Un giallo sulla pistola del mostro di Francesco Grignetti

Il killer delle due ragazze non era un clandestino: aveva dal '92 un permesso come profugo di guerra Il killer delle due ragazze non era un clandestino: aveva dal '92 un permesso come profugo di guerra Un giallo sulla pistola del mostro E' sparita dal luogo in cui l'aveva nascosta il pastore SULMONA DAL NOSTRO INVIATO Ora che la vicenda sembra chiarita, e che il presunto assassino ha persino confessato, il caso si potrebbe archiviare. Sennonché, a scavare nel ritratto di Alyebi Hasany, il pastore di 23 anni che ha confessato lo stupro e l'assassinio delle ragazze padovane, si fanno alcune scoperte. Primo, non era affatto un immigrato clandestino. Hasany era entrato in Italia come profugo di guerra, proveniente dalla ex Jugoslavia, nel '92. Ebbe con l'occasione un permesso di soggiorno di tipo umanitario, di validità semestrale, sempre regolarmente rinnovato fino a qualche mese fa. Lo fece decadere lui stesso, nel novembre scorso, non presentandosi a rinnovare la pratica. Secondo, Hasany aveva una regolare carta d'identità, rilasciatagli nel 1995 dal Comune di Sant'Eufemia a Maiella e valida fino all'anno 2000. Gridare all'immigrazione clandestina e fuori controllo, in questo caso, non ha senso. E in queste ore la pretura di Pescara sta cercando di méttere ordine sul lato amministrativo: il permesso di soggiorno era stato fatto decadere, ma la carta d'identità formalmente era ancora valida. Caduto il permesso, però, cade anche il presupposto della concessione. Pasticci della burocrazia. Hasany aveva poi subito una condanna a otto mesi, con la condizionale, per furto con scasso. A parte un furto di cavalli, di cui si era detto inizialmente, ma che ora sembra molto più vago, c'è di certo che il pastore fu arrestato dai carabinieri di Caramanico nel marzo '96 e processato per direttissima il giorno seguente. Il pretore di lì, che ha sede nella città di San Valentino, non ritenne di aggiungere alla condanna an che la pena accessoria dell'e spulsione. E lui si limitò a cam biare aria. Ma il caso di Hasany non è definitivamente chiuso anche perché mancano all'appello le armi della strage. Il pastore aveva portato gli agenti a colpo sicuro in un nascondiglio tra le pietre, vicino alla baracca dove vive. Lo portarono in montagna con un elicottero, rischiando addirittura che la gente vicino al prato dove atterrano gli elicotteri gli mettesse le mani addosso. «Ho messo la pistola qui». E invece l'arma non c'era. Do¬ vrebbe trattarsi di un revolver a sei colpi (gli agenti della scientifica hanno vanamente setacciato coi metal detector la radura dove sono stati trovati i corpi di Tamara Gobbi e Diana Olivetti) che non lascia cadere il bossolo. Probabilmente lo stesso revolver che vide nella sacca del pastore, sabato scor- so, il testimone Giovanni Avolio. Il primo a restare stupefatto della scomparsa di quel revolver è stato U pastore. «Ma erano qui!». Ora si stanno appassionando a questa scomparsa sia gli investigatori, sia il pm Aura Scarsella. Dice laconica il magistrato: «La pistola non s'è tro¬ vata». Però lui dovrebbe sapere meglio di chiunque altro dove è nascosta? «Dovrebbe. Ma se poi qualcuno l'ha spostata?». Qualcuno che poteva sentirsi in imbarazzo? «Appunto. In imbarazzo. Meglio trovarla, questa pistola». E dice il commissario capo di Sulmona, Pasqualino Cerasoli: «Ci incuriosisce molto com'è che questa pistola sia sparita da dov'era». Poco distante dal nascondiglio ormai vuoto, la polizia ha trovato un altro nascondiglio. E lì c'era un fucile da caccia perfettamente in funzione. Per quest'arma non denunciata, è stato denunciato a piede libero il proprietario del gregge, Mario Iacobucci. Il quale Iacobucci, però, ha collaborato con la polizia: quando si è arrivati a sospettare di Alyebi, inseguendo la pista della mula (un particolare incredibile: Silvia Olivetti ha visto e descritto l'unica mula di tutta la Maiella, famosa per questo motivo tra gli allevatori della zona), Iacobucci ha «servito» alla polizia il suo servo-pastore che entrava nello stazzo. E' bastato un colpo di telefonino cellulare a due ispettori del commissariato che erano già in zona. E ora, completata l'inchiesta di polizia con un brillante successo, parte la procedura giudiziaria. Stamani lo interrogheranno il gip e il pm. Sempre oggi dovrebbe essere completata l'autopsia di Tamara e di Diana. Due famiglie in angoscia attendono che i corpi le siano restituiti. Ogni notizia al riguardo, per i famigliari e gli amici, sono altrettante pugnalate. Sinteticamente: Diana è stata violentata e uccisa con un colpo al petto che le ha reciso l'aorta; Tamara dovrebbe essere morta per un colpo che le ha attraversato un polmone. La cittadina di Sulmona tira un sospiro di sollievo per la conclusione rapida delle indagini. La gente si sente rassicurata. E il fatto che il «mostro» sia un extracomunitario, in fondo, tranquillizza ancor di più. E' il sindaco Di Masci, dell'Ulivo, a dare corpo ai fantasmi della città: «Io posso solo dire che se avessero approvato la legge sull'immigrazione, e reso facili le espulsioni, la storia forse sarebbe stata diversa. Non avremmo avuto un extracomunitario pregiudicato che girava per i nostri monti. E ora non si parlerebbe del mostro della Maiella. Ma del senno di poi, si sa, sono piene le fosse». Francesco Grignetti Il giudice: forse qualcuno si sentiva in imbarazzo per quell'arma A sinistra, Tamara Gobbo e Silvia Olivetti (nella foto sono le prime due da destra) con degli amici A destra, Diana Olivetti

Luoghi citati: Comune Di Sant'eufemia A Maiella, Italia, Jugoslavia, Pescara, Sulmona