« La riforma con la Finanziaria » di Massimo Giannini

« « La riforniti con la Finanziaria » IIpremier: è una promessa fatta ai mercati PRIMA PAGINA -011/190 E allora Sergio D'Antoni, leader della Cisl, può fingersi fin, che vuole vittima di un algido! stupore, quando dice che «npn c'è nessuna scadenza, quello che conta è che la riforma dello Stato sociale parta nel '98». E lo stesso Bertinotti può anche gridare al mondo intero che «le pensioni di anzianità non si toccano». A tutti, sindacalisti e rifondatori, il premier ricorda che il nuovo Welfare dovrà contenere risparmi veri, eliminare storture palesi e iniquità autentiche, e soprattutto vedere la luce entro il prossimo 30 settembre. «Certo - aggiunge - se poi si va al 3 ottobre perché dobbiamo aspettare, come è giusto, l'esito delle consultazioni nelle fabbriche, poco male: quello che conta è che sia rispettato il vincolo della Finanziaria, che abbiamo assunto con il Paese, con i nostri partner europei e con i mercati, che non possiamo lasciare nell'incertezza nei prossimi mesi». Stavolta Prodi non pare dunque intenzionato a fare sconti, né a indulgere ai temporeggiamenti. «Sento parlare di rinvio osserva -, di trattativa congelata: scherziamo? L'ho detto e lo ripeto con la massima serenità: la riforma dello Stato sociale va fatta, punto e basta. Tutta la seconda fase dell'attività di governo, la fase della ripresa e del rilancio, parte da questo presupposto: che si completi il risanamento attraverso questa riforma strutturale, perché se non c'è risanamento non c'è nuova ricchezza e non c'è Europa». Pesa, il vincolo esterno, anche in questa fermezza del premier. Perché Prodi - e con lui il commissario Mario Monti e il ministro del Tesoro Carlo Azeglio Ciampi, che ieri sera ci confidava: «Un rinvio sul Welfare è un'ipotesi che mi preoccuperebbe molto» - ha bene in mente il «viatico» col quale il Consiglio europeo deil'8 luglio scorso diede via Ubera al nostro piano di convergenza: «Il Consiglio - era scritto nel comunicato di Bruxelles - invita pressantemente il governo italiano ad adottare misure che abbiano un effetto Eiermanente sulla riduzione dela spesa, in particolare nell'ambito della presentazione della Legge Finanziaria per il 1998. Questa è l'unica strada per assicurare la continuità dello sforzo di aggiustamento e per assicurare che possa essere raggiunta la sostenibilità del bilancio». Niente rinvìi, dunque. L'Europa non ce li perdonerebbe. E niente deleghe, che pure con- sentirebbero al governo di prendere tempo, oltre lo scoglio del 30 settembre: «Non esiste taglia corto il premier -: di delega sulle pensioni ho avuto notizia per la prima volta poco fa, leggendo un lancio della Reuter: io non ci ho mai pensato». Perché rischierebbe, anche quello, di essere o anche solo di apparire un escamotage, una «tecnica di galleggiamento». E a questo giochino Prodi non ci sta più: «Nei mesi scorsi - ricorda - da più parti il governo è stato accusato di seguire una tattica dilatoria sullo Stato sociale. E' vero l'esatto contrario: ho spinto, ho spinto per arrivare al confronto vero, e adesso ci siamo». E' il sentiero stretto, appunto. Onofri ha aperto il varco. Prodi lo segue senza esitazioni: «L'ho detto, a Paolo, vai e di' quello che devi dire. Perché qui tutti, dai politici ai sindacati all'opinione pubblica, devono capire che il tempo sta per scadere, non c'è più spazio per i tatticismi: d'ora in poi la trattativa sul Welfare ha bisogno di verità». E verità è che le pensioni d'anzianità sono cresciute del 63% solo nel '96, come ha già ammonito Onofri. Verità è che il sistema continua a produrre ingiustizie sociali, prima ancora che squilibri finanziari. E quindi, che piaccia o no a Fausto il Rosso o alla Cgil di Sergio Cofferati che ha proprio tra i pensio¬ nati il 48% degli iscritti, verità è che la riforma su questi aspetti deve incidere. Con i sindacati il confronto sul merito non è ancora iniziato: «Non so quando ci vedremo - dice il premier -, intanto abbiamo fissato il vertice tecnico con Micheli e Treu». Così come non c'è stato un faccia a faccia specifico con Bertinotti: «Ci siamo sentiti al telefono, dovrò incontrarlo la settimana prossima», conferma Prodi. Ma agli uni e all'altro, in vi- sta del lush finale di settembre, il presidente del Consiglio chiede di «non soffermarsi sui singoli aspetti deila riforma che andremo a proporre, come è appunto l'anzianità», ma di «valutare il pacchetto del nuovo Welfare nel suo insieme, un pacchetto dove ci sarà l'avere, e non solo il dare, dagli assegni familiari all'occupazione». Basta, per convincere sindacalisti e neo-comunisti? Basta per non far perdere al governo dell'Ulivo quei valori di centrosinistra, senza i quali non c'è riforma ma solo «tagli», senza i quali non ci sono i Blair o gli Jospin ma solo le Thatcher o gli Juppé? Il presidente spera, anche se non si illude: «L'ho sempre detto, trovare un accordo sarà difficile, ma dobbiamo tentare. Si può rompere tutto, ma quel che è certo è che per raggiungere l'obiettivo si deve trovare un'intesa a tre: il governo, la sua maggioranza e il sindacato, al quale non dobbiamo mai dare la sensazione di giocare su tavoli separati, con Botteghe Oscure o con Bertinotti. Scavalcamenti, ai danni di Cgil, Cisl e Uil, sarebbero scorretti e giustamente loro non potrebbero accettarli. Ma vedrete, di questi errori noi non ne faremo». Alla fine, per capire dove porta il «sentiero stretto» della riforma dello Stato sociale, conterà il merito più che la correttezza del metodo. Ed è lì che si gioca tutto, è lì, sulla pensione come «variabile indipendente», che Bertinotti farà la sua battaglia, condizionando Cofferati, ed è lì che il governo dovrà trovare le soluzioni incisive quanto serve, ma non socialmente e politicamente intollerabili. Il premier sembra pronto, ed anche se non le svela, sembra avere anche sul merito le idee abbastanza chiare. Le spiattellerà al leader di Rifondazione al vertice decisivo del prossimo 3 settembre: «Per adesso la sua linea mi sembra la solita: dichiarazioni pubbliche molto dure, poi si tratta di mettersi a tavolino, a discutere faccia a faccia. E lì' il discorso può cambiare». Almeno, questo auspica Romano. Solo un auspicio, per adesso. Speriamo che, anche questa, si dimostri una buona profezia. Massimo Giannini Il Ragioniere dello Stato Monorchio Il presidente del Consiglio, Romano Prodi

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