Sulla frontiera della paura di Giuseppe Zaccaria

Due traghetti stracolmi fanno la spola portando in salvo in pochi minuti i profughi messi in fuga dalle violenze Sulla frontiera della paura Mombasa difesa da un sottile braccio di mare IL KENYA IN FIAMME MOMBASA DAL NOSTRO INVIATO Il volo KQ 103 della Kenya Airways ieri è atterrato a Nairobi alle sei e un quarto del mattino, ed ai 246 passeggeri che l'affollavano subito la situazione è apparsa in tutta la sua gravità. «Ostia, xe bruto tempo», ha constatato un cacciatore d'elefanti veneto. La sua ragazza, un tipo «tu Tarzan io Jane», ha risposto «vedrai che migliora». Pronta a tutto, la coppia si è persa fra le sahariane ribollenti intorno ai cartelli dei tour operatore. Il vero pericolo del Kenya? Quello di ottenere un rimborso decurtato del trenta per cento, come durante il volo spiegava una comitiva di romani. «Duemilionieddue pagati ad aprile e l'agenzia che di fronte alla rinuncia avrebbe restituito solo unettrè. No, io parto e poi si vede». Se poi ci si mettono anche i monsoni beh, allora è proprio sf... Come? Niente, ciao. Se passi da Malindi vieni a trovarci. Certo. Ciao, allora, sta' attento. A cosa? E che ne so? Strano viaggio questo. A Fiumicino, telecamere di «Retequattro» che riprendevano famiglie in partenza come soldatini Schweick dell'avventura, all'arrivo così tanti bestioni, mitragliatori e tute mimetiche da rendere evidente che tutto è a posto. Anche il volo per MombasaZanzibar è pieno, al primo scalo ragazze con le treccine offrono ombrelli colorati a chi deve raggiungere l'aerostazione. Dai allora, cominciamo questa vacanza, almeno a star seduti sull'orlo del vulcano si prova il vago calore di un'emozione. Ed è poi davvero un vulcano, questo pezzo d'Africa spalmato di forma anglosassone e lungomari italiani? «No, oggi tutto tranquillo» racconta il ragazzo che ha accettato di guidare la sua automobile fino a Likoni, la Soweto kenyota. Gli ultimi tre morti sono dell'altra sera (un prete battista, una donna, un ristoratore), negli ultimi giorni se ne contano 35, l'aggressività dei gruppi già minaccia di debordare, ma intanto lo spettacolo continua. La strada che attraversa la polvere intorno a Mombasa alterna officine meccaniche a tuguri, tuguri ad officine, poveracci in tuta a poveracci in costume tradizionale unificati dall'identico tanfo. Limite del territorio è un piccolo braccio di mare, dove una bava di vento sembra voler allontanare il sentore della realtà. Da questa parte ci sono auto in fila, persone ammassate sotto una tettoia, un poliziotto che le controlla col bastone in mano. Dall'altra auto in fila, niente tettoie e poliziotti armati. Trecento metri, non di più. Un'ansa con cui l'Oceano Indiano circonda Mombasa quasi a tenerla distante dalla zona dei tumulti. Ci sono due traghetti che fanno la spola, la navigazione dura po- chi minuti. Quei trecento metri sono il passaggio di un'invisibile frontiera fra la vacanza e la vita. Likoni, la «bidonville» di duecentomila persone da cui un'etnia sta cacciando tutte le altre. Likoni, dove sulla banchina il «container» che ospitava la stazione di polizia è vuoto e bruciacchiato e gli scheletri neri di altre capanne circondano un cartello che dice «Aids it's a danger, Aids it's here». Likoni, luogo da cui parte e si diffonde un altro tremendo contagio, quello della persecuzione politica ed etnica. Dal traghetto che arriva verso Mombasa scendono prima le auto, poi una fiumana di persone che trascina biciclette cariche di pacchi, spinge carrelli traboccanti di masserizie. Sono i Kikuyu, i Luo, gli Akamba che se ne vanno. Gente calata qualche anno fa verso la costa, quella che dal Kenya centrale, dalla Rift Valley pensava di raccogliere nell'oceano di immondizia qualche scarto delle vacanze di gruppo. I nemici non solo tribali ma alla lunga anche politici del regime di Daniel Arap Moi. I Kalehiju, padroni dell'area, li stanno scacciando. Fra le quaranta etnie del Kenya questa non sarebbe certo la maggiore, non fosse per il fatto che ha dato i natali al Presidente. In questo come in milioni di altri casi, tribù significa alleanza, gruppo di potere, partito: ed il partito è la «Kenyan Afrkan National Union» di Arap Moì, più nota come «Kanu». Sono gli attivisti del «Kanu» a scacciare gli altri: Sono stati loro, giovedì scorso, a dar fuoco a quest'altra stazione di polizia, quella che adesso emerge annerita da un'altra fila di baracche (sette poliziotti uccisi, lo scheletro di un'auto ancora lì). Loro, a provocare quest'esodo così in controtendenza rispetto al mercato tu- ristico. Anche quel che vediamo adesso è stato provocato dagli estremisti del «Kanu». Il governo si dissocia, certo, qualche caporione è stato arrestato, eppure per giungere fin qua, ai margini della Soweto del potere, è bastato seguire la puzza. Anche in questo giardino traboccante di persone e letame ci sono degli italiani: gente che nel cortile della chiesa cattolica di Likoni cerca di accogliere tremila rifugiati. Pio Callegaro è un missionario della Consolata che in sorte ha ricevuto un destino impersonale. E' nato in un paese che si chiama Paese (provincia di Treviso), è persona che non ama apparire e per questo non ha lanciato appelli all'ambasciata né alla Farnesina. Semplicemente, da cinque o sei giorni prima i cattolici delle etnie di minoranza e poi fuggitivi «tour court» si sono presentati al suo cancello ed hanno invaso la parrocchia. «Le donne e i bambini dormono qui», fa il prete, che è vestito di pantalonacci e camicia a righe, porta sandali con calzini rossi e neU'ultima settimana sta dormendo quattro ore per notte. Il «qui» è la chiesa di Likoni, una costruzione spoglia dove adesso un Cristo essenziale osserva dall'altare una distesa di materassi. «Dormono per terra ma riparati dalla pioggia, almeno. Negli ultimi giorni due bambini sono morti ma ieri ne è nata una. Cerchiamo di dar da mangiare alla gente, di apprestare qualche servizio igienico, la Croce Rossa kenyota ci ha promesso dei disinfettanti. E di notte ci sono dieci poliziotti che dall'interno ci proteggono dalle sparatorie. Sa, al tramonto qui diventa difficile...» Due preti e tre suore tentano di far sopravvivere tremila persone e di limitare i nuovi arrivi, se sarà possibile. In quel giardino si affonda nel guano, fra un po' finirà il pane ma il braccio di mare sembra lontano chilometri, il turismo anni luce. Coraggio, italia ni in Kenya, tutto è sotto control lo. Ci si vede a Malindi. Giuseppe Zaccaria Due traghetti stracolmi fanno la spola portando in salvo in pochi minuti i profughi messi in fuga dalle violenze E i turisti che scelgono di rimanere comunque sembrano apprezzare il brivido offerto dall'imprevedibile

Persone citate: Arap, Daniel Arap Moi, Kanu, Pio Callegaro, Soweto

Luoghi citati: Africa, Kenya, Nairobi, Treviso