Altre sezioni di Alessandra Levantesi
Altre sezioni Altre sezioni A Mezzanotte il Presidente VENEZIA. «Bisogna che tutto cambi perché tutto rimanga com'è». Fedele al motto del «Gattopardo», il Curatore della 54° Mostra ha cominciato col cambiare le etichette delle sezioni dei film fuori concorso. E qui, dopo Tornasi di Lampedusa, si potrebbe citare Giuseppe Verdi: «Torniamo all'antico e sarà un progresso». Perché con qualche civetteria e scavalcando le recenti proposte di Gillo Pontecorvo, Felice Laudadio è tornato ai primi Anni 80 e alla titolazione delle edizioni dirette da Carlo Lizzani. L'unica insegna rimasta in piedi dall'anno scorso è Mezzanotte. Dove si vedrà, con lieve anticipo sulle pubbliche programmazioni, l'atteso «Air Force One» con Harrison Ford come Mr. President rapito insieme al suo aereo da feroci veterocomunisti. Tra le offerte notturne spicca «Cop land» con Sylvester Stallone in vena di riciclarsi in un ruolo serio, «Tango Lesson» della Sally Potter di «Orlando» e (subito stasera) un film in costume secentesco di e con Sergio Rubini, «Il viaggio della sposa», con un'attrice nuova di zecca, Giovanna Mezzogiorno, figlia del compianto Vittorio. Cancellata con decisione discussa la vetrina italiana a beneficio di una monografia del cinema inglese denominata forse un po' troppo ottimisticamente British Renaissance, i registi nostrani li troviamo sparsi nelle varie corsie: fra le quali quella tutta tricolore Immagini fra cronaca e storia, in cui apparirà «Porzus» di Renzo Martinelli, il film più chiacchierato della vigilia sulla strage della malga friulana. Nella stessa rubrica vedremo il documento sulle carceri «Piccoli ergastoli», al quale ha collaborato anche il terrorista Valerio Fioravanti, e «Galeazzo Ciano - una tragedia fascista» di Nicola Caracciolo che è il nostro migliore storico sul versante della pellicola. Sorprese promette la sezione Mezzogiorno, che Roberto Silvestri ha curato ipotizzando di scoprire un nuovo sentiero della Settima Arte attraverso un recupero del cinema di genere tradizionale; mentre Roberto Turigliatto in Officina veneziana mette in fila, fra fiction, documentari, corti e cortissimi, una serie di opere utili per avviare una riflessione sulle possibilità produttive e linguistiche della postmodernità. E' su questi fronti, da «Mezzogiorno» a «Officina», che può sperare qualche illuminazione chi ha ancora fede nelle premesse alquanto disattese della riforma della Biennale dopo il '68: ovvero la Mostra concepita soprattutto come un laboratorio di idee e stilemi. E stimolante si presenta il programma della Settimana della Critica (a cura di Andrea Martini), interrotta per alcuni anni causa screzi e malintesi fra il Sindacato e la Biennale. Si comincia a suon di musica con «Tano da morire» di Roberta Torre, la mafia che balla e canta sulle note di Nino D'Angelo, e si continua con un opportuno recupero terzomondista. Di nuovo, per la Mostr. -n ritorno all'antico; e se davvero sarà un progresso lo sapremo cammin facendo. Alessandra Levantesi
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