LAGER E GULAG ORRORI GEMELLI

llASTAMEff LAGER E GULAG ORRORI GEMELLI SIR Isaiah Berlin ha raccontato di recente, in una delle sue sempre più numerose interviste, come dopo il 1989 fu a Mosca testimone di uno scontro tra due intellettuali russi. Uno sosteneva che lo stalinismo aveva ucciso venti milioni di persone; l'altro aumentava questo numero a cinquanta milioni. Non ricordo con esattezza il commento di Isaiah Berlin, ma suonava più o meno così: di fronte a un simile scontro, indipendentemente dal suo merito in cifre, cadono le braccia e passa la voglia di analizzare varie sfumature di totalitarismo. Basta dire che fu una gigantesca peste in ambedue le sue varianti: nazista e comunista. E che la ricerca (occupazione preferita dei «postcomunisti» o «socialdemocratici» di varie nazioni e tinte) delle cosiddette «circostanze attenuanti» per il sistema sovietico con la condanna unilaterale del nazismo, l'affermare cioè che il Gulag fu dopotutto un po' più «umano» e «ideologico» dell'Olocausto, è una prova di stupidità umiliante. Eppure siamo testimoni in Occidente di siffatte opinioni. Molti «post» osano sostenere, senza troppo arrossire, che è in fondo «ingiusta» la teoria dei «gemelli totalitari». Non sarebbe, secondo loro, lecito dimenticare le radici «pure» e «progressiste» del sistema sovietico; anche se degenerate in seguito. QUESTO capita persino alle persone profondamente oneste, che del resto si fanno guidare da motivi più sentimentali che politici. Primo Levi fu senz'altro uno dei più grandi scrittori dei Lager nazisti. Ho la massima stima, anzi ammirazione, per il suo interrogativo che le esperienze del mondo concentrazionario nazista avevano sospeso sull'immagine dell'uomo. Anche se non fu uno scrittore di professione o vocazione, lo includo sempre tra le migliori penne del nostro secolo. Tanto più triste è per me il pensiero che pure lui ha avuto parte in qualche misura nell'operazione «progressista» di staccare o diversificare i due gemelli totalitari. Alla domanda dei suoi giovani lettori perché nei suoi scritti non faceva menzione del Gulag, aveva risposto che non aveva l'abitudine di descrivere quel che non aveva conosciuto nell'esperienza diretta; e questo va bene. Meno persuasiva è la sua opinione, che mentre i Lager nazisti furono esclusivamente uno strumento di sterminio, il Gulag aveva come obiettivo soltanto lo sfruttamento del lavoro forzato. E' significativo che Levi aveva letto Solzenicyn e Shalamov, ma evitava di entrare nei particolari della loro descrizione, limitandosi al quadro generale del Gulag. Le sue riflessioni su Shalamov sono addirittura riduttive, come se le sofferenze del prigioniero di Kolyma non potessero essere paragonate con le sofferenze del prigioniero di Auschwitz. Non si poteva quindi non con¬ cludere che la macchina totalitaria sovietica aveva conservato certi tratti «umani». Nei Lager nazisti la morte dei prigionieri fu l'unico scopo del sistema, nel Gulag invece la morte fu un sottoprodotto della fame e del lavoro eccessivo degli «zek» (prigionieri sovietici). Alla fine di settembre si terrà all'Università di Siena un simposio sul totalitarismo. Saranno presenti tre studiosi di Varsavia e Francesco Cataluccio. Il mio amico Francesco ha preparato un intervento, «Lager e Gulag in Primo Levi», facendomi avere il suo testo. Un ottimo saggio, nel quale mi ha colpito la frase conclusiva: «Si può affermare paradossalmente che Levi abbia più parlato del Gulag parlando dell'Olocausto che non quando parla di Solzenicyn e di Shalamov». N ON lo trovo affatto paradossale. Ho tentato sopra di mostrare con quanta ostinazione Levi evita di servirsi delle testimonianze dirette e concrete dei prigionieri russi, preferendone il quadro generalizzato di Gulag come un parente sovietico dei Lager nazisti. Ma il Gulag non fu un parente dei Lager nazisti, fu il loro gemello. E la migliore prova ne sono sia Solzenicyn sia Shalamov, piuttosto evitati da Levi che preferisce il Gulag «in generale». Il risultato? La separazione «progressista» dei due gemelli totalitari. E' uscita in questi giorni la rivista trimestrale di Goffredo Fofi Lo sin/nitro, dove trovo un saggio del giovane e dotato critico Domenico Scarpa Lager e Giilttg, Levi e Herting. Scarpa fa vedere che l'analisi minuta dei libri di Levi e del mio Mondo ci parte svela proprio le analogie tra i due gemelli. Cioè fa vedere una cosa che Levi non fu disposto a riconoscere. Non nego: l'Olocausto è stato ideato e pianificato dai nazisti durante la conferenza di Wahnsee come «soluzione finale», l'annientamento fisico dei popoli razzialmente inferiori al popolo dei padroni tedeschi. Il Gulag è nato come tentativo di isolare dietro il filo spinato i nemici del nuovo regime; e come realizzazione del principio suggerito all'indomani della rivoluzione da Trockij a Lenin: «Vladimir lljic, senza lavoro forzato (cioè: da schiavi) non edificheremo mai il socialismo». TEORICAMENTE quindi i prigionieri sovietici non furono destinati a morire e potevano sopravvivere. Sono sopravvissuti Solzenicyn e Shalamov, ambedue descrivono come. Ma io, un giovane ventenne e assai forte, dopo due anni di fame e di lavoro forzato fui destinato alla baracca chiamata nel campo «Mortuario». Sono sterili i dibattiti sul numero delle persone uccise dallo stalinismo (non lo sapremo mai con esattezza). Importante è solo una cosa: il Gulag merita pienamente il nome di gemello dei Lager nazisti. GustawHerling

Luoghi citati: Mosca, Varsavia