L'isola salvata da un naufragio

Un'epopea marinara di fine '800 JÈ^ riportata alla ribalta dalla vicenda del vulcano di Montserrat Un'epopea marinara di fine '800 JÈ^ riportata alla ribalta dalla vicenda del vulcano di Montserrat L'isola salvata da un naufragio Tristan da Cunha, little Italy nell'Atlantico Un brigantino esploso in mare, parla il nipote del capitano Perasso Là] GINEVRA 7 ESPLOSIONE del vulcano di Montserrat, nei Caraibi, che spinge il governo ingle Ise a portar via dalla loro terra quei suoi sperduti sudditi, sembra il replay di un'altra storia, avvenuta 36 anni fa, in una ancor più lontana isola della Corona britannica. Nel punto più dimenticato dell'Atlantico, 2000 miglia a Sud di Sant'Elena, era esploso il vulcano di Tristan da Cunha, e Londra aveva dato l'ordine di evacuare l'intera popolazione, trasportandola in Inghilterra. A quei 264 profughi aveva offerto una nuova, più confortevole residenza nell'arcipelago delle Shetland. Senza risultato. Diciotto mesi dopo, uomini e donne di Tristan erano di nuovo tutti là, a ricostruire il loro villaggio sommerso dalla lava. Nessuno ricordò, in quella occasione, che una parte degli abitanti di Tristan erano oriundi italiani, figli, nipoti e pronipoti di due marinai di Camogli. Su quell'isola ritenuta per secoli inaccessibile, maledetta e fascinatrice, il capitano Rolando Perasso di Chiavari aveva fatto naufragio col suo brigantino a Palo, nel 1892. E da quel naufragio era cominciata una storia che si sarebbe incisa sulla vita della piccola comunità isolana. Inutilmente il figlio del comandante, Amerigo, aveva cercato di tornare là con un altro veliero, il «Saturnina Fanny», nel 1909. Gli spiriti più infernali dell'oceano lo avevano respinto, scatenando una tempesta, quando era già davanti all'isola. Sarebbe toccato al nipote, Rolando Perasso junior, espugnare quelle rocce a picco sul mare, strette intorno al vulcano, quasi un secolo dopo: e ritrovare i discendenti dei marinai di suo nonno. Rolando Perasso ha 82 arali, i capelli argentei ondulati, il viso abbronzato dello yachtman; sarebbe un bellissimo vecchio se fosse vecchio. Ci riceve nella casa di Ginevra, dove è approdato da pochi mesi dopo il ventisettesimo trasloco della sua vita. E dove ha portato, fra le prime cose, le carte di Tristan da Cunha, nei raccoglitori che viene ordinando. Discendente da una famiglia di navigatori, Rolando Perasso è vissuto come i suoi del mare. Già imbarcato a 10 anni come mozzo, diplomato all'Accademia di Li- vorno, comandante di un Mas durante la guerra - silurò una nave inglese al largo di Pantelleria - è impegnato ancora oggi come broker nel traffico marittimo. Ma solo dopo i 70 anni ha ritrovato la storia del naufragio, sedimentata nelle memorie di famiglia. «Mio nonno lo avevo conosciuto bene, a me bambino disegnava le navi. Di quella avventura non mi aveva parlato mai. E io, vissuto tanti anni in America, me ne ero scordato». Nell'agosto 1987, mentre era in vacanza a Chiavari, una cugina gli mostrò una foto del nonno, scattata a Rangoon nel 1891. E quella foto scatenò i ricordi, sulla sfortunata epopea di cui il capitano Perasso era stato protagonista. Aveva 44 anni, il navigatore chiavarese, quando gli fu affidato il comando del brigantino uscito dai cantieri di Varazze come Sebastiano Dall'Orso e poi ribattezzato Italia. Con quel veliero girò l'Atlantico e l'Oceano Indiano; ripartì da Greenock in Scozia il 3 agosto 1892 con un carico di carbone per il Sud Africa. Aveva a bordo 15 marinai, otto liguri, per la maggior parte di Ca¬ mogli, sei marchigiani, quasi tutti di Grottammare, e un milanese. Dopo il passaggio dei Tropici, cominciò a uscire fumo dalla stiva. Il carbone, surriscaldato all'Equatore, stava prendendo fuoco. Il comandante riuscì a portare l'Italia fino davanti a Tristan, navigando nella nebbia: in una schiarita gli apparve un alto muro a picco, che non consentiva ripari. Gli uomini si salvarono con le lance, su una lingua di terra popolata di pinguini, poco prima che il veliero esplodesse. Era il 3 ottobre. Solo dopo quattro giorni il capitano con cinque marinai riuscì a circumnavigare quelle rocce e si trovò a Edinburgh, l'unico villaggio dell'isola. C'erano 53 persone, per la maggior parte donne e bambini. Molti uomini erano fuggiti, dopo che quindici di loro erano scomparsi su una lancia in una tempesta. Discendevano tutti da avventurieri, naufraghi, vagabondi del mare, arrivati lì nei primi decenni dell'800, che si erano sposati con donne venute da Sant'Elena e avevano dato origine a sei gruppi familiari. Erano vissuti di pesca, di scambi con le rare navi di passaggio, di patate, l'unica coltura possibile su quella terra. Edinburgh aveva tredici case, solo nove abitate. Perasso riuscì a portarvi i suoi, trovando gentile ospitalità. Genovesi e marchigiani lavoravano, probabilmente in buona compagnia, con tutte quelle donne sole. Passava, ogni tanto, un cargo, nessuno voleva tirare su gli italiani. Quando, dopo quattro mesi, una goletta inglese accettò di caricarli, tre marinai si rifiutarono di salire. Stavano troppo bene lì. Uno, l'anconetano Nazareno Marcianesi, tentò più tardi il rimpatrio, ma non arrivò mai in Italia. Gli altri due, i camoglini Gaetano Lavarello e Andrea Repetto, misero su famiglia, con due donne del luogo. Fu la fortuna di Tristan. Gli italiani hanno arricchito quella esangue popolazione con stuoli di figli e di nipoti, i due cognomi liguri sono fra i più diffusi nell'isola, che ha oggi 300 abitanti. Rolando Perasso, con gli altri dodici, arrivò a Genova due mesi dopo, per Città del Capo e le Canarie, cambiando tre volte nave. «Dopo aver visto quella fotografia - dice il nipote del comandante - sono andato a leggere la storia del naufragio e mi sono accorto che ci stavamo avvicinando al centenario. Io dovevo andare là». E ci doveva andare con la moglie, Lola Taddei: figlia del secondo ufficiale che aveva accompagnato Amerigo Perasso nel tentativo fallito del 1909. Ma non è facile andare a Tristan da Cunha, un luogo ignorato dalle rotte, senza porto e senza aeroporto. Attraverso complicati giri internazionali, il broker marittimo riuscì a presentare il suo caso al Foreign Office, che considerò il nipote del naufrago - fuori da tutte le regole-in «semi-official mission for historical reasons». Quella singolare motivazione fruttò un passaggio a lui e alla moglie su un aereo militare diretto all'isola di Ascension. E, di lì, l'imbarco su una nave che ogni due mesi batte l'Atlantico: tre giorni per Sant'Elena, con sbarco avventuroso, per i passeggeri che devono gettarsi a terra con le corde; quattro altri giorni per Tristan, con sbarco ancora più avventuroso, giù dalla biscaglina, e salto in pieno oceano su una lancia in attesa fra le onde. Una discreta sfida, per un uo¬ mo di 73 anni e una signora. Ma lì era Tristan da Cimila, era il punto d'arrivo di tante vite. «E' stata una emozione inesprimibile. Ci si è parato davanti il vulcano, poi il villaggio. Ci ha accolto tutta la popolazione». Rolando Perasso ha fatto ancora in tempo a incontrare Martha e Johnny Repetto, i figli del camoglino rimasto là, oggi entrambi scomparsi. «Ricordavano tutto. Martha aveva 92 anni; nella casa, con la decorazione azzurra, come tutti gli interni di Tristan, c'era la cassa da marinaio del padre. Parlava in inglese, ma contava in italiano. "My father teached me uno, due, tre..." fino a dieci». Al museo Perasso ha trovato gli oggetti del brigantino salvati dall'equipaggio: la campana di bordo, un mortaio genovese per il pesto... «All'interno del museo, nel pomeriggio, si sono riunite per noi tutte le famiglie. E l'amministratore di Tristan ha ricordato quanto sono stati importanti, per lo sviluppo dell'isola, quei marinai italiani». I loro segni parlano dappertutto: fin dal piccolo ospedale, che porta la scritta «Camogli Hospital». Il giorno dopo la nave doveva già salpare per Città del Capo, l'oceano non può attendere. «Alla partenza, c'erano tutte le donne che ci salutavano dalla strada. E gli uomini, dopo averci imbarcato, hanno fatto tutto il giro della nave con la lancia». Fra loro tanti Repetto e Lavarello mandavano l'ultimo saluto, dalle rocce del vulcano, per le rocce di Camogli. Giorgio Calcagno E oggi nel pieno dell'oceano c'è un ospedale «Camogli» e tanti Repetto e Lavarello rinara di fine '800 JÈ^ riportata alla ribalta dalla viceda Ciche vom A sinistra l'isola di Tristan da Cunha in un'incisione. Sopra il capitano Rolando Perasso, che vi fece naufragio il 3 ottobre 892; qui a lato il suo nipote omonimo, che ha oggi 82 anni J^