Il ritorno dello Filibusta

Estero Le autorità internazionali: «Fenomeno fuori controllo, bisogna agire subito» Il ritorno dello Filibusta Nel mondo cento arrembaggi nel '97 I PIRATI ML DUEMILA NEW YORK NOSTRO SERVIZIO Ian Baxter e Sally Forest erano innamoratissimi a Cardiff. Si erano conosciuti in un giorno di pioggia, quando una raffica di vento aveva distrutto l'ombrello di Sally e Ian, che stava passando proprio in quel momento, le aveva offerto riparo sotto il suo. Avevano subito scoperto di avere un'infinità di cose in comune, e fra queste c'era anche una grande passione per il mare. Così, quando nel maggio scorso avevano deciso di «mettersi insieme», il modo migliore per celebrare la cosa era sembrato a tutti e due quello di concedersi una bella vacanza lontano dal loro piovoso Galles, in uno di quei posti dove il sole splende sempre, o quasi, e dove il mare è di un azzurro da mettersi a urlare. Così erano partiti per Corfù, avevano affittato un 10 metri e avevano preso a navigare senza meta, perduti nel loro amore e nel senso di libertà che solo il mare sa darti. Il loro errore è stato di dirigersi a Nord. Howard Craddock, l'uomo che aveva affittato loro la barca, li aveva consigliati di andare verso Sud perché era «più sicuro». Ma loro non erano stati a sentirlo e non avevano avuto ragione di pentirsene, fino al momento in cui all'orizzonte appare un battello velocissimo che punta direttamente verso di loro. A bordo ci sono quattro uomini, tutti armati. Due di loro saltano sulla barca di Ian e Sally e mentre uno prende il timone l'altro li tiene a bada con il suo mitra. Le due imbarcazioni si dirigono insieme verso la costa albanese e si infilano in una piccola baia deserta. Ian e Sally sono terrorizzati, pensano al peggio, ma la loro è una storia senza finale tragico. «Hanno rubato tutto», racconterà più tardi Howard Craddock. «Il denaro, i bagagli, le carte di credito e tutto ciò che c'era di asportabile nella mia barca. Ma a loro non hanno fatto nulla. Tanto che quando quelli se ne sono andati sono riusciti a ripartire e a tornare a Corfù, ancora spaventatissimi. Non avevano la minima idea che i pirati esistessero ancora». E non erano i soli. Non era forse quello della pirateria un fenomeno estinto? Non erano stati, i famosi filibustieri dei Caraibi, spazzati via all'inizio del XIX secolo - dopo che inglesi, spagnoli e francesi avevano finito di farsi la guerra e quindi loro non facevano più comodo a nessuno - e relegati nei racconti di avventure? Proprio per niente, dice l'International Maritime Bureau, l'istituto che li tiene d'occhio e che cerca di combatterli con scarsissimo profitto. Anzi, negli ultimi anni sono andati aumentando. Il monitoraggio delle loro gesta non è facile e la reale ampiezza del fenomeno non la conosce nessuno perché molte loro vittime, meno fortunate di Ian e Sally, semplicemente scompaiono nel nulla. Ma le cifre ufficiali, cioè quelle degli episodi che hanno avuto la possibilità di essere denunciati, indicano chiaramente il movimento verso l'alto. Quaranta assalti nel 1994, cinquantotto nel 1995, una settantina l'anno scorso e quasi cento nella prima parte di quest'anno. I pirati moderni non viaggiano più sui velieri, naturalmente, ma su navi ben attrezzate e molto veloci, le scimitarre sono state sostituite dalle mitragliatrici e la loro crudeltà può darsi che non raggiunga i livelli leggendari di Edward Teach, più noto come Barbanera, che strappava le orecchie ai propri prigionieri e poi li costringeva a mangiarle. Ma anche loro non scherzano quando abbandonano alla deriva le navi che assaltano, con gli equipaggi legati e destinati a morire annegati, se la nave finisce per affondare, o di fame se nessuno li avvista in tempo. Le loro roccaforti sono nel Sud-Est asiatico, dove nella miriade di isole e isolette delle Filippine e dell'Indonesia non hanno difficoltà a nascondersi; le coste della Somalia, che nessuno si cura di controllare, e più recentemente quelle dell'Albania, da dove partono per compiere le loro scorribande nel mare della Grecia, sempre ricco di turisti. In genere, il primo passo che fa di questi uomini dei pirati è simile a quello che si trova nelle biografie di quelli del passato. Si tratta cioè di pescatori impoveriti che a un certo punto decidono di mettere a profitto l'unica risorsa di cui dispongono - la conoscenza del mare rubando un'imbarcazione e dandosi alle razzie. La differenza sta nel fatto che i pirati di oggi non hanno bisogno di trasformarsi in «potenze», come era appunto Barbanera, che al massimo del suo splendore possedeva un'intera flotta, perché i loro potenziali bersagli sono estremamente facili da prendere. Grazie alla tecnologia, infatti, ormai ci sono navi anche molto grandi per le quali basta un equipaggio di una decina di uomini, del tutto inadeguati a fronteggiare un assalto. Poi, a rendere quei bersagli ancora più indifesi, ci sono le ragioni economico-politiche. Molte compagnie di trasporto marittimo, come si sa, ricorrono alle «bandiere ombra» per ragioni fiscali. E la legge secondo cui il compito di proteggere le navi in acque internazionali spetta al Paese di cui battono la bandiera costituisce praticamente una sorta di licenza di assalto ai pirati. E' difficile infatti immaginare Panama o la Liberia, i due maggiori fornitori di bandiere ombra, spedire le loro navi da guerra, se ne hanno, a controllare i mari di tutto il mondo. Certo, volendo ci sarebbero le navi delle grandi e medie potenze che con un po' di coordinamento potrebbero stabilire una sistema di pattugliamento capace di tenere sotto controllo tutti i mari. Ma le loro flotte, per ragioni di bilancio, si fanno sempre più piccole, le loro priorità sono sempre altre e le pressioni che ricevono non sono in fondo molto forti. Le compagnie di assicurazione, che pagano per i carichi di merce perduti e che dovrebbero essere le più interessate ai mari sicuri, in realtà non lo sono molto perché nonostante l'aumento di cui si diceva i moderni pirati non costituiscono an- cora un danno economico sufficientemente rilevante per mettere in piedi una «campagna». Conclusione: la cosa più concreta che si è vista finora è stata una lista di istruzioni fornita dalla Marina americana su come far fronte a un attacco. Mantenere il ponte sempre illuminato, dice la lista, e gli idranti antincendio sempre pronti all'uso perché i getti d'acqua possono essere molto efficaci per ributtare i pirati a mare. Ma se nonostante ciò quelli riescono a salire, dice il consiglio finale, è meglio fare come i piloti degli aerei di fronte ai dirottatori: non opporre nessuna resistenza. «Ci sono stati tìasi dice Andrew Lininghton portavoce dell'Internatonal Maritime Bureau - di navi attaccate con granate1 e perfino con missili, e tremo all'idea di cosa possa accadere se un attacco del genere viene lanciato contro una petroliera da duecentocinquantamila tonnellate. Prima o poi succederà. E allora sì che qualche provvedimento verrà preso». Franco Pantarelli Il Sud Est asiatico le coste somale ma anche l'Albania fra i santuari dei nuovi Barbanera Le marine occidentali non si impegnano a difendere le navi che battono bandiere ombra Un pericolo per i mercantili (che oggi viaggiano con micro equipaggi) e le barche dei turisti Un'immagine dell'antica pirateria In alto il mare di Grecia e qui accanto Sandokan

Persone citate: Andrew Lininghton, Barbanera, Baxter, Edward Teach, Franco Pantarelli, Howard Craddock, Sally Forest