«Un ministro dietro le stragi in Kenya»

A Nairobi gli ambasciatori di 13 Paesi lanciano un appello per il dialogo e le riforme A Nairobi gli ambasciatori di 13 Paesi lanciano un appello per il dialogo e le riforme «Un ministro dietro le stragi in Kenya» L'opposizione accusa il braccio destro di Moi NAIROBI NOSTRO SERVIZIO In Kenya aumentano di giorno in giorno le accuse rivolte contro il governo, ritenuto il maggior responsabile delle violenze avvenute nei giorni scorsi a Mombasa, città portuale a Sud della costa kenyana. Alcuni ministri dell'opposizione hanno chiamato in causa uno dei consiglieri del presidente Daniel Arap Moi. Un membro del Parlamento ha raccontato come il sottosegretario alla presidenza Nicolas Biwott si sia recato a Mombasa qualche giorno dopo gli attacchi a Likoni, con del denaro per ricompensare gli assassini, e come al suo arrivo si sia rifiutato di mostrare il contenuto delle sue due valigie ai funzionari del controllo doganale dell'aeroporto di Mombasa. Il ministro accusato, visibilmente in collera, ha dichiarato in Parlamento la sua completa innocenza ed estraneità ai fatti e si è difeso dicendo che si era recatoa Mombasa per partecipare ad un'attività sociale, definendo «grosse menzogne» le accuse rivoltegli. Il capo dell'opposizione ha ribattuto che gli orchestratoli delle violenze sono stati visti a bordo di macchine lussuose mentre impartivano gli ordini agli esecutori dei massacri. Intanto a Mombasa sono iniziati i processi contro gli accusati, circa duecento, arrestati nei giorni scorsi, di cui 64 sono stati finora giudicati per possesso di armi e istigazione alla violenza. Fra i processati figurano anche due politici attivisti dell'opposizione, un imam, capo religioso musulmano, tutti accusati di avere attaccato una stazione di polizia, e ancora un professore kenyano dell'Università dell'Ohio (Usa), accusato di avere organizzato un'assemblea politica illegale. I principali indiziati del Kanu, il partito al potere, Emanuel Maitha e Omar Musumbuko sono ancora sotto interrogatorio. La situazione appare più calma nell'area di Mombasa, ma la tensione regna ancora; la notte scorsa tre persone sono state uccise in un villaggio, mentre il numero delle vittime è salito a quaranta. Migliaia di residenti sfuggiti agli attacchi sono ancora rifugiati nella parrocchia di Likoni, mentre numerosi sono gli abitanti dell'interno del Paese che hanno scelto di ritornare nel loro territorio di origine. In un comunicato, l'organo favorevole alle riforme costituzio¬ nali, l'Ncec, che raggruppa oppositori e capi religiosi del Kenya, afferma che in vista delle prossime elezioni generali gli attacchi sono stati organizzati con l'intenzione di cacciare la popolazione favorevole ai partiti di opposizione, per permettere così al presidente Moi di ottenere il 25 per cento dei voti della provincia di Mombasa, ostile al presidente. Per essere eletti, i candiati alla presidenza, devono conquistare il 25% in almeno cinque delle otto province kenyane. Intanto, mentre il governo continua ad accusare l'opposizione sulla responsabilità dell'ondata di violenza nel Paese, la probabile implicazione di Biwott potrebbe mettere in causa la responsabilità diretta del presidente del Arap Moi. Biwott è un personaggio oscuro; nominato ministro nel gennaio scorso dopo essere stato allontanato dalla scena politica per un periodo di cinque anni (era sospettato dell'assassinio del ministro degli Esteri Robert Ouko, morto in circostanze misteriose nel 1990), Biwott è stato spesso coinvolto in casi di corruzione, come in quello legato alla costruzione della diga Turkwel, un progetto per un ammontare di miliardi di lire. Il capo dell'opposizione, James Orengo, ha concluso il suo discorso al Parlamento di Nairobi affermando che «i colpevoli dell'assassinio del ministro Ouko e delle violenze di Mombasa saranno perseguitati dalla maledizione fino alla morte, come già accaduto ai collaboratori di Hitler». Intanto gli ambasciatori in Kenya di tredici Paesi (Stati Uniti, Gran Bretagna, Germania, Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Giappone, Paesi Bassi, Svezia, Svizzera e Canada) hanno esortato le parti in conflitto a «intavolare un dialogo per un accordo sulle riforme necessarie ad assicurare elezioni libere e giuste». Luigia Spadano Aperto ieri il processo ai 200 arrestati per gli scontri iniziati a metà agosto Tre uccisi in un villaggio e il bilancio complessivo delle vittime sale a quaranta Il presidente keniota Arap Moi Un poliziotto insegue un manifestante durante i disordini antigovernativi a Nairobi