SUL FIUME LA FABBRICA DEL MIRACOLO VERDE

cantiere 2000. Così, fra vecchi opifìci, nasce a Torino il primo parco tecnologico ambientale cantiere 2000. Così, fra vecchi opifìci, nasce a Torino il primo parco tecnologico ambientale na è eldeni, elco, de toess me al iahe fiLafabbrica del miracolo verde su«In IIsolazionetinueE P«E' santeCizatr«Sì, strattpoi mquellques LTORINO A città d'acqua e d'orti, quella della Dora. Il I fiume negato, soffocato dalle rive in cemento, mutilato nel suo corso, sfruttato. E' acqua e non fiume. Fiume è il Po, luogo d'eleganza e Valentino, di violenza e :Murazzi. La Dora Riparia è sempre stata forza di lavoro nella Torino Nord, industriale, siderurgica, operaia, di fumo e forni, di Fiat. Via Livorno, epicentro di quello spirito progressista, dinamico, di fabbrica e ciminiera, nasconde coùfun lastrone di pietra ottocento metri di Dora: un Guinness che- trasforma il tratto di fiume in uno dei ponti più lunghi al mondo. Su quella pietra poggiavano macchinari industriali che s'allargavano su di una superficie ampia quanto cinque campi di calcio o dieci isolati urbani. Ora quella pietra che taglia il terreno come un confine verrà sollevata per permettere alla Dora di tornare a respirare e a farsi sponde di un progetto ambizioso, futuristico, di alta green architecture. Lo racconta Benedetto Camerana, giovane architetto, dinoccolato e appassionato. Si chiamerà Environment Park e sarà il primo parco scientifico e tecnologico ambientale d'Europa. Il progetto Impregilo porta la firma di Emilio Ambasz, Giovanni Durbiano e dello stesso Benedetto Camerana. Sono tre architetti verdi, ecologisti, quelli che lavorano per una integrazione fra natura e urbanistica, che studiano le trasformazioni delle grandi aree industriali, con l'imperativo di «riconvertire» prima che «costruire». Emilio Ambasz, argentino del 1943, pioniere della «green architecture» ha progettato Centri culturali in Giappone, il Museum of American Folk Art a New York, Giardini Botanici in Texas, sedi della banca Lambert a Bruxelles, Milano, New York; da venticinque anni Ambasz lotta per il «verde sul grigio», per imbrigliare di giardini gli edifici che progetta. E' quanto ha progettato, con Camerana e Durbiano, per Environment Park, un laboratorio tecnologico e tematico dell'ecocompatibilità: un capovolgimento rivoluzionario di quella Torino di ferriere, di siderurgia pesante, Delta Sider, Teksid, Savigliano, Michehn, lungo via Livorno e ferrovia Torino-Milano, il Parco Amedeo di Savoia, luoghi che ricordano certi quadri di Italo Cremona, pagine di Oddone Camerana. Sono 52 mila metri quadri di «fabbrica» a giardino, di cui 30 mila mq destinati a laboratori e uffici, 14 mila di verde a uso pubblico, 21 mila di parcheggi coperti. Anche il tetto si fa giardino, passeggiata, luogo di riposo. Qui si studierà l'impatto acustico nell'ambiente, lo sfruttamento delle risorse idriche, soluzioni per la gestione dei rifiuti, la rinascita dei rifiuti industriali, monitoraggi ambientali. Lavori di leggerezza, impalpabilità, tutto video e computer. Una grande fabbrica silenziosa con alberi che si arrampicano sulla facciata, ag giungendo verde a verde, colore non solo del riposo ma anche del risparmio energetico: preoccupazione prima dell'intero progetto. Che per funzionare avrà comunque bisogno di grande potenza termica. E' vero che, dal tetto ai vetri, alle tende, agli stessi edifici, fabbricati in materiali riciclabili, tutto tende al risparmio energetico e all'assunzione di nuove fonti di calore. Come il cippato. Diavoleria ingegnosa il cippato. E' lo scarto delle potature degli alberi, che detto così potrebbe far sorridere pensando ai legnetti. Ma vedendo in un colpo solo tutti gli alberi di Torino da potare e quelli della regione allora il discorso cambia e si capisce come il 70% della potenza termica potrà venire dalle caldaie a cippato, capaci di produrre anche il freddo. Questo Parco Tecnologico, che sarà pronto nell'agosto del '98, è ora un immenso cantiere di terra bonificata, dove la pietra sulla Dora brilla come una vena argentata, già trasparenza dell'acqua occlusa. Benedetto Camerana ci passeggia su e giù, «presidia» il cantiere, lo sente come una sua creatura. Allievo di Roberto Gabetti, tesi su «Il giardino di Stupinigi», direttore della rivista Eden sull'architettura nel paesaggio, lavori alla Fiat di Melfi, al Lingotto, all'Istituto di Ricerca sul Cancro di Candiolo: un nutrito elenco di studi sul paesaggio, restauri acustici, progetti di aree verdi. Camerana, perché si fa l'architetto? «Per curiosità. Curiosità culturale e storica che si sommano a interessi tecnici ed economici. Ci sono forme di creatività dove l'aspetto scientifico ed economico ha minor peso». Qual è il sogno di ogni architetto? «Credo sia quello di disegnare una nuova città. Oggi sarebbe impossibile». Da architetto, lei preferisce fare o rifare? «E' lo stesso. Anche se parti da zero il territorio è già un palinsesto, un ventaglio di segni di cui devi tener conto». Quando guarda un edificio da cosa rimane attratto? «Dalla sequenza degli spazi, da come ci si arriva, da come gli si gira intorno, dal come ci si muo¬ ve al suo interno. E poi da come arriva la luce, come si percepisce il suono». Le accade lo stesso con un oggetto? «Sì, quando la sua forma ha un'invenzione rispetto alla funzione». Chi considera i suoi maestri? «In Italia: Aldo Rossi, Gabetti e Isola. Nel loro lavoro di progettazione cultura e storia danno continue sollecitazioni». E Piano? «E' tecnologicamente interessante». Ci sarà quando verranno alzate le grandi lastre di pietra sulla Dora? «Sì, sono curioso di vedere quel tratto di Dora imprigionata. E poi mi sembra un salto epocale quello di vedere trasformarsi questa zona della Torino industriale, dell'acciaieria in fabbrica "immateriale", d'analisi ecologica. C'è salto e continuità. L'architettura del futuro serve a ricostruire la città, a toglierle asfalto. Anche Environment Park, primo esempio in Europa di Parco Scientifico Tecnologico dedicato all'Ambiente, segue questo mdirizzo. E succederà con un milione di metri quadrati di aree industriali. Città-verdelavoro: cardini sui quali fa perno la nostra vita. Senza separazioni, fratture traumatiche. Così il Parco s'incunea verso la città, si fa città. E il verde recupera impronte del passato, memorie di un paesaggio cancellato, sepolto, ma ancora presente e pronto a ripresentarsi». Lo definirebbe un progetto unico? «Sì, direi di sì. Ma se vogliamo trovare una qualche parentela bisogna pensare all'Oakland Museum di quel geniale architetto che è Kevin Roche, con i suoi fabbricati bassi, in discesa e i prati sui tetti e tutta una serie di piccole pergole. Un altro esempio al quale ci sentiamo legati è il Residenziale Olivetti a Ivrea di Gabetti e Isola, dove il rapporto fra architettura e natura è forte. I locali chiamano quella "foresteria" il "talpone"». Cosa vuol dire lavorare con Ambasz? «Affascina. E' da vent'anni che insegue questo suo modo di progettare. E ce ne ha messi dieci prima di realizzare un suo lavoro. Ha insistito, ha capito che era la via giusta. Quando ero studente ero incantato dai suoi lavori. L'ho voluto conoscere. E oggi lavoriamo insieme». Qual è il lavoro di Ambasz che più l'ha sedotto? «Forse il primo. E' l'Orto Botanico che ha progettato a San Antonio in Texas. Sono serre ipogee, grandi piramidi di vetro che portano luce nei giardini del sottosuolo». Che metodo di lavoro segue? «Lancia idee come fossero illuminazioni. Mescola utopia e forti dosi di realismo. Quando è venuto a Torino, stavamo ore e ore a tavolino a parlare a ruota libera, poi lui spariva, s'infilava nella città e ne riemergeva con nuove proposte. Si capiva che stava studiando il progetto "dalla città", da ogni punto e tessuto della città». Nico Orango Le meraviglie della «green architetture» diAmbasz, Camerana eDurbiano S«//e n'w Dora laboratori per 30 mila metri quadri e il doppio ingiardini •s PjllBWA .ivitii -bava aUf •CC,9vft sia Usa Wr.i iti ;< (i $l iteiij! mt> omo ib ; ,2oS lab wkuiia si cir-viO j btuq 03 qqptc<]b)8Ib liofrl j oMuUib un biava;- nc.bir.tv isti -li Mi:; ìhoi ! iì :ké> iuz aauq COf, isb Micino !;;ii§^t( ! ssoaiwite età .ititi ■■■'■■■, kaifi 'ab » ijuv/iij i irtdwJe sci m&ufT fob incanalai 'mìi j -ib lfi8 X3Ò ÌK(!ÌMÌK(S ajbb M9in* :«CJ/Ì>?.tl ! 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