Grecia-Italia un giorno di guerra per Cipro di Maurizio Molinari
Atene interpreta una frase di Dirti come l'avallo alla «Repubblica turca». Prodi ricuce lo strappo Atene interpreta una frase di Dirti come l'avallo alla «Repubblica turca». Prodi ricuce lo strappo Grecia-Italia, un giorno di guerra per Cipro Roma ribadisce che il solo governo legittimo è a Nicosia Gli americani: ma l'Ue tratti con entrambe le comunità ROMA. Romano Prodi ha ricucito lo strappo con Atene dopo le dichiarazioni di Lamberto Dini su Cipro, ma fra Italia e Grecia resta qualcosa di più di un'incomprensione verbale. Ieri mattina è stato il presidente del Consiglio a prendere l'iniziativa nei confronti dei greci, che non avevano gradito la frase pronunciata dal capo della Farnesina sulle «due Repubbliche» presenti nell'isola di Cipro. Atene infatti non riconosce la Repubblica del Nord, nata dopo l'occupazione della zona settentrionale dell'isola da parte delle truppe di Ankara nel 1974. Ad iniziare a ricucire era stato, martedì notte, un comunicato della Farnesina che parlava di «due entità». Ma ad Atene non bastava ancora e minacciava fuoco e fulmini a Bruxelles, in sede di Unione Europea, dopo quelle che il ministro degli Esteri Theodoros Pangalos ha definito le «parole inconcepibili e provocatorie di Dini». Mentre i nostri rappresentanti venivano convocati dai ministeri degli Esteri di Atene e Nicosia, è stato il timore che la crisi degenerasse a far muovere Prodi, che ha alzato il telefono chiamando il suo collega ellenico, Costas Simitis (legato da amicizia personale con il segretario del pds Massimo D'Alema). E Prodi ha detto quello che Simitis voleva sentire, articolandolo in tre punti: la posizione deU'Italia non è mutata; la soluzione della crisi di Cipro deve essere fondata sulle risoluzioni delle Nazioni Unite (che condannano l'occupazione turca); l'Italia vede con favore i negoziati per l'ammissione dell'isola all'Unione Europea. Ma soprattutto Prodi alleggeriva ancora il termine «entità». Non a caso, proprio mentre era al telefono con Simitis, il nostro incaricato d'affari iasiNicosia, Raffaele Benedictis, incontrava il ministro degli Esteri cipriota, iYohannakis Cassoulides, presentando un tèsto che'non faceva riferimento né a «due repubbliche» né a «due entità» ma - secondo quanto riferiscono fonti cipriote - a «due comunità». E al dialogo con «le due comunità» si sono detti favorevoli anche gli Stati Uniti con una dichiarazione del portavoce del Dipartimento di Stato Rubin. E a questo punto Nicosia tirava il fiato. E il ministero degli Esteri di Atene accoglieva smussando i toni Domenico Pedata, numero due della nostra sede diplomatica. L'incidente, formalmente, a quel punto poteva dirsi chiuso. Ma il portavoce del ministero degli Esteri greco. Dimitri Reppas, incontrando la stampa nel pomeriggio, pur confermando la riappacificazione con Prodi, chiamava ancora in causa Dini. «Le sue dichiarazioni sono state frettolose - ha detto - e in contrasto con gli orientamenti dell'Unione Europea». Atene sottolinea le differenze fra Dini e Prodi perché teme uno scivolamento filo-turco di Roma. Il comunicato con cui Ankara ha definito «molto realistiche» le parole del nostro ministro degli Esteri ha fatto infuriare i greci quasi più dello stesso Dini. La partita è delicata perché in ballo c'è il negoziato sul futuro dell'isola. Iniziato in agosto a New York (alla presenza di un osservatore italiano) e continuato in Svizzera, si è arenato quando la Repubblica del Nord si è opposta ai negoziati per l'ammissione di Cipro nell'Unione Europea. Di fronte a questa impasse la ricetta Dini è stata illustrata da un lungo articolo pubblicato negli ultimi giorni prima ad Ankara e poi a Varsavia. «Per conquistare la seconda parte dell'Europa - scrive Dini - bisogna far cadere tutte le barriere del passato e aprire il processo di allargamento a tutti i Paesi candidati» anche se «la velocità dei più lenti non dovrà condizionare gU altri». E' una soluzione che scavalca l'ostacolo Cipro aprendo la via anche al negoziato fra l'Unione Europea e la Turchia, su cui Roma punta per spingere fino all'Asia Centrale e ai ricchi bacini del Caspio la propria Ostpolitik. Ma è proprio l'entrata di Ankara nell'Unione Europea il peggior incubo della diplomazia greca, che da anni si batte in ogni sede europea per ritardare l'applicazione di ogni tipo di accordo (anche secondario) con la Turchia, dalla quale è divisa da un incandescente contenzioso sulle acque dell'Egeo. Roma si è trovata dunque fra l'opposizione della Repubblica del Nord ai negoziati fra Cipro e Ue e quella di Atene all'ingresso della Turchia sempre nell'Ue. La fòrte irritazione di Atene si spiega anche con la serie di incidenti bilaterali che si sono susseguiti negli ultimi anni. Era l'inizio del 1992 quando la Grecia rispose con un boicottaggio degli alimentari «made in Italy» alle aperture italiane alla Macedonia. Poi vi fu il caso Berlusconi, con il ministro Pangalos (allora titolare degli Affari europei), che definì un'«accozzaglia» la coalizione del Polo appena resi noti i risultati delle elezioni nel marzo 1994. Due anni dopo la Grecia chiese addirittura il ritiro dell'addetto militare italiano perché accusato di «spionaggio in favore dei turchi» sull'isola di Lesbo dopo il ritrovamento di «appunti compromettenti» in un ristorante dell'isola. Uno dei pochi diplomatici italiani ad essere stati pubblicamente lodati da Atene (e Nicosia) è stato l'ambasciatore Federico Di Roberto (oggi direttore generale degli Affari economici) per il lavoro svolto sull'isola in qualità di mediatore europeo. L'ultimo incidente bilaterale risale a questo mese, con la polemica sull'organizzazione dei Mondiali di atletica leggera fra Primo Nebiolo, presidente dell'Iaaf, e - ancora una volta - il ministro Pangalos, sullo sfondo del duello fra Roma e Atene per l'assegnazione delle Olimpiadi del 2004. Maurizio Molinari Il governo greco accusa «Le parole del titolare della Farnesina sono in contrasto con la linea concordata à Bruxelles» Un'immagine di recenti incidenti lungo la «linea Attila» a Cipro e il ministro Lamberto Dini
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