Lettera allo scrittore

Lettera allo scrittore Lettera allo scrittore che domani compie 70 anni LA prima cosa che mi viene in mente in questo giorno del tuo anniversario, carissimo Guido, è una nostra — passeggiata sul ponte che sbocca su rue Saint-Jacques, qualche anno fa a Parigi. L'itinerario era quello di sempre: dall'Aquarius dove si andava a mangiare, poi lungo la Chiesa di Saint-Séverin fino a quella singolare conca battesimale, scrosciante d'acqua, che è piazza Saint-Sulpice. Ti obbligai a sostare sul ponte, perché i cieli parigini mi parvero ancora più verticali del solito, e gli alberi stessi erano come tirati verso l'alto, e le nuvole trascoloravano ma resistevano alla notte. Sulla Senna scivolava un'imbarcazione piena di lumi, un bateau-mouche silente. Scivolava come per viaggio iniziatico. Mi guardasti stupito, protestando dolcemente: non era più Paesaggio, quello. Non è Paesaggio, quando l'aria della metropoli taglia il respiro, e non dà che affanno. Anche questo è oggetto smarrito dei nostri desideri, è lutto che portiamo: abbiamo alle spalle la perdita del Paesaggio, come la perdita della Luce, e del Centro. Tutto questo esisteva wehemùtig lange her - malinconicamente molto tempo addietro: come mormora fra sé Lotte, che reincontra la figura statuaria di Goethe invecchiato in Thomas Mann. Tutto questo è già da tempo trasferito nell'Invisibile, dove il bello può esser custodito, preservato da assalti, santificato. Dove si apre come un secondo cielo parallelo: con i suoi soli, i suoi rannuvolamenti, la sua luce, le sue imbarcazioni. «In Nessun-Luogo, amata, mondo sarà se non interiormente»; in nessun luogo è visibile - se non riedificato nella mente - l'ergersi slanciato, grigio, del Duomo che Raiher Maria Rilke porta in salvo nell'Invisibile. Mi torna in mente l'episodio del ponte, caro Guido, perché ormai il paesaggio notturno della Senna vive non solo a Parigi, ma esiste come sdoppiato dentro di te, dentro i tuoi mondi paralleli. In questi tuoi mondi tu hai immagazzinato frammenti di bellezze, che non ti tocca guardare fugacemente e poi lasciare ma che ti sono sempre allato, e che si intravedono in te. Hai immagazzinato i poeti e i tragici che ami: Rilke, Verlaine, Kavafis, Leopardi, Edipo che s'appoggia a Antigone in Sofocle. Ci sono nelle tue cantine i Salmi 23, 16, 91. C'è la Fame di Vento del Qoholèt e il custode di Isaia che dice: «Il mattino che sta venendo è altra notte». Hai immagazzinato gli occhi tristi-spalancati dell'enorme Gilles di Watteau, e il mistico bue squartato di Rembrandt, quello del Louvre. Grazie a queste tue trasformazioni e traslochi e traduzioni da un posto all'altro e da una lingua all'altra, tu hai insegnato a leggere la prosa di Zola o di Celine così come un giorno l'hai trascritta, in un tuo libro: come poesie in versi, che hai offerto ai lettori sotto forma di inaspettati talismani. In questo tuo anniversario puoi esser fiero di tanto travasare, e sgobbare, e scavare nelle parole, nelle immagini. Precisamente questo è abitare poeticamente la terra. Precisamente questo fa dire a Rilke, nella settima elegia sull'Invisibile: Hiersein ist herrlich - Essere qui è magnifico. Siamo guatati dalla morte, questo si sa, e la morte spesso ruba quello che vorremmo fosse qui, con noi, ora. Neppure Orfeo sa richiamare Euridice con le sue musiche, che pure fanno gemere perfino le rive dei fiumi. Ma anche la morte e anche Euridice sono nel mondo parallelo di bellezze preservate. Qualche tempo fa mi hai detto, parlandomi di un'amata scomparsa: «E' rientrata». Per questo non ho mai creduto a chi vede in te un pessimista, o addirittura un nichilista. Dicono che tu vedi tutto nero, che non offri spiragli. Ma tu sai vedere quello che è nero, sai guardare quello che è male, hai l'arte difficile della Cono¬ scenza, della Gnosi, e opponi al Male la tua idea di luce, di scintilla, e di chiamata. Tu fai sforzi immani - come si sforzano solo gli adolescenti, o gli spirituali - e non ti abbandona il mito dell'immane battaglia delle Termopili. Ricordi Serse, come abbatte le sue forze poderose contro il regno più splendido di Grecia e contro i suoi uomini più valorosi? Leonida sa di fare una sortita contro la morte, eppure va: intrepida sentinella di una civiltà che produce tragedie e filosofia. I suoi soldati spartani «combattono con assoluto disprezzo della vita e come forsennati», prima di cadere. Sulle rocce, al termine della battaglia, si può leggere l'iscrizione: «Straniero, annunzia agli Spartani che qui giacciamo, obbedendo alle loro leggi». Difficile essere Leonida, e non tutte le epoche reclamano eroi armati. Ma sapere che si può esser chiamati: questo probabilmente conta. Esser preparati a un'eventuale chiamata: questo forse vale la pena costruire, con pazienza. Nel 1991, ricordo che ci fu tra noi due uno scambio di lettere sulla guerra del Golfo, in questo giornale. Il tema era il Tifone di Conrad, la tenuta e il coraggio del capitano McWhirr, la decisione estrema di non aggirare l'impaurente bufera ma di traversarla, in tutta semplicità. Ancora adesso sono convinta che McWhirr non sia l'eroe irraggiungibile che tu immaginavi. McWhirr non nasce coraggioso, ma lo diventa quasi suo malgrado, per abitudinario senso del servizio. Inizialmente ha anzi qualcosa di scialbo: non possiede alcuna distinta caratteristica di fermezza o stupidità, i presagi non significano nulla per lui. E' soltanto «comune, insensibile, e imperturbabile». La sua massima virtù non è l'eroismo. E' la fedeltà, e la passione del servizio. Per elli voglia prepararsi a questa virtù, Guido, tu sei di aiuto. Hai le tue armi, anche se ti presenti disarmato e non prediligi lo scontro, il dibattito, la disputa. Hai un tuo speciale e solitario eroismo, che vorrei chiamare: passione del servizio filologico. Tu ami il lògos, e lo vuoi preciso, adeguato, che vada diritto al bersaglio. Tu ricrei poeticamente i Salmi, ricrei Ecclesiaste nelle tue traduzioni, ma su ogni parola lavori filologicamente e filosoficamente per decenni. Tu combatti una tua incessante Terniopili contro gli eserciti che introducono barbarie nella hngua italiana, e che imbarbariscono dunque la comunicazione, e la ricerca del vero e del falso, e l'anelito del bello. A volte mi domando come i giornali possano ancora usare certe parole, di cui tu hai denunciato l'involgarita vacuità, la perversione scimmiottante. Difficile dire o scrivere parole come impatto, o attimino, o killer, o kamikaze di Allah, sotto il tuo sguardo severo. Difficile usare il vocabolo problema: quest'ennesimo eufemismo che imbellisce il male per non nominarlo. Difficile rispondere a una domanda - Cosa fai? Cosa dici? - con l'orribile vocabolo Niente, seguito generalmente da normale discorso. Difficile, dopo che tu hai gentilmente fatto notare - in un memorabile articolo del 23 marzo 1990 - che la parola Niente in apertura di conversazione è un «piccolo tumore maligno». Ma veramente sorprendente non è la tua severità. E' la straordinaria gentilezza, con cui la eserciti. E' la cordialità, con cui usi prendere la parola. Forse accade questo perché tu non sei solo scrittore, e capitano-filologo, e traduttore. Sei anche marionettista, fai teatro, giri le strade con l'organetto di Barberia e con cappello per prendere monetine. Vuoi divertire. Vuoi dare gioia. Nel tuo atelier a Cetona, dove dormono e vivono le tue marionette, c'è un grande cartellone su cui hai dipinto a colori una delle tue frasi più commoventi: «Dare gioia è un mestiere difficile». Per questo dico che non prediligi i dibattiti, le tavole rotonde che s'accaldano e s'azzuffano. Chi ti è vicino sa il tuo amore infinito della conversazione, delle sensibilità e dei ragionamenti che si infilano gli uni negli altri per formare collane di perle se possibile luminose. Chi ti è amico ha visto tutte le tue severità sciogliersi in sorriso, in ironia, in quiete gentile, in generosa profusione di doni e sapienze. Per questo c'è tanta gratitudine, fra molti tuoi lettori e molti tuoi amici. Da anni tu regali loro le tue piccole citazioni sulla prima pagina della Stampa: citazioni che meticolosamente Uri fuori dalla tua biblioteca dopo esserti arrampicato fino agli scaffali più alti. Da anni correggi le nostre lingue balbettanti, donandoci lezioni gratuite. Per questo oggi meriti un AlleluJah per il tuo anniversario, e l'urna delicata di Rilke: l'urna amica con la snella iscrizione fiorita: Subrisio Saltat. Tua Barbara Spinelli Tragici, poeti, frammenti di bellezze Domani Guido Ceronetti compie 70 anni. Li festeggia, tra amici, alla Fondazione Alce Nero nel Monastero di Montebello non lontano da Urbino, con Un affettuoso esorcismo per affrontare il peggio, cui partecipa il suo teatrino dei Sensibili di strada. A sinistra, Rilke e Conrad; qui a destra, Celine e Kavafis; al centro, la Senna in una foto di Francesco Gottoni V Orfeo

Luoghi citati: Cetona, Grecia, Parigi, Urbino