Valli, prendo il Leone e scappo

Valli, prendo il Leone e scappo Parla l'attrice più schiva d'Italia: «Il premio? Meglio riceverlo a casa» Valli, prendo il Leone e scappo «Lo meritavo prima, ora ho deciso: smetto» VENEZIA DAL NOSTRO INVIATO Il Leone d'oro alla carriera ad Alida Valli glielo dovevano già l'anno scorso: lo aveva detto Gillo Pontecorvo che, dopo Michèle Morgan, la prossima sarebbe stata lei, indimenticata protagonista di «Senso» di Visconti. La comunicazione ufficiale, però, la Valli l'ha ricevuta questa primavera mentre era a Pisa, in teatro con un Pirandello. «E mi è venuto in mente che Pontecorvo, anticipandomi questo Leone, aveva perfino fatto una gaffe nei confronti della Morgan, premiata, aveva detto lui, per accordi internazionali più che per meriti individuali. E' che con Gillo siamo legati da tanto tempo: il suo primo film, "La lunga strada azzurra", l'ho fatto io in coppia con Yves Montand». Restia a parlare di sé, infastidita dal dover dire io, dal rinvangare ricordi, dal dover ripetere sempre le stesse cose, all'improvviso, davanti a una tazza di caffè, insieme al figlio Carlo, suo compagno anche di lavoro che non la chiama mamma ma Alida e l'accompagna in giro per il mondo, si mette a chiacchierare del più e del meno, con quella semplicità serena che gli anni regalano a chi sa invecchiare con classe. L'addolora, dice, che non ci sia Kubrick a ritirare il Leone con lei perché avrebbe tanto voluto conoscerlo. «Che peccato, che peccato che non venga» ripete, come se esprimendo ad alta voce questo dispiacere, potesse convincerlo a cambiare idea. Mancava da molto alla Mostra, signora? «Dai tempi di "La strategia del ragno", il film che mi ha fatto diventare amica dei due fratelli Bertolucci. Prima di Bernardo, grandissimo, perfino un po' colossale nelle sue ultime cose, e poi di Giuseppe che forse amo ancora di più per la sua capacità di introspezione, bravo anche quando ha fatto con me "Celeste Aida" per la televisione. E fare una buona televisione è difficile». E la prima volta quando fu? «Ci arrivai nel '41 con "Piccolo mondo antico" per il quale mi diedero la Coppa Volpi. E' sempre molto bollo qui. Certo, prendere un Leone d'oro fa piacere, ma se me lo avessero mandato a casa mi avrebbe fatto ancora più piacere. Sinceramente mi avrebbe aiutato di più riceverlo per "Senso". Ne ebbi tanti di premi allora, ma da Venezia niente. Oggi serve a poco: la mia carriera è quello che è». Curioso che una donna come lei che non ama mostrarsi in pubblico abbia scelto di fare l'attrice e di farlo con ostinata costanza. «Adesso che con l'età ci vedo meno di prima, m'è venuto il sospetto di esser stata una donna timida perché ho sempre avuto una vista debole, costretta agli occhiali fin da ragazza. Chissà. In ogni modo a me piace parlare con le parole degli altri comunicando emozioni. E questo mestiere me l'ha sempre permesso. Soprattutto il teatro che ho fatto, una stagione dopo l'altra, per oltre trent'anni. Perché il teatro è un incontro, ogni sera diverso, dove il pubblico recita la sua parte e interviene nello spettacolo. Mi sono molto divertita in palcoscenico. Ora però basta. Smetto. Voglio stare con i miei figli e con i miei nipoti. Voglio godermi la famiglia. Almeno credo». Non teme di annoiarsi? «No. Ho corso troppo. E poi ho altro da fare. Intanto a fine settembre vado negli Stati Uniti, dove vive l'altro mio figlio, Lorenzo, che fa il chimico e mi ha dato quattro nipoti. Vado ad Hollywood per una serata in onore di Gregory Peck: hanno chiamato tutte le attrici che lavorarono con lui, ma l'onore di conse¬ gnargli il riconoscimento ufficiale l'hanno assegnato a me. Eravamo molto amici, Gregory ed io, quando vivevo ad Hollywood. Insieme a Joseph Cotten era il mio amico più caro. Eppure non l'ho mai trovato bello. E' buffo, vero? Ma neanche quando abbiamo girato con Hitchcock "H caso Paradine" ho subito il suo fascino». Simonetta Roblony LA GIURIA La giurìa della 54a Mostra del cinema, presieduta dalla regista neozelandese Jane Campion, è composta da: Ron Bass, sceneggiatore americano; Véra Belmont, regista e produttrice francese; Peter Buchka, critico tedesco; Nana Djordjadze, regista georgiana; Idrìssa Ouédraogo, regista del Burkina Faso; Charlotte Rampling, attrice inglese; Francesco Rosi, regista italiano; Shjnya Tsukamoto, regista giapponese. «Per "Senso" ho avuto tanti riconoscimenti ma da Venezia nulla, a quel tempo m'avrebbe aiutato Oggi serve a poco: voglio stare con i miei figli» «Sono timida perché sono miope «Vado ad Hollywood per una sera ma sul palco riesco a comunicare» in onore del mio amico Peck» internazionale cinematografica 1997 » SParla Alida Valli nel '48 all'apice della carriera e in una foto di oggi: l'attrice si dice addolorata per l'assenza al Lido di Kubrick

Luoghi citati: Burkina Faso, Hollywood, Italia, Pisa, Stati Uniti, Venezia