Decifrati i lampi gamma

Decifrati i lampi gamma Decifrati i lampi gamma Un successo del satellite italiano «Beppo-Sax» SOSTENEVA Gianni Brera, giornalista sportivo tra i più amati dalla mia generazione, che la nazionale da calcio è obbligata al catenaccio in quanto, dopo secoli di malnutrizione, l'Italia non sarebbe in grado di esprimere attaccanti con le capacità di sfondamento necessarie. Mi è sempre sembrata solo una leggenda suggestiva, in ogni caso molto più innocua di quella che vuole gli italiani versati nell'effimero ma poco dotati nella ricerca scientifica, per natura e per capacità organizzativa. Sono quindi molto contento di illustrare un «caso di successo» della nostra ricerca, convinto che un esempio valga ben più di dieci falsi teoremi. Si tratta dei risultati ottenuti nella prima metà dell'anno dal satellite italo-olandese «Sax» (Satellite per Astronomia X) in orbita dal 1996, ribattezzato Beppo-Sax in onore di Giuseppe Occhialini, un protagonista della fisica di questo secolo. I risultati del team guidato da Enrico Costa, dell'Istituto di fisica spaziale del Cnr (con Filippo Frontera di Ferrara, John Heise di Utrecht, Luigi Piro del Cnr di Frascati e altri quattordici ricercatori in prevalenza italiani) sono rimbalzati su autorevoli riviste scientifiche, da «Nature» a «Physics Today» a «Scientific American», e hanno segnato una vera e propria rivoluzione nel campo dell'astronomia fatta osservando il cielo nei raggi X. Per capire di che si tratta dobbiamo fare un passo indietro di 25 anni, quando il Dipartimento della Difesa degli Usa, preoccupato di possibili test nucleari sovietici nello spazio, lanciava una serie di satelliti capaci di rivelare flash di raggi gamma provenienti da orbite terrestri (i raggi gamma sono radiazione elettromagnetica di altissima frequenza emessa nelle reazioni nucleari; per confronto, ricordo che i raggi X sono emessi dagli elettroni più interni degli atomi, la luce visibile dagli elettroni esterni). Quei satelliti rivelarono, in effetti, segnali gamma di breve durata, da un millesimo a qualche decina di secondi, che tuttavia non sembravano provenire dai dintorni della Terra ma dallo spazio esterno al sistema solare. Nel 1973 gli scienziati concludevano che si trattava di un fenomeno del tutto nuovo e iniziava un'indagine in grande stile: cosa produce i flash di raggi gamma (Grb: Gamma Ray Bursts) e dove sono le loro sorgenti? Lanciato nel 1991, il satellite «Compton» osservava numerosi Grb, circa mille in un anno, con una distribuzione uniforme in tutte le direzioni. Per le sorgenti, restavano aperte due possibilità. Una localizzazione nei dintorni della Galassia, in un alone molto esteso, oppure una distribuzione uniforme nel cosmo, con distanze superiori al miliardo di anni luce. Il dibattito tra le due scuole di pensiero è stato lungo e accanito. Nel primo caso la causa dei Grb poteva essere un sommovimento all'interno di oggetti stellari invisibili, ad esempio stelle di neutroni. Ma nel secondo caso, data la distanza molto superiore, si doveva trattare di un'emissione di energia di dimensio¬ ni veramente cosmiche, dell'ordine di energia emessa dal Sole in miliardi di anni ma concentrata in un lampo della durata tipica di un secondo. Per decidere, occorreva individuare fisicamente la sorgente dei Grb, cosa impossibile per la scarsa direzionalità degli strumenti a bordo di «Compton», che non permettevano di orientare efficacemente i telescopi ottici verso il Grb e di cogliere il colpevole sul fatto, con la pistola fumante, come dicono gli americani. E' quanto è stato possibile fare, invece, con la strumentazione sofisticata di Beppo-Sax e con una organizzazione perfetta. Il segnale più completo si è avuto l'8 maggio scorso. La camera di bordo segnalava un Grb e registrava i dati, che venivano trasmessi a terra al passaggio su Malindi; di qui venivano inviati a Nuova Telespazio (Roma) via Intelsat. Il team, in allerta 24 ore su 24, decideva di orientare il satellite in modo da inquadrare la regione del Grb con le camere a raggi X di alta precisione. Le camere registravano una sorgente X variabile e ne mdividuavano la regione di provenienza con la precisione di 3 primi d'arco. Tutte queste operazioni si sono svolte in sole 8 ore e hanno permesso a diversi telescopi ottici (a Monte Palomar, alle Canarie, alle Hawaii) e al radiotelescopio Via del Nuovo Messico di individuare una sorgente di lummosità variabile, che raggiungeva un massimo dopo due giorni per poi decadere lentamente. E' stato anche possibile, con il telescopio delle Hawaii, ottenere uno spettro ottico della sorgente e mostrare che aldilà di ogni dubbio, la sorgente dista almeno un miliardo di anni luce. Per dirla con «Physics Today»: «All'improvviso la lunga discussione è finita. Le sorgenti dei Grb vivono effettivamente a metà strada tra noi e le frontiere del cosmo. Adesso sappiamo che, per un istante, sono gli oggetti più luminosi dell'universo». Che cosa può produrre una catastrofe cosmica di queste dimensioni? L'ipotesi più plausibile al momento è quella di due stelle di neutroni che cadono una dentro l'altra e di una stella di neutroni che viene inghiottita, in un sòl colpo, da un buco nero. La strada, comunque, è aperta per uno studio di precisione. In un anno, con molti eventi in più (a Sax dovrebbe affiancarsi un nuovo satellite Nasa, Xte, intitolato a un altro grande scienziato italiano, Bruno Rossi) sarà possibile farsi un'idea più precisa. Due commenti per finire. Costruire Beppo-Sax non è stato facile, tra i tagli di bilancio e l'opposizione di alcuni ambienti accademici. La fortuna ha giocato un ruolo importante (altri due satelliti, uno americano e uno russo, destinati allo studio dei raggi X, non sono arrivati in orbita). Alla-fine la lungimiranza del progetto, il livello tecnologico e la solidità della scuola italiana hanno permesso di cogliere un successo che resterà nei manuali di astronomia. Per il futuro sono in costruzione due grandi rivelatori di onde gravitazionali, perturbazioni dello spazio-tempo, che dovrebbero prodursi in gran copia nelle catastrofi cosmiche di cui abbiamo parlato. Si tratta degli interferometri «Virgo», costruiti a Cascine (Pisa) da una collaborazione tra Infn e Cnrs francese, e «Ligo», costruito negli Usa dalla National Science Foundation. A partire dal 2000 questi strumenti potrebbero osservare diversi eventi l'anno associati ai Grb prodotti entro qualche centinaio di milioni di anni luce. Le osser vazioni di Beppo-Sax non sono solo il punto di arrivo di 25 anni di ricerca: potrebbero segnare l'avvio di una esplorazione del cosmo con un metodo rivoluzionario e con prospettive che solo adesso cominciano a delinearsi in tutta la loro portata. Luciano Maiani Università di Roma «La Sapienza» Presidente dell'Istituto nazionale di fisica nucleare

Persone citate: Bruno Rossi, Enrico Costa, Ferrara, Filippo Frontera, Gamma Ray Bursts, Gianni Brera, Giuseppe Occhialini, John Heise, Luciano Maiani, Luigi Piro