«Ha ucciso due ragazze d'oro»

«Ha ucciso due ragazze d'oro» Vivevano in paesi vicini ed erano diventate amiche grazie all'impegno nel mondo del volontariato «Ha ucciso due ragazze d'oro» Padova, le lacrime per Diana e Tamara PADOVA. Una cosa «granda». Non conoscono parole più definite, in questi paesi della campagna padovana, per descrivere la peggiore tragedia nella vita di una famiglia. «Non sta in cielo un dramma come il loro», dice una vicina degli Olivetti. Ora hanno perso, e in un modo così brutale, questa figlia, Diana; e l'altra, la più piccola, Silvia, è riuscita a salvarsi ma si porterà dentro lo choc per tutta la vita. Alfio e Gabriella Olivetti hanno il viso impietrito, sembrano rassegnati, come se avessero imparato a convivere con i lutti: 14 anni fa avevano già perso un figlio, il maschio, appena diciottenne; un incidente stradale. E prima, ancora giovani, ciascuno dei due era rimasto vedovo. Si erano incontrati e avevano cercato di ricominciare, provando a lasciarsi alle spalle la tristezza e la sfortuna. Avevano messo su, insieme, con il lavoro della falegnameria, quella casetta a due piani ad Albignasego dove ora un bastardino da pagliaio abbaia in continuazione, spaurito senza i padroni che sono andati via nella notte. Il marito falegname in pensione, la moglie donna di servizio a ore, per integrare la pensione e i piccoli stipendi delle due figlie. Una famiglia tutta casa e chiesa. Come l'altra, quella di Tamara Gobbo, la madre Fiorenza sempre in parrocchia, il padre Cesare prima calciatore dilettante e poi allenatore della squadretta del paese Villatora di Saonara, a pochi chilometri da Albignasego, e poi due fratelli, un'altra Silvia e un Tommaso. Certo dai loro insegnamenti cristiani derivava quell'impegno, assiduo, delle tre ragazze nell'operazione Mato Grosso, una delle tante «succursali» di un movimento che si occupa dei diseredati del mondo. Diana, Tamara e Silvia si erano conosciute lì, assistevano come volontarie i disabili, raccoglievano stracci e cianfrusaglie nelle soffitte per rivenderli ai robivecchi e spedire il denaro alle missioni dell'America Latina. «Vivevano in senso bello e positivo», ricorda il parroco con le pai-ole semplici di un prete di campagna. Erano state poche settimane fa insieme in un campo di lavoro in Valtellina, abbinando l'impegno sociale alla montagna. Un'altra grande passione che le aveva condotte, martedì scorso, sul monte Morrone, per una vacanza di trekking. E pensare che l'orrore vissuto l'altra notte le aveva, incredibilmente, già sfiorate un anno fa: una loro compagna, vicentina, volontaria come loro, era stata stuprata e uccisa da un balordo che si era invaghito di lei. L'avevano trovata in un boschetto, alle pendici dei colli, appena fuori dal paese. «Diana era una ragazza umile», dicono i volontari al campo di raccolta Mato Grosso di Albignasego. Una biondina molto carina, la camera tappezzata di poster sui «mcninos de rua» brasiliani, la chitarra dietro il letto, le foto con la sua squadra di pallavolo. Niente sale da ballo, niente fidanzati, dischi preferiti i Nomadi e Guerini. «Volitiva e tenace, allegra, piena di entusiasmo»: così la descrive l'amica del cuore, Cristina Gallinaro, studentessa di Economia e commercio. Era la più fortunata delle tre, visto che aveva trovato un lavoro da impiegata in una piccola azienda di impianti elettrici. Anche Silvia, la sorella mora, ha un lavoro, come operaia in una fabbrica di lattine. Tamara, invece, piccolina, capelli rossi c occhialetti rotondi, «una ragazza d'oro» come la di¬ pinge fra le lacrime la zia Marina, «splendida, di buona cultura, impegnata nel sociale» come dice suor Emanuela della scuola materna, era un'analista contabile diplomata, ancora in attesa del posto fisso. «Ma non si preoccupava - dice lo zio Mario - prima o poi lo avrebbe trovato, ne sono sicuro». Aveva lavorato un po' per un'impresa di pulizie in servizio all'ospedale, poi come colf di casa in casa. Ma era ugualmente contenta, ricorda Cosetta Cortivo, un'infermiera che era la sua più grande amica. E legge l'ultima lettera che Tamara le aveva scritto: «Il massimo che posso fare per un amico è di essere semplicemente suo amico, non ho ricchezze da donargli, se lui sa che sono felice nel volergli bene non vorrà altra ricompensa». Un ottimismo cristiano sul «prossimo» che in quel bosco della Maiella è rimasto per sempre tradito. Mario Lollo La sfortuna perseguita gli Olivetti: avevano già perso un figlio e prima erano diventati vedovi Erano già state sfiorate dal destino Un anno fa un'amica delle ragazze venne violentata e poi uccisa da un maniaco nel Vicentino PRINCIPALI SETTORI DI ATTIVITÀ' DEGLI IMMIGRATI REGOLARI LAVORO DOMESTICO 38,3% OPERAI NELL'INDUSTRIA 23,2? AGRICOLTURA E PASTORIZIA 12,5% ABRUZZO [DAT11995] CITTADINI EXTRACOMUNITARI I/IATI AL LAVORO 2566 LE ITALIA 111.265] DI CUI 40,7% AGRICOLTURA 1045 INDUSTRIA 967 37,7% TERZIARIO 554 21,6% FONTE: CARITAS A destra la casa degli Olivetti in via Rialto 15 ad Albignasego Il centro raccolta Mato Grosso Qui Silvia e Diana facevano volontariato Il recupero del cadavere di una delle ragazze ieri a Sulmona

Persone citate: Cosetta Cortivo, Cristina Gallinaro, Gabriella Olivetti, Guerini, Mario Lollo, Morrone, Tamara Gobbo, Tamara Padova, Villatora

Luoghi citati: Abruzzo, Albignasego, America Latina, Italia, Padova, Saonara, Sulmona