Caselli nuovi siluri contro i pentiti

E' polemica sul tentativo di modifica dell'articolo che regola le chiamate di correità E' polemica sul tentativo di modifica dell'articolo che regola le chiamate di correità Caselli; nuovi siluri contro i pentiti «Giù le mani dall'articolo 192» ROMA. Risuona ancora nell'aria l'allarme del procuratore capo di Palermo, Giancarlo Caselli: «Negare il valore probatorio delle dichiarazioni incrociate dei pentiti sarebbe come tornare indietro di 20 anni nella lotta alla mafia. Temo che dopo il 513, venga ora messo in discussione anche l'art. 192 del codice di procedura penale». Caselli indica la nuova frontiera. Ed è subito polemica. Perché effettivamente in Parlamento giacciono alcune proposte di legge, avanzate dal Polo, per modificare l'articolo del codice che regola le chiamate di correità. L'uscita pubblica di Caselli ha scatenato le ire dell'intero centrodestra, da Biondi a Pecorella, a Taradash, a Parenti. Sono d'accordo anche il senatore Ortensio Zecchino (ppi), che già due giorni fa diceva a La Stampa: «E' giunto il momento di modificare il 192», Marco Boato (Verdi) e Giovanni Pellegrino (pds). Nel complesso, però, la sinistra è contraria a modificare l'art. 192. E contrarissimo sembra il governo. Parla chiaro Giuseppe Ayala, sottosegretario di Grazia e Giustizia: «E' vero, qui si rischia di tornare indietro. Qualche problema c'è stato. Qualche pentito è sicuramente un farabutto. Ma non vorrei che su tale china si arrivasse a neutralizzare l'apporto di tanti collaboratori di giusti zia grazie ai quali si è giunti a verità processuali». Ayala è polemico con il suo collega ulivista Pellegrino: «Qualunque cosa dica, è pericolosa. Parla quasi quotidiana mente e suppongo in buona fede, ma senza alcuna specifica competenza professionale. Il rischio di tornare indietro è concreto; un orientamento è già emerso in Parlamento...». In sostanza, a tutt'oggi, la di cbiarazione di un pentito ac quista valore di prova se si tro vano dei riscontri. Ma valgono come riscontri anche altre di chiarazioni di pentiti. Accade così che le cosiddette dichiarazioni incrociate - in processi di mafia come in quelli di Tangen topoli - spianino la strada a una sentenza di condanna. E' questo meccanismo che il Polo vuole scardinare. Parla chiaro Alfredo Mantovano, An, magistrato prestato alla politica: «Bisogna stabilire in modo .chiaro che se non si ribalta la logica dell'addizione (pentito+pentito=prova) la difesa delle garanzie individuali e la lotta alla criminalità organizzata patiranno danni superiori a quelli subiti finora. A Caselli dico che bisognerebbe evitare di arroccarsi sulle norme. Perché i fatti stanno dimostrando che c'è bisogno di un qualcosa in più, in un processo, oltre la parola del pentito. Il quale deve sapere che non verrà considerato la "bocca della verità", ma deve sforzarsi di dare particolari riscontrabili al suo racconto». Gli rispondono a distanza i parlamentari pidiessini, «tecni¬ ci della materia», Guido Calvi e Luigi Saraceni. Dice Calvi: «La norma è perfetta. Semmai ci sarà stata qualche interpretazione giurisprudenziale discutibile. Ma secondo me resta intoccabile». E Saraceni: «L'allarme di Caselli è prematuro. Anzi, è il modo migliore di accendere l'attenzione su una proposta giacente che vedremo alla ripresa con tutta calma e riflessione. Non vedo modifiche imminenti». Saraceni è stato anche lui un giudice, tra i fondatori di Magistratura democratica. La sua lunga esperienza salta fuori pure nel lavoro parlamentare. Spiega: «Se si volessere esclu¬ dere il valore delle dichiarazioni incrociate, sarebbe un grave errore. Non c'è niente di più vero. Sempreché, è ovvio, che i pentiti non si siano messi d'accordo. In questi casi bisogna rimettersi alla valutazione del giudice: sta a lui valutare la genuinità di una o più chiamate di correo. E' un problema che si risolve nell'interrogatorio, puntando su quei dettagli secondari che nessuna montatura può prevedere. E' lì la vera prova del nove. Impossibile da codificare per legge. Se però un Paese ha dei giudici poco saggi, c'è ben poco da fare». Il più aspro, però, nella difesa di Caselli e nel rispondere al Po¬ lo, è Giuseppe Lumia, deputato del pds e capogruppo all'Antimafia: «Esistono - dice - delle posizioni nel centrodestra che sembrano ossessionate dal voler cancellare i principah istituti giuridici che ci hanno aiutato nel raggiungere risultati straordinari nella lotta alla mafia. Questi ossessionati non ci dicono, però, come modificare questi strumenti giuridici e di fatto vogliono solo progressivamente cancellarli. Mi auguro che questo virus dell'ossessione non trovi spazi in tutto il centrodestra e che non si diffonda nel centrosinistra». Francesco Grignetti Mantovano di An «Il procuratore di Palermo non può arroccarsi sulle norme» S Per avere valore di prova, le dichiarazioni degli imputati >» di reato connesso, e quindi anche dei collaboratori di giustizia, devono essere valutate unitamente agli altri elementi di prova che ne confermano l'attendibilità La giurisprudenza, formata da diverse sentenze, anche della Corte di Cassazione, ha ribadito che gli altri elementi di prova possono essere le dichiarazioni di altri collaboranti. Da questo nasce il principio del valore probatorio delle dichiarazioni incrociate dei pentiti, & Sotto: blitz contro il quartiere controllato dalla camorra

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