In aspettativa chi osserva il Ramadan di Fabio Albanese
Accordo per i braccianti agricoli extracomunitari Ragusa, «la raccolta della verdura è impossibile per quelli che digiunano» In aspettativa chi osserva il Ramadan Accordo per i braccianti agricoli extracomunitari RAGUSA. «In quel periodo li vedevo dimagrire a vista d'occhio, bisognava fare qualcosa». Il segretario della Camera del Lavoro, Paolo Aquila, spiega così la firma sotto un contratto per i lavoratori agricoli che, nel «triangolo» Acate, Vittoria, Santa Croce Camerina, prevede adesso una sorta di aspettativa per i lavoratori extracomunitari che devono osservare il digiuno del Ramadan. L'accordo, siglato già nel '94, è stato inserito a giugno nel nuovo contratto provinciale di lavoro della categoria, firmato da Cgil, Cisl e Uil e dalle associazioni di agricoltori Cia, Coldiretti e Confagricoltura. Un piccolo segnale di civiltà che arriva da una delle più piccole province d'Italia, quella di Ragusa, la cui economia è basata quasi esclusivamente sulla pastorizia e la coltivazione dei primaticci. Solo nella zona di Vittoria, un ^terminabile susseguirsi di serre, lavorano 20 mila persone, molte delle quali sono arrivate dai Paesi del Maghreb e sono di fede musulmana; 6 mila solo quelli regolarizzati. «Durante il Ramadan - ricorda Aquila - la maggior parte degli operai extracomunitari digiunava e ciò rendeva impossibile il lavoro giornaliero; senza mangiare questo è un lavoro che non si può fare, e poi sembrava scorretto far lavorare chi non può farlo per motivi religiosi». E così è nato l'articolo 8 del contratto integrativo dei lavoratori agricoli, valido solo per questa zona: «E' possibile, a richiesta degli mteressati, stipulare accordi aziendali che tengano conto delle festività per i lavoratori di cultura araba, con riferimento al Ramadan». Il «debutto» ufficiale potrebbe avvenire nel marzo del '98, al prossimo Ramadan, ma a quanto pare i primi ad essere tiepidi sono i lavoratori musulmani: «Si tratta di un'aspettativa non retribuita spiegano -, bisogna dunque scegliere tra il digiuno religioso e il lavoro che porta denaro per le nostre famiglie». E, in effetti, le «prove tec¬ niche» consentite dal precedente accordo del '94, a detta degli stessi datori di lavoro hanno dato pochi frutti: la maggior parte degli extracomunitari ha preferito continuare a lavorare, rispettando comunque le regole della propria religione, e assentandosi al massimo per tre o quattro giorni al posto dei 40 stabiliti dal Corano. «Una volta qui, i lavoratori extracomunitari cominciano ad avere atteggiamenti più occidentali - dice il segretario provinciale della Cia, Carmelo Gurrieri - ed è anche per questo che sono pochi coloro che utilizzano questo strumento; ma abbiamo voluto inserirlo, su richiesta dei sindacati, per dare maggiore serenità a tutti». L'accordo prevede che dopo sette giorni d'assenza il lavoratore vada licenziato, ma riassunto al ritorno: «Questo perché la normativa nazionale non prevede l'aspettativa per queste categorie», spiega ancora Gurrieri. Fabio Albanese
Persone citate: Carmelo Gurrieri, Gurrieri, Paolo Aquila
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