute?». Le assicuro che è solo una sensazione, forse ora confermata dalla sua reazione... «Non posso parlare, così con leggerezza, lo ho il telefono sotto controllo... Comunque devo chiudere. Vedremo, vedremo più in là. Chissà se l'inchiesta andrà avanti». Francesco La Licata «Aspettiamo a gioire: non abbiamo notizie ufficiali. Comunque sapevamo che lo zio era stato ucciso» La moglie di Mattei. A sinistra: il giornalista Mauro De Mauro: sparito misteriosamente dopo essersi occupato della morte di Mattei

Persone citate: Enrico Mattei, Mattei, Mauro De Mauro, Rosangela Mattei, Tommaso Buscetta

Luoghi citati: Italia, Macerata, Matelica, Pavia