le nuove braccia dell'agricoltura
le nuove braccia dell'agricoltura le nuove braccia dell'agricoltura Sulla Maiella colonie di clandestini UN ESERCITO SENZA NUMERB LSULMONA E montagne abruzzesi sono piene di giovani come Aliyebi. Immigrati, per lo più clandestini, che giungono in Italia in cerca di fortuna ma che alla fine sono costretti a ripiegare sui monti, spesso solo perché braccati dalla polizia in quanto non in regola con i permessi di soggiorno. A volte anche perché pericolosi criminali. E' così che albanesi e macedoni, ma ci sono anche cittadini di altre nazionalità, diventano la manovalanza moderna dei contadini nostrani. Un fenomeno cominciato negli anni '80, prima con gli slavi, poi con gli albanesi. Pastori per necessità, che al pastore vero hanno consentito di «appendere il cappello», di fare il padrone. Ora sono loro le principali maestranze impiegate in un'attività che per secoli, per non dire millenni, fu l'unica e vera fonte di vita delle popolazioni dell'Abruzzo interno: l'allevamento. Una vita grama, dall'alba al tramonto, che ormai non vuole più condurre nessuno. Il progressivo depauperamento delle greggi, dovuto a cause storiche ed economiche, sta portando alla scomparsa di una delle attività che un tempo significava opulenza, be- nessere. Ma con gli immigrati in Abruzzo la pastorizia sta trovando nuova linfa. Costano poco, talvolta basta vitto e alloggio. E' impossibile sapere quanti sono nella regione questi nuovi pastori del terzo millennio. Sicuramente tanti. E alcuni pericolosi, come Aliyebi Hasani. Ma per gli imprenditori di casa nostra questi extracomunitari «lavorano e non fanno storie». A ribellarsi sono i cittadini, che non li vogliono e che si chiedono perché mai si facciano entrare persone in Italia senza controlli e perché poi è impossibile rimandarli a casa. La maggior parte di questi extracomunitari si trovano proprio sulla Maiella ma anche sul Gran Sasso, in particolare nel versante teramano, e nella Conca del Fucino, dove però sono utilizzati soprattutto come braccianti agricoli. Si dice che si abbrutiscano tra i monti, che la solitudine li corroda, che il mancato contatto umano li renda simili alle bestie che accudiscono. Che sono vuoti, dentro, te ne accorgi quando li incontri la sera, nel bar del paese. Poche ore di libertà nelle quali vagano come automi, con quella solitudine che non li abbandona, neanche dopo il lavoro. Per i pastori extracomunitari, non è mistero, l'inserimento nel contesto sociale in Abruzzo è assai arduo. I paesani li riconoscono subito. Portano gli stessi abiti del giorno prima ma anche gli stessi della settimana precedente o del mese scorso. Tra i monti, in una vita primitiva, rischiano di perdere tutto, anche il rispetto di se stessi. E di denunce per molestie sessuali ce ne sono parecchie. Ma di episodi così gravi come quello della Maiella, in Abruzzo se ne ricorda solo uno: una ragazza uccisa da un extracomunitario dopo essere stata violentata. Accadde alla periferia di Pescina, nella terra di Silone, nei pressi di un casolare diroccato. Era l'estate di undici anni fa, di agosto. Marina Cairoli, una studentessa universitaria di Avezzano che si era appartata in auto con un suo ex professore di liceo, fu prima violentata e poi uccisa a colpi di pistola da un vagabondo slavo, Yuri Trakovic, che venne catturato una quindicina di giorni dopo a Pumini. Lo slavo sfondò con una mazza il lunotto dell'auto in cui c'erano i due amanti, rinchiuse il docente nel portabagagli e poi stuprò e uccise la donna. Il professore riuscì a fuggire nonostante fosse stato raggiunto da un colpo d'arma da fuoco alla schiena. Di Trakovic e di Hasani possono essercene altri, nascosti tra i monti. Portano le greggi al pascolo, rispettano i loro padroni, non reclamano. In un attimo possono diventare dei mostri, [r. et.] La strada che porta al luogo in cui sono state trovate le due ragazze morte sul Monte Morrone A destra lo scrittore sardo Gavino Ledda
Persone citate: Cairoli, Gavino Ledda, Hasani, Morrone, Silone, Yuri Trakovic
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