«Quella notte a casa Letta»,»»

« «Quella notte a casa Letta»,»» «Ma è stato Bossi a salvare la Bicamerale» IL voto leghista? Invece di affossare la Bicamerale favorisce l'intesa. La cena a casa Letta? Errore di immagine, ma «inevitabile» e senza «pasticci». Il treno delle riforme? Grazie a cinque mesi di lavoro è ormai partito. La «grande occasione» è a portata di mano. E Massimo D'Alema, leader della Quercia, racconta nelle 165 pagine del suo ultimo libro («La grande occasione. L'Italia verso le riforme», curato da Gianni Cuperlo e pubblicato da Mondadori), gli «inizi di una piccola storia che si concluderà nel nuovo mlltenilid». ' * Il Cavaliere viene citato in 27 pagine (ma ^osserva D'Alema - il leader di Fòlfta'Ttalia «rischiti1 di giocarsi il prestigio acquisito nella Bicamerale; com'è possibile che un leader politico, uno statista, impieghi il proprio tempo ad aggredire i giudici?»); venti volte Gianfranco Fini. Solo sette i riferimenti a Prodi. Non c'è Giovanni Paolo n, ma Carlo Maria Martini, arcivescovo di Milano, che richiama a una «etica civile condivisa». E, tra i «padri della patria», indica Camillo Benso conte di Cavour: nemmeno lui - sottolinea - imboccò la strada «perdente» del federalismo: «Magari le cose sarebbero andate diversamente se lo Stato italiano unitario fosse stata una creatura lombarda anziché sabauda. Ma la storia, come è noto, non canunina all'indietro...». QUEUA NOTTI A CASA IOTA. «Mangiammo fusilli ai funghi e vitello tonnato, ma soprattutto discutemmo a lungo delle riforme da fare e, alla fine, trovammo un accordo». Al numero uno del pds sta a cuore il «domani». Così, ricorda subito la cena a casa Letta, in cui venne sancito l'accordo tra Polo e Ulivo sulle riforme. «L'incontro era stato preparato. C'era stato un lavoro preliminare, coordinato in parte da Salvi, in parte da Mattarella, Nania e Tatarella. C'erano stati altri incontri riservati, specialmente uno al Senato che non aveva suscitato scalpore». Quel vertice segreto - riconosce - fu un «errore di immagine», ma «necessario»: «In politica come nella vita a volte gli incontri "riservati" sono necessari: quando le decisioni non sono ancora ben definite, per discutere i dettagli di un progetto, per confidarsi qualche legittimo segreto». IL GMMULIflA COI MOTORINO. D'Alema rivela anche che la cena stava per saltare. Colpa dei giornalisti... «Di incontri ve ne erano stati altri, alcuni rimasti "coperti". Quel giorno (18 giugno), lasciata la Camera, Salvi mi condusse a casa sua. Quando uscimmo ad attenderci, fuori dal portone c'era Augusto Minzolini, un abile giornalista parlamentare della Stampa. «Minzolini stava lì, sotto casa di Salvi, sul suo motorino e aspettava le nostre mosse. Decidemmo così di salire su due mac- chine diverse: Salvi andò da Letta, mentre Minzolini, forse in ossequio alla gerarchia, seguì me. Io dapprima mi avviai verso ponte Milvio, poi invertii ingenuamente la direzione di marcia, come se volessi andare a casa. A quel punto Minzolini intuì che qualcosa non quadrava e puntò decisamente verso la Camilluccia, destinazione casa Letta, dove peraltro pare vi fosse già un nugolo di colleghi. Confesso di aver avuto per un momento la tentazione di tornarmene a casa. Alla fine, pur consapevole di ciò che avrebbero scritto i giornali il giorno dopo, mi diressi verso il luogo dell'appuntamento». BOSSI, IL CAPO TRIBÙ'. Il presidente della Bicamerale ricorda l'incontro con la delegazione leghista formata da Bossi e Maroni. «Un dialogo tra sordi. Parlavamo due linguaggi totalmente diversi. Non gli interessava affatto il confronto sulle riforme, voleva soltanto occupare uno spazio, marcare il territorio. Non avevo di fronte il leader di una forza politica rappresentata in Parlamento, ma il capo di una tribù straniera che veniva a trattare con Roma; era scontroso, in preda a un cupo isolamento estremista. La sua era un'incursione piratesca, non gli importavano affatto gli esiti del dibattito sul federalismo. Ebbi la netta sensazione che considerassero la Bicamerale un'occasione buona solo per fare della propaganda». IL BOOMERANG DEL SENA1UL «Il voto della Lega in Bicamerale provocò il risultato opposto a quello auspicato da Bossi. Da quel momento la Bicamerale si stabilì su basi più forti, crebbe il senso di responsabilità e si affermò finalmente, un vero spirito costituente. Da quel momento presegue D'Alema - Gianfranco Fini, che più di altri era stato riluttante a prendere posto nella sala della regina, si convinse che bisognava lavorare per il buone esito della commissione. Il "brillante" risultato della iniziativa di Bossi: vincolare la destra al destino della Bicamerale». PILO, IL MIOPI Dicono che sia stato Gianni Pilo a convincere Berlusconi che il doppio turno uninominale avrebbe penalizzato il Polo. «Calcoli miopi - commenta D'Alema -, che valgono lo spazio di un sondaggio e che non permettono di capire che la riforma delle istituzioni non si fa con il pallottoliere». BERTINOTTI ATTENTO. «La verità - incalza il segretario della Quercia - è che, con il doppio turno, Berlusconi avrebbe vinto comunque le elezioni del '94, ma avrebbe potuto governare anche senza la Lega. Allo stesso modo, due anni dopo, l'Ulivo avrebbe disposto di una maggioranza parlamentare autonoma da Rifondazione. E per la democrazia italiana sarebbe stato un bene». Puntualizzazione, a scanso di equivoci: «Non lo dico perché preferisco un governo Prodi senza Bertinotti, ma perché considero più conveniente per il Paese una maggioranza di governo omogena e autosufficiente, lasciando a Bertinotti la libertà di decidere se farne parte op- pure no. Ciò che non è accettabile ò la possibilità di stare con un piede dentro e uno fuori». IL CANDIDATO Di PIETRO. «La candidatura di Antonio Di Pietro ho tutto il diritto di considerarla un risultato positivo e importante», sostiene D'Alema. «Lo scalpore suscitato dalla notizia si è tradotto in obiezioni di opportunità, metodo e sostanza. Critiche che non ho condiviso, in primo luogo perché non ho condiviso la premessa dalla quale muovevano. Antonio Di Pietro è stato un magistrato capace e coraggioso che si ò assunto lo proprie responsabilità e ha contribuito, in quella veste, a migliorare il nostro Paese. Conclusa quella esperienza è divenuto un protagonista della vita pubblica, un soggetto politico depo- sitano della fiducia e della stima di milioni di italiani». LA SINISTRA SCHIZZINOSA. Il leader pds se la prende con «la filosofia da salotto di una certa sinistra aristocratica e snob, per la quale il fatto stesso di governare ha in sé qualcosa di immorale». La stessa «schizzinosità» D'Alema rimprovera ai detrattori di Di Pietro. «Adesso ce l'hanno con lui, un estraneo, dicono, denunciando il trasformismo del ministro dell'Ulivo che diventa candidato dell'Ulivo. Ma se gli avessimo rifiutato'la candidatura, avrebbero gridato contro il nostro patto segreto con Berlusconi alle spalle dei magistrati coraggiosi»'. DOSSETTI, IL RIFORMATORE. L'incontro di D'Alema con padre Giuseppe Dossetti avviene nel settembre '96. «Ciò che mi impressionò maggiormente - scrive il segretario pds - fu che l'uomo nel cui nome si formavano i Comitati di difesa della Costituzione aveva un'idea moderna e riformatrice del problema istituzionale. Mi disse che mettere mano alla riforma costituzionale e attuarla in chiave democratica era una condizione indispensabile per evitare gravi degenerazioni della vita nazionale, per consolidare la funzione di governo dell'Ulivo, e affermarne il ruolo di guida del processo di transizione». L'incontro tra cattolici democratici e la sinistra lo appassionava; «l'idea stessa dell'Ulivo corrispondeva a una sua ispirazione e a una sua visione molto profonda. Ho saputo successivamente che l'eco di quella nostra conversazione fu molto positiva. Forse, ebbe anche l'effetto di incoraggiare tra i popolari posizioni più innovative». IL SAGGIO LITTA, LE RIVALSE DI «TITTI». Gli incontri, i personaggi e «voti» di D'Alema. Gianni Letta? «Un moderato tutto d'un pezzo - sostiene -, intelligente, cortese nei modi. Non appartiene al novero dei "cattivi consiglieri" (di Berlusconi, ndr). E' persona saggia... un uomo di grande lealtà». Franco Marini? «La linea intelligente e dinamica adottata dal ppi ha dato un notevole apporto al successo della sfida riformatrice». Marco Boato, relatore sui problemi della Giustizia? «Persona limpida, corretta... politico animato da una sincera cultura garantista». Tiziana Parenti? «Non sembra una persona serena: si ha l'impressione che vi siano in lei sentimenti di rivalsa, rancori, ferite ancora aperte». LA DEDKA AL PADRE. Infine, con la dedica del libro, un omaggio alle radici. «A Giuseppe D'Alema, mio padre, che per la Costituzione del 1948 combattè, ma che avrebbe vissuto con animo aperto anche la stagione della sua riforma. Mi sono mancati i suoi consigli, i suoi rimproveri, il suo affetto». Mario Tortello Il vertice segreto? «Errore d'immagine ma necessario Ce n'è stato un altro al Senato senza fare scalpori» «Con la Lega solo dialogo fra sordi» Il Senatùr? «Il capo di una tribù straniera che veniva a trattare con Roma» «Nemmeno Cavour sposò il federalismo Per fortuna l'Italia l'hanno fatta i sabaudi e non i lumbard» «Dopo l'incontro tra me e Dossetti il ppi assunse posizioni più coraggiose» «Col doppio turno oggi l'Ulivo governerebbe senza aver bisogno di Rifondazione» A sinistra Gianni Letta di Forza Italia A destra il segretario della Lega Nord Umberto Bossi

Luoghi citati: Italia, Milano, Roma