«Non è questione di decimali»

«Non è questione di decimali» «Non è questione di decimali» Hax: tutti devono avere bilanci di ferro INTERVISTA IL CONSIGLIERE m HELMUT KOHL PBONN ROFESSOR Herbert Hax, lei è capo del Comitato dei Saggi e consigliere di Helmut Kohl. Condivide l'ottimismo diffuso in Germania dal rapporto dell'Ocse? «E perché mai? A scuola mi hanno insegnato che il 3,25 per cento è più del 3 per cento». Come dire che i criteri vanno rispettati nel modo più rigoroso? «Il problema, il problema vero, è come trovare ima soluzione credibile e durevole, non valida soltanto per quest'anno o l'anno prossimo. Oggi si dice che il 3,25 per cento può andar bene? Certo, fra 3 e 3,25 non c'è una differenza clamorosa, e questo ultimo limite avrebbe benissimo potuto essere fissato nel trattato di Maastricht. In realtà si tratta di un confine arbitrario: ma se si va avanti con nuove decisioni arbitrarie, come si riuscirà ad alimentare la fiducia che i singoli Paesi saranno capaci di contenere i loro deficit, nel lungo periodo? Senza contare che neppure l'Ocse può prevedere esattamente quale sarà il deficit pubblico tedesco: il rapporto, da questo punto di vista, mi pare irrilevante». Ma questa altalena di previsioni, spesso contrastanti, su unione monetaria e moneta unica, non rischia di avere ripercussioni megative anche sul marco? «Se davvero lo sapessi, non lo' direi a lei, ma farei qualche speculazione di mercato. In questo momento, comunque, niente mi sembra giustificare grandi cambiamenti nel corso del marco». La situazione economica e finanziaria attuale di Bonn non rischia di alimentare ulteriormente i timori tedeschi sull'avvio della moneta unica? «Il problema non è l'entità del deficit tedesco nel '97. Il pro¬ blema è se l'Euro sarà una moneta stabile. E la stabilità dell'Euro dipende da un interrogativo, soprattutto: riusciranno, tutti i Paesi, a mantenere una disciplina di bilancio nel lungo periodo, obbedendo al trattato là dove proibisce deficit eccessivi? Si badi che i deficit "eccessivi" cominciano dal 3 per cento». C'è tuttavia chi intravede la possiblità di una via d'uscita politica, in proposito. «Ci sarà sempre la possibilità di dire: nel trattato abbiamo scritto 3, ma intendevamo 30. Soluzioni del genere sono la garan- zia che la moneta unica non sarà per niente stabile. Ci si può domandare che fiducia nella moneta unica avranno i mercati e i cittadini, se si cominciano a spostare i limiti previsti nel trattato: e pensiamo un po' a che cosa direbbero in Italia, per esempio, se il nuovo limite venisse fissato al 3,25 per fare entrare la Germania nella terza fase dell'Urne, e l'Italia arrivas- se invece al 3,4». Meglio pensare a un rinvio per tutti, dunque? «Solo pochissimi Paesi rispetteranno i criteri di Maastricht, non importa se fissando il limite del deficit al 3 o al 3,25 per cento. Di certo, tutti i principali Paesi supereranno la soglia del 3 per cento: la Francia e l'Italia, mentre non sono sicuro che la Germania si fermerà al 3,25 per cento. Sarà dunque molto difficile escludere uno di questi Paesi dall'Euro: se, per fare un esempio, Francia e Germania fossero al 3,2 per cento e l'Italia al 3,3 per cento, che cosa si do¬ vrebbe fare? Ammettere la Germania e la Francia e non l'Italia? Sarebbe impossibile, politicamente. Dunque i casi sono due: o si rinvia l'Unione, o per meglio dire "si prolunga" la sua seconda fase; oppure nel '98 si comincia con tutti i grandi Paesi - Francia, Germania, Italia e Spagna - anche se i loro deficit sono troppo elevati». A quale prezzo? «Al prezzo, insisto, di un serio problema di credibilità: come potremo essere sicuri che questi Paesi rispetteranno, nel tempo, una severa disciplina di bilancio?». [e. n.l

Persone citate: Helmut Kohl, Herbert Hax