Di fronte ai Padre Bianco come a un concerto rock di Aldo Cazzullo

Venti minuti di colloquio con Chirac, poi l'incontro con 500 mila ragazzi al Champ de Mars Di fronte ai Padre Bianco come a un concerto rock LPARIGI UI sussurra nel microfono, incespica nelle lingue della babele della cristianità, a volte spegne una parola in un singulto. Loro cantano, urlano, scandiscono slogan, cori, incitamenti, e sono tutti per lui. «Juan Pablo Segundo, te quiere todo el mundo», attaccano gli spagnoli. Lui ammicca: «Porque todo el mundo es espanohablante». «John Paul Two, we love you», fanno eco gli anglosassoni. «And I love you», sorride lui. Al che dalla prima fila esplodono: «Viva il Papa!». Lui si volta: «Ah, ecco gli italiani». Così dialogano, scherzano, ridono, si amano il Papa e i giovani, il vecchio sacerdote polacco che cinquantanni fa era venuto in vacanza a Parigi come adesso i 500 mila ragazzi che gli stanno di fronte, vitali quanto lui è sofferente, accesi quanto lui è (a volte) spento, eppure così in sintonia: mondi lontanissimi all'apparenza - per l'età, le origini, i colori, lui tutto in bianco, loro fosforescenti nelle magliette Armani, nei cappellini dei Chicago Bulls, negli zainetti griffati -, ma vicini come non mai questo pomeriggio, sotto il sole di rame del Campo di Marte, di fronte all'interminabile facciata barocca dell'Ecole Militaire, metafora di un'altra contraddizione, quella dello Stato più laico della cristianità che si mobilita per il Papa. Il primo appuntamento tra Giovanni Paolo II e il suo mezzo milione di innamorati, arrivati a Parigi da centoventi Paesi per le Giornate mondiali della Gioventù, comincia con uno sbarramento paramilitare. Ogni dieci metri due poliziotti, rafforzati da un drappello di rigorosissime volontarie in maglia verde sponsorizzata Auchan e minigonna che sbarrano il passo. «Si deve pagare? Come sarebbe che si deve pagare?». I pellegrini fai-da-te di Vicenza, con tricolore e bandiera col leone di San Marco, non riescono a capacitarsene. Eppure devono sborsare cinquanta franchi, 15 mila lire, per entrare nel recinto. C'è anche il pacchetto completo, 860 franchi, 250 mila lire, valido quattro giorni, pasti compresi. «Il bambino ha solo tre anni». «Paga anche lui», infierisce la volontaria. Invece i parrocchiani di Tricarico, Matera, hanno prenotato da mesi, non hanno pagato nulla e ora si congratulano rumorosamente con don Giuseppe per la sua preveggenza, che è valsa un posto nel settore 1, sotto il palco. Attorno al campo di Marte è un brulichio di gruppi che cercano il loro ingresso, si salutano agitando le braccia, cantano, nessuno la stessa canzone, l'inno delle Giornate viene ignorato, ogni nazionalità ha il suo canto prediletto. Gli italiani, poi, ne hanno uno diverso per parrocchia, ma le parole chiave che ricorrono nelle varie lingue sono le stesse: «gioia», «insieme», «cammino», e ancora «felicità» e «amore». Il canto è accompagnato da un'orchestra di chitarre, flauti, trombe, musiche registrate. Poi ci sono i segni distintivi del gruppo. Gli irlandesi con la bandiera, i francesi con il berretto a forma di Tour Eiffel, gli africani con i tamburi, un po' imbarazzati davanti alle vetrine del foiegras e dei profumi Carven, gli americani con i cappelli di paglia stelle e strisce (ma tra loro parlano spagnolo, sono latinos e si chiamano quasi tutti Antonio e Francisca, tranne qualche lentigginosa Kimberley e Ellison dalle gote accese). All'angolo, volontarie che distribuiscono inviti per la serata al cybercafé aperto dai domenicani alla Défense, e opuscoli in cui si tenta di dimostrare che Darwin fu accanito sostenitore della creazione e Marx si convinse in tarda età dell'esistenza di Dio. Ovunque, sacerdoti trafelati e sudatissimi, gli anglosassoni in clergyman, i latini in tonaca: come don Pablo, alle prese con i suoi rumorosissimi parrocchiani di Catalayud, che guida con l'ombrello alto levato e il telefonino per richiamare i riottosi rimasti in albergo. Ci siamo. Sta arrivando la papamobile. Una gimcana tra le transenne, gli alberi, la folla che si affanna perché ri- schia di perdersi il Papa. Corrono i frati facendo tintinnare le corone del rosario, corrono le ragazze del Coro interuniversitario di Roma che di solito cantano Palestrina per Giovanni Paolo II ma oggi canticchiano Alba Chiara di Vasco Rossi, corrono i volontari lasciando sguarnito il mercatino sacro di magliette, spille, accendini, foulard, cartoline, ed con il volto di Giovanni Paolo II, perché lui ora è qui, separato solo da una gabbia di vetro e di poliziotti. Lui agita la mano verso i suoi giovani fan, sorride, si appoggia a Jean-Marie Lustiger, l'arcivescovo di Parigi. I binocoli (e il maxischermo) dicono che è stanco. Il volo aereo, l'elicottero per il centro, la mattinata interminabile all'Eliseo, il primo incontro con la folla al Trocadero. Gli altoparlanti diffondono musica gospel e etnica con arrangiamenti rock, i ragazzi danzano, il Papa sorride e li benedice con un ampio, lento gesto della mano. Ora è sul palco. Solleva le braccia. Boato. Un gruppo di spagnoli improvvisa una piramide umana, gli italiani sollevano sulle spalle le fidanzate che lanciano gridolini isterici, come ai concerti. Un gruppo di cielline di Magnago è giustamente imbufalito con un fotoreporter francese in piedi su un muretto, «siediti che ci togli il Papa», fino a quando la più decisa, Caterina, si alza, lo solleva di peso, e finalmente Wojtyla appare anche a lei e alle sue amiche. S'alza un po' di vento, porta lontano le prime parole del Papa «Siete la speranza del mondo» - e anima le bandiere, ar¬ gentine, siriane, portoghesi, nigeriane, tutte le bandiere della cristianità, ma soprattutto tricolori in prima fila e drappi giallorossi in seconda. Tra Italia e Spagna è duello a chi fa più colore e più rumore, e il Papa lo sa, sembra quasi volerci giocare un po', interrompe il discorso in francese per rivolgersi alle due delegazioni più numerose nella loro lingua, gracias Espana, che bella quell'edizione delle Giornate della Gioventù a Santiago de Compostela, buongiorno Italia, però la prima volta è stata a Roma. Le ragazzine polacche dagli occhi chiari sembrano deluse, ma quando elenca, in francese, i centoventi Paesi rappresentati, il Papa si lascia sfuggire (?) «Polska», c allora le bandiere biancorosse impazziscono. Non è un vero discorso, quello di Giovanni Paolo II. Piuttosto, un saluto, un approccio. Tocca ai ragazzi raccoglierlo, proseguire: il Papa risponderà. Le due pagine scritte dell'omelia resteranno da leggere. Eravamo in ritardo sui tempi, spiega il portavoce Navarro. Forse è la stanchezza, forse Wojtyla preferisce dialogare, scherzare, alludere. «Questa edizione si tiene a Parigi», legge a fatica, con il volto chino. Poi rialza gli occhi, posa il foglio, cambia tono: «In effetti, quella non è la Tour Eiffel?». Sorride, insieme con il suo mezzo milione di fan. I parrocchiani di Catalayud attaccano la loro dichiarazione d'amore: Juan Pablo Segundo te quiere todo el mundo. Manca solo la voce di don Pablo. Come Wqjtya all'Eliseo, si è appisolato, all'ombra di un platano. Aldo Cazzullo Uno sbarramento paramilitare per entrare, con agenti e volontarie in minigonna I ragazzi cantano urlano, scandiscono slogan e cori tra piramidi umane e bandiere