La fontana restaurata entro un mese di Daniela Daniele

La fontana restaurata entro un mese Il direttore dei Beni culturali: è impossibile utilizzare la sorveglianza elettronica La fontana restaurata entro un mese Rutelli: contro i vandali il lavoro come pena ROMA. Il mostro acquatico con la coda mozza potrebbe tornare in tutto il suo splendore per il primo ottobre. L'ha detto il ministro dei Beni culturali Walter Veltroni: «L'amministrazione dei beni culturali è in grado di restaurare la Fontana del Bernini per quella data. Naturalmente, spetta al Comune, proprietario della fontana, decidere se procedere subito al restauro». Un po' più prudente l'assessore alla Cultura del Comune di Roma, Gianni Borgna. Nel corso di una conferenza stampa in Campidoglio, ha detto che il restauro potrà essere completato «al massimo entro due mesi, considerando che siamo ancora in periodo di ferie». E non si tratta neppure di una grossa spesa: 10-15 milioni. Il Comune, va da sé, chiederà il risarcimento a chi ha provocato il danno. Il sindaco Rutelli, intanto, rilancia una sua vecchia idea: «Non servono pene detentive o pecuniarie, che spesso poi i vandali non pagano. Facciamoli lavorare, portiamoli con le squadre tecniche che ogni giorno devono aggiustare, ripulire, sistemare i loro danni. Adesso servono sanzioni alternative». E' ancora della sicurezza che si parla. Del come riuscire a conservare intatte opere che hanno attraversato i secoli per giungere fino alla nostra ammirazione. Il Comune spera di poter contare, già dal mese di ottobre, sugli obiettori di coscienza e Borgna non riesce a immaginare una piazza Navona o una Trinità dei Monti assediata da militari armati. Ma c'è chi sostiene che in certe metropoli straniere «appena ti appoggi al muro di un museo scatta un allarme». Perché in Italia non avviene? «La sorveglianza elettronica - risponde il direttore generale dei Beni Culturali, Mario Serio - è difficile da mettere in atto: i nostri musei, bellissimi, sono quasi tutti collocati all'interno di palazzi di grande valore storico-artistico e sottoposti a precisi vincoli architettonici. Non si possono perforare muri o cambiarne le strutture». Un altro problema, rileva il dottor Serio, è il ritardo con cui il nostro Paese ha recepito le norme sulla sicurezza (incendi, furti, intrusioni). «Per non parlare - continua - della non preparazione al fenomeno di massa che ha interessato i musei negli ultimi tempi». Dunque? Dobbiamo rassegnarci ad avere opere esposte ai capriccci di cialtroni o squilibrati? «No di certo - risponde il direttore -, ma occorre capire che il processo per arrivare a certi risultati è lento, anche se costante. E nel settore si nota un fermento nuovo, positivo e caratterizzato da grande professionalità: va dall'utilizzo di impianti più sicuri (una recen¬ te legge ha stanziato, per esempio, 300 miliardi a questo scopo) alla formazione del personale, dall'aumento dei servizi alla consapevolezza nell'uso delle tecnologie, alla regola¬ mentazione del flusso di visitatori nei musei. La Galleria Borghese ne è un esempio». Non che i problemi manchino, anche nel gioiello di Villa Borghese. E chi passa, ammirato, da una sala all'altra, non immagina la fatica di chi vigila affinché tutto resti com'è: perfetto. Il museo, però, è quasi «a cielo aperto», esposto a molti pericoli. Lo conferma la direttrice, Alba Costamagna. Le opere dividono lo spazio con troppi visitatori che la dottoressa Costamagna definisce, con un termine soft, «maleducati». «Si appoggiano alle consolle per consultare i cataloghi elenca, sconsolata -; oltrepassano i cordoni di sicurezza per toccare le sculture; attaccano i chewing-gum sul pavimento o alla grata dell'ascensore; mangiano popcorn durante la visita e ne lasciano tracce a terra». Come misura di prevenzione, è ora obbligatorio lasciare nel guardaroba all'ingresso borse, zainetti, ombrelli, tutto ciò che in qualche modo potrebbe strusciare, colpire, raschiare. Ma non basta. «Alcune porte - dice Alba Costamagna - sono state rigate: pretendono di passare attraverso porte del '700 in cinque o sei...». Per arrivare a un minimo di tranquillità occorrerebbe avere un custode per sala. Purtroppo la Galleria Borghese ne ha uno ogni tre sale. Trentacinque dipendenti della Galleria e trentotto sorveglianti «trimestrali». «E l'altro giorno - racconta la direttrice - un visitatore è finito addosso al "Re Sole", la terracotta del Bernini, perché camminava guardando la volta di Lanfranco. Per fortuna, nessun danno alla terracotta e ora le abbiamo cambiato posto». Un piccolo incidente dovuto alla sbadataggine. Non così per due ed rom e alcuni microfoni spariti, sabato scorso, dall'attrezzatissima area multimediale. Daniela Daniele La responsabile della Galleria Borghese «Mancano i custodi e le protezioni» A destra un'immagine della Galleria Borghese

Luoghi citati: Comune Di Roma, Italia, Roma