«Quel bagno? E' stato uno sfizio» di Francesco Grignetti

«Quel bagno? V stalo uno sfizio» «Quel bagno? V stalo uno sfizio» «Come se avessi mangiato un cocomero» IL RACCONTO DEI VANDALI E1 B ROMA " stato uno sfizio, signor giudice. Come magnarse er cocomero». Non sa se riderci sopra o piangere, Sebastiano Intili, ormai ribattezzato il vandalo di piazza Navona, 43 anni, disoccupato, bassetto, con pantaloncini e maglietta dai colori sgargianti. Ha l'aria contrita, Intili, tanto più che viene da una notte passata in guardina. Esce fuori la coda di paglia tipica di chi vive in strada, ai margini del benessere, e che questa volta sente di averla fatta grossa. Non capisce, però, tutta questa agitazione che lo circonda. Rutelli, Veltroni, il Comune che chiede i danni, i professori... Lui è pronto anche a chiedere scusa per questa bravata. Che si chiede di più? «Se semo solo divertiti», aveva detto, strafottente, ai poliziotti che lo arrestavano. Il pretore Marco Mancinetti lo manderà al fresco di Regina Coeli in attesa del processo vero e proprio che si terrà domani mattina. Ma Intili proprio non si capacita di questo arresto, che va al di là della sua capacità di comprensione. «Io l'ho sempre fatto, il bagno nella fontana. Lo facevo fino a dieci-quindici anni fa. Poi basta. Mi arrampicavo sopra un pezzo di marmo e facevo la capriola in aria per cadere nell'acqua di schiena. Gli stranieri applaudivano. Mi facevano pure le fotografie». Così il vandalo ha spiegato le sue ragioni all'avvocato Aldo Ceccarelli. E così ha ripetuto al pretore. Si è talmente convinto, l'avvocato, che non ha timore di sfidare il paradosso: «Io non ci posso credere - dice Ceccarelli con accento romanesco marcato, persino più marcato del suo cliente - che per una bagnata si finisce in carcere. Il popolo è così che si diverte. Dicono: il danneggiamento... Embé? Mica c'era l'intenzione di danneggiare. E' la fontana che è decrepita e fradicia. Appena la tocchi si rompe. Così 'sto ragazzo è caduto e s'è fatto pure male al piede. Ma gli chiediamo i danni al Comune, mica no! Qui finisce che mandiamo qualcuno in galera!». Scusi avvocato, lei forse scherza. In galera rischia di finirci il vandalo, il suo cliente. «Ma nooo, quello voleva fare un intervento folkloristico. E' un ragazzo fatto così, un po' saltimbanco. E' salito sulla fontana per fare la capriola. Mica ci si poteva buttare di testa sennò si faceva male per davvero. E quella fontana, che è marcia, s'è rotta». Insomma, ci avrà pure rimesso la coda lo storico drago del Bernini. Ma secondo il gruppetto di sfaccendati che ieri c'è salito sopra, tutti con qualche precedente penale di troppo, le scuse le dovrebbe fare il Comune. Ha concluso Intili davanti allo stupefatto pretore, mentre sul fondo gli agenti di guardia ormai ridevano apertamente: «So' salito sulla statua e quando me so' buttato la prima volta il pezzo s'è rotto. Poi me so' ributtato. Me so' fatto male al piede, me dovrebbero ripaga'... Ce potevo resta'». Ma come è nata - insisteva il pretore Mancinetti - questa iniziativa di mettersi a fare i tuffi in piazza Navona? I tre si guardano in volto e poi risponde il solito Intili: «Eravamo usciti per farci un panino. Poi ho visto la fontana e mi è venuta voglia di farmi un tuffo. Stavo in fissa». Mi ero fissato. Annuiscono e confermano anche gli altri due, Giovanni Pisano e Mario Giorgini, 33 anni ciascuno. «Gli è partita la brocca». Al termine dell'udienza saranno liberati. L'imputazione anche per loro è di danneggiamento aggravato, rischiano sei mesi di carcere, ma la posizione è meno grave perché il responsabile materiale della rottura della statua è Intili. Anzi, i due - nonostante certe testimonianze contrarie sostengono di non essere proprio entrati nella fontana. «Io - ha raccontato Pisano stavo al bordo della fontana. Che è colpa mia se Sebastiano è andato infissa con quel tuffo?». E Giorgini: «Io proprio non ne sapevo niente. Mi ero distratto a guardare da un'altra parte». Effettivamente i testimoni raccontano che era rimasto indietro e che non ha fatto in tempo a entrare in acqua. Che ci fosse l'intenzione, poi, è tutt'altro paio di maniche. Ma a questo punto Pisano ha fatto in tempo anche a spaventarsi. Quando torna a casa, nel pomeriggio, accetta di parlarne: «Non c'era l'intenzione di rompere niente. Non so che dire. E' stato una cosa improvvisa. Una cosa così... Successa in buona fede. Senza sapere». Pisano vive in un palazzo un po' cadente di via dell'Orso, alle spalle di piazza Navona. Porta i segni evidenti della tossicodipendenza. Dice di essere sieropositivo. La madre per vivere fa la posteggiatrice. Lui non si sa. «Lavoretti saltuari qua e là», spiega il suo avvocato, Giampietro Milani, che non sa come aiutare questo ragazzo. «Per me, s'è un po' esagerato. Capisco la sta¬ tua. Ma mandare qualcuno in carcere per un tuffo mi sembra troppo». Il carcere. Ecco perché Pisano s'è intimorito. Rilascia interviste. Cerca confusamente di metterci una pezza. «Sono colpevole di questa storia, come l'amico mio. Ma non l'abbiamo fatto apposta. All'amico mio gli è venuto in mente di tuffarsi senza pensare a quello che poteva succedere». E quando l'hanno fermata? «Che è stato un grande errore. Uno sbaglio. Avevamo fatto una stupidaggine. Lui aveva voglia di farsi un tuffo dopo tanto tempo. Ma mo' che ha fatto il danno, non è consapevole di quello che è successo. Io non l'avrei fatto. Io lo so che non si fa il bagno nelle fontane. Ma ormai è successo. Non posso farci più niente». Francesco Grignetti «Ci siamo soltanto divertiti E poi quella nuotata io l'ho sempre fatta. Gli stranieri mi applaudivano» BEAI.

Luoghi citati: Pisano, Roma