« Basta parole ora passiamo ai fatti»

Pavia rimpiazza Mantova come sede del nuovo Parlamento, «ma la capitale è Venezia» « Basta parole, ora passiamo ai fatti» Pavia rimpiazza Mantova come sede del nuovo Parlamento, «ma la capitale è Venezia» IlSenatùr: 10 milioni al voto. E il popolo deciderà PONTE DI LEGNO DAL NOSTRO INVIATO «Dalle parole, adesso si passa ai fatti», promette Umberto Bossi, mentre infila le valigie nella Croma azzurra del fido Aurelio. «Sì, solo fatti», ripete prima di lasciare Ponte di Legno, a un passo dal Tonale, dove ha trascorso le vacanze. In mente, un solo obiettivo: le prime elezioni padane, quelle del 26 ottobre. Ha visto cosa scrive il presidente Mancino? Ha visto, che polemiche? Umberto Bossi non si lascia sfuggire l'occasione, per annunciare che niente fermerà il voto: «Quelle elezioni le vuole il popolo. E il popolo non lo ferma né i carabinieri, né gli accordi tra RomaPolo e Roma-Ulivo». Di più. Il segretario della Lega non è disposto ad arretrare di un millimetro. Giura: «Quanto più sarà oppressivo il muro che cercheranno di alzare per impedire le elezioni, tanto più forte sarà la risposta del popolo padano». E allora non si toccano i 27 mila gazebi che il 26 ottobre saranno dislocati per tutto il Nord, dalla Val d'Aosta al Triveneto, dalle Marche alla Toscana. Almeno settantamila gli addetti, tutti volontari e non retribuiti. Uno sforzo immane, ancora maggiore del referendum sulla secessione, quello del 25 maggio, quello dei 4 milioni di voti. «Ma il 26 ottobre saremo in 10 milioni», sogna Bossi. E nel suo sogno c'è che ogni maggiorenne del Nord, carta di identità alla mano, si infili nel gazebo della sua provincia per mettere una croce su una delle tante Uste sulla scheda. Quante? Nessuno lo sa, ancora. Per presentare i raggruppamenti c'è tempo fino all' 11 settembre. Nelle elezioni del 26 ottobre saranno presenti, su diversi schieramenti, i maggiori leader della Lega. Tranne Bossi, che ha deciso di tenere per sé il ruolo di «ambasciatore» a Roma. Ma chi crede che le elezioni padane siano il primo sintomo delle divisioni, si sbaglia. «La prima battaglia è quella della libertà della Padania e il primo tassello sono queste elezioni costituenti. Su questo siamo tutti d'accordo. Oramai la legalità italiana è insoddisfacente», giura Marco Formentini, uno dei candidati alle elezioni. E Bossi, che annuncia di non voler fare campagna elettorale, si lascia scappare un impegno solo per qualche co- mizio «ma solo su temi che uniscano la Padania». Lascia agli altri il compito di preparare le uste. Tra quelle certe c'è la liberale con Vito Gnutti, la cattolica di Giuseppe Leoni e quella laborista di Marco Formentini. Seguono naturalmente, come ogni elezione che si rispetti, altri raggruppamenti minori. Dai «verdi» di Erminio Boso, che vorrebbe mettere insieme ambientalisti e cacciatori, ecologisti e pescatori, ai rappresentanti del sindacato padano che vorrebbero una Usta a sé, la più vicina ai lavoratori. Dalle elezioni dovrebbe uscire il nuovo Parlamento, destinato alla sede di Pavia e non più a Mantova, e il nuovo governo che ha sede a Venezia, «la capitale della Padania, Venezia», come tiene a precisare Umberto Bossi. Che da qui al 26 ottobre, aU'ufficializzazione della Padania con i suoi parlamentari e con i suoi ministri, non vede ostacoli. Nemmeno la Chiesa, bersaglio di una feroce polemica d'agosto. Umberto Bossi ribadisce per filo e per segno: «Il sostegno dato a Solidarnosc diversi anni fa si intreccia con la caduta di una banca che ha avuto un ruolo fondamentale. Allora, dobbiamo capirci: se la Chiesa vuol fare politica in questo modo, tenendo lo Stato così com'è, allora la gente, soprattutto il popolo padano, perderà anche il poco affetto che è rimasto. I padani non credono più ai teatrini». Non lo dice apertamente, ma tra quei teatrini in cui infila pure il vicepresidente Veltroni, Umberto Bossi vede pure la Bicamerale. «Siamo a Roma condannati ad essere legati al sistema politico italiano», ripete pure alle telecamere del «Tg3». Ma Roma «ladrona» questa volta è anche il terreno per altri spazi. Umberto Bossi non lo nega: «Siamo a Roma condannati con un ruolo di trattativa, ci sono gli emendamenti e la Bicamerale è il luogo dove si dovrà trattare». Fabio Potetti All'ex sindaco di Milano Marco Formentini - che guiderà la lista dei laboristi padani - l'accostamento al premier inglese Tony Blair non dispiace affatto. Spiega: «Il nostro raggruppamento fa riferimento a una sinistra democratica ed europea. Ma non crediamo a una sinistra massimalista». E allora cade a fagiolo l'accostamento con il premier britannico, che ha stravinto le ultime elezioni: «Sì, ci piace Tony Blair. Come lui vogliamo un laborismo moderno che lotti contro i privilegi. Se i conservatori pensano più alla produzione, noi invece preferiamo guardare alla distribuzione e agli aspetti sociali». [f. poi.] Prima di far conoscere la sua lista cattolica, Giuseppe Leoni deve far dimenticare ogni riferimento alla vecchia de. Per evitarne anche solo il fantasma, Leoni ha misurato le parole una per una: «Nel nostro nome, abbiamo evitato di usare la definizione "cristiano". Siamo cattolici e basta, non c'entriamo con altri partiti che si sono detti cattolici». Appunto, la de. Ma la battaglia che promette di dare Leoni è su temi che non sembrano affatto nuovi: «Ci interessa la famiglia, la difesa della vita, quella della proprietà. E il lavoro. Come cattolici non possiamo che essere sensibili a certe problematiche», [f. poi.] Per il centro destra, ma lui preferisce la definizione di liberali, c'è Vito Gnutti. «La nostra non sarà la lista dei padroni», mette le mani avanti. Quasi a voler far dimenticare gli schieramenti dell'altra Repubblica, quella italiana. «Siamo per la libertà del mercato, ci rifacciamo ai vecchi pensieri liberali», annuncia. Anche lui guarda Oltremanica, ma non solo: «Non mi dispiace quello che ha fatto John Major. Ma se proprio vogliamo trovare degli accostamenti vanno bene pure i repubblicani Usa». L'importante è «non tirare in ballo Margaret Thatcher, lei non mi è mai piaciuta», [f. poi.] PROGRAMMI DEI TRE CANDIDATI FORMENTINI «Mi ispiro a Blair» LEONI «Siamo solo cattolici» GNUTTI «Noi come i liberali»