VOCI, CONFINI, INVERNI COM'È' ASPRA LA VERITÀ' di Giovanni Tesio

VOCI, CONFINI, INVERNI COM'È' ASPRA LA VERITÀ' VOCI, CONFINI, INVERNI COM'È' ASPRA LA VERITÀ' Consonni, Grisoni, Loi: canzonieri in dialetto E non basteranno a vincere la diffidenza che ancora qualcuno mantiene nei confronti della poesia in dialetto, certo bastano a fare la feliticà poetica di un'intera stagione i tre canzonieri che Giancarlo Consonni, Franca Grisoni e Franco Loi hanno pubblicato quasi contemporaneamente, scavalcando gli steccati del piacevole e del consumabile. Se c'è una comune lezione, essa varrà a confermare che la poesia - poco importa che sia dialettale o no - non è mai se non asprezza. Consonni, mi poeta cinquantaquattrenne che scrive prevalentemente nel dialetto senza scrittura di Verderio Inferiore, un paese della provincia comasca, pubblica il suo quarto libro poetico, Vùs, e Cesare Segre parla nel risvolto di silenzi in cui si accendono epifanie. Voci d'orto che «rampéghen l'aria», che «erpicano l'aria», come vuole la traduzione italiana a fronte in un ponte metaforico che fa meraviglia. Voci recuperate alla radice di una campagna che non c'è più, presenze acustiche (soprattutto di animali) trasformate in emblemi. Anche quan- vus Giancarlo Consonni Einaudi pp. 153. L 18.000 DE CHI' Franca Grisoni All'insegna del pesce d'oro pp. 93. L. 15.000 VERNA Franco Loi Empirìa pp. 67, L 20.000 BERTOLUCCI ÌA SERA DEI RICORDI RICORDARE è un esercizio proustiano. Un devoto della Recherche, ancor più fedelissimo in quanto parmigiano, come Attilio Bertolucci poteva sottrarsi all'interrogante memoria? E così si sono succeduti i dialoghi con Paolo Lagazzi, ora raccolti per i tipi di Guanda, All'improvviso ricordando (pp. 152, L. 24.000). E' un circolo la vita di Bertolucci, del signore che ha modellato La camera da letto. Le radici, il viaggio necessario (Roma), il ritorno, alle radici, a Casarola, sull'Appennino, dov'è «la casa fondamentale. Qui (il poeta e l'inseparabile Ninetta, ndr) abbiamo rapporti con la gente, conosciamo tutti: ci interessa se uno si è sposato, se uno è morto... Mentre non ci interessa la gente che sta nel nostro condominio di Roma». Le conversazioni sono anche (o soprattutto) una galleria di volti, molti noti, moltissimi seppiati, sottratti per un attimo all'ombra. Dal «bravissimo poeta dialettale e uomo religioso» Renzo Pezzani («Come si sarebbe potuto dire, allora, a Parma, che era un gay, per di più portato a violentare?») a Pietrino Bianchi, suadentissima voce da caffè («Era una tale sirena»). Galleria a sé, i poeti «laureati». Ungaretti più di Montale (che «non era moderno»): «Il Montale che mi è sempre piaciuto di più è quello degli Ossi di seppia. Ma Ungaretti mi piaceva moltissimo, tutto: anche // dolore». E, fuori porta, Eliot, di cui lo ha affascinato «la possibilità di una lingua poetica capace di accogliere la tradizione e la vita contemporanea, il passo della sacra rappresentazione e i sali dell'ironia». Ma la vera musa di Bertolucci è e resta Parma, con buona pace dell'invito arbasiniano di sconfinare a Chiasso («In realtà io riuscivo a trovare tutti i libri giusti (...). C'era poi un'edicola che esponeva sempre la "NRF"»). Echi della giovinezza, mentre avanza la sera, come in una lirica di La lucertola: «Una sera dopo una giornata / troppo bella d'ottobre in un albergo / decaduto di Parma in cui / non accendono / profittando di questa luce incerta». Attilio Bertolucci Bruno Quaranta Attilio Bertolucci do il mondo rustico si trasforma in racconto la fabula non è più che un indizio, il segno di uno sviluppo scorciato in lirismo. Sono sempre pochi i tratti bastanti a delineare un correlativo che rinvia ad altro: ciò che accade specialmente nella seconda parte del libro, quando il teatro si sposta dalla campagna di Verderio a Milano. In un mondo abitato prevalentemente da voci di uomini, ogni voce ha il marchio dell'origine e mescola al lirismo del disagio l'infinita resistenza di un'antica saggezza da epigramma. Vicinissima per brevità alla misura di Consonni è la poesia di Franca Grisoni, che scrive nel dialetto di Sirmione e che è giunta al suo quinto libro, 0 cui titolo, De chi, indica subito la natura geometrica e confinaria: il di qui e il di là, l'acqua e la pietra, la crepa e il confine, la luce e il buio, la gioia e il tremore, l'aperto e il chiuso, il dentro e il fuori, il dove e l'altrove, il passato e il futuro, le radici e il vento, il centro e «1 rest enturen» (il resto intorno), il saputo e il non saputo, il nascosto e il rivelato, l'identico e il separato. E' una poesia di esplorazione e di ricerca, che pretende dal suo lettore un'attenzione lenticolare, perché solo così, dietro la catena religiosa dei suoi tanti anelli, può rivelarsi a tratti nell'evidenza drammatica e musicalmente franta di un amore capace di mantenere il suo grumo di segreto: «Le lice dei to vers / te te me 'mpienet / e tòt, tera e ciel / te te me freghet: / te te set tòt te, / lòc padrù del tep / te a te istes / e tòt 'ndel moment / e ocur mia creder: / se vet chèl che se vet» (Le orecchie dei tuoi suoni tu mi riempi e tutto, terra e cielo tu freghi me : tu sei tutto tu, luogo padrone del tempo te a te uguale e tutto nel momento e non occorre credere: si vede quel che si vede). Per Franco Loi i libri sono ormai molti e l'ultimo, L'angel, pubblicato da Mondadori nel '94, è stato anche un evento editoriale. Con Verna siamo al canto d'amore impetuoso di un io che dice subito la sua gioia d'innamorato peripatetico e libertario, ma che nello stesso tempo racconta la perdita di senso, l'inverno («verna») di una condizione, l'oblio di una scienza diventata vergogna: «Sì, mi di dònn, l'amur, quj sò mister, / tùsscoss me pias... Scultàj, tucàj, parlàgh... / Me pias quel mòrvid durraì ind i sò brasc, / senti i sò man...» (Sì, a me delle donne, l'amore, quei loro misteri, tutto mi piace... Ascoltarle, toccarle, parlargli... Mi piace quel morbido dormire tra le loro braccia, sentire le mani...). Franco Loi, in una foto tratta da «Luoghi poetici» (ed. Loggia de' Lanzi) Amore delle donne e amore della città diventano una cosa sola. E la perdita d'amore finisce nell'inferno di una Milano di gente senza storia che strappa al suo cantore l'ultimo insulto. Perfettamente in tono con gli originali esercizi di traduzione (da Orazio, Calderón de la Barca e Vicente Aleixandre), che costituiscono un «a parte» del tutto omogeneo. Tocca ad essi testimoniare il buio discapito di un mondo, in cui l'interrogazione, tuttavia, non cessa mai di mettere i suoi germogli. Giovanni Tesio TACS

Luoghi citati: Chiasso, Milano, Parma, Roma, Sirmione, Verderio Inferiore