Il Papa i giovani maestri di vita

Il presente e il futuro della società e della Chiesa in uno dei rarissimi colloqui con Giovanni Paolo II Il presente e il futuro della società e della Chiesa in uno dei rarissimi colloqui con Giovanni Paolo II Il Papa: i giovani, maestri di vita Intervista alla vigilia dell'incoritro di Parigi AParigi si apre la dodicesima edizione delle Giornate mondiali della Gioventù. Santo Padre, come spiega il successo che questa rassegna riscuote tra i giovani? «I giovani portano dentro di sé un ideale di vita: sono assetati di felicità. Con le loro sollecitazioni e il loro entusiasmo, i giovani ci ricordano che la vita non può essere semplicemente una ricerca di ricchezza, di benessere o di onori. Ci rivelano un'aspirazione più profonda, che ogni uomo porta dentro di sé, un desiderio di vita interiore e di incontro con il Signore che batte alla porta del nostro cuore per darci la sua vita e il suo amore. Dio solo può colmare il desiderio dell'uomo. Solo in Lui i valori fondamentali trovano la loro fonte e il loro significato ultimo. Non tutte le scelte hanno lo stesso valore, anche se, secondo la mentalità dominante, tutto si può fare, indipendentemente dal significato morale delle azioni. I giovani si lasciano a volte trascinare in questa confusione, ma sanno anche reagire,' Mori cessano di dire che attendono dagli adulti una testimonianza di vita bella e giusta. I giovani ci invitano a convertirci personalmente, affinché possiamo proporre loro una vita umana e una vita cristiana conformi alla nostra autentica natura e alla nostra unione al Cristo tramite il battesimo. Sono legati alla famiglia, al vero amore e alla fedeltà. Sono anche naturalmente aperti all'incontro con i loro fratelli e sorelle di altre confessioni religiose e di altre nazioni. Gli uomini d'oggi sono invitati a far scoprire ai giovani che vivere secondo questi valori rende febei, anche se comporta sacrifici, lotte e sofferenze. La Chiesa ha il desiderio di far loro conoscere il Cristo che invita ogni uomo a seguirlo, ognuno secondo la sua vocazione specifica». Che cosa si attende dai giovani? Possono essere loro i testimoni della speranza? «Se i giovani non fossero testimoni della speranza, sarebbero giovani? So che sono spesso preoccupati dal loro avvenire professionale, che molti di loro hanno difficoltà a trovare l'unità e il senso della vita. Da loro mi attendo che mobilitino la loro generosità, la loro intelligenza e la loro energia per rendere il mondo più ospitale per tutti, che si mettano al servizio della felicità e della dignità dei loro fratelli e sorelle; che sappiano che muoversi verso gli altri sarà per loro una fonte di wuminazione. Dai giovani cristiani mi attendo che scoprano sempre più "la larghezza, la lunghezza, l'altezza e la profondità" del mistero del Cristo e la bellezza della loro condizione di figli di Dio, che giochino pienamente il loro ruolo attivo e responsabile nella Chiesa e nella società, che siano testimoni convincenti dell'Amore di cui Dio ci ama, facendo della loro stessa vita un dono. So che in Occidente la Chiesa conosce una caduta della pratica religiosa e una diminuzione delle vocazioni sacerdotali o religiose; questo significa che la Chiesa passa per la prova della Croce, e deve ricordarsi che nulla è più grande del suo Maestro. Ma voi dovete vivere questo impoveriménto tìóitìe' ùria'purificazióne e, in un certo senso, uno stimolo». ,. .Può ricordarci che cosa L'ha. " indotta a lanciare l'iniziativa delle Giornate mondiali della Gioventù? «Il punto di partenza delle Giornate mondiali della Gioventù è nel radunarsi spontaneo della folla che accompagnò Gesù a Gerusalemme. La Chiesa celebra quell'awenimento ogni anno, la domenica delle Palme, associando la glorificazione del Signore alla sua Passione ormai vicina. Prima della Pasqua, bambini e ragazzi sono venuti davanti al Cristo, portando rami in mano, e l'hanno acclamato: "Osanna al figlio di David!". Si può quindi dire, in qualche modo, che l'ingresso trionfale di Gesù i a Gerusalemme .1 costituisce la m prima Giornata JÉ1 mondiale della 111 Gioventù. In epoca più vicina a noi, l'anno 1984 era stato consacrato al Giubileo della Redenzione, in occasione del f& 1950° anniversario della mor- «^^^^^P te di Cristo. Allora avevo affidato ai giovani presenti a Roma la croce dell'Anno Santo; il 25 novembre ho dato loro appuntamento in piazza San Pietro, per la domenica delle Palme dell'anno successivo, cioè il 1985, che l'Onu aveva dichiarato Anno internazionale della Gioventù. Il 31 marzo dell'85 più di 250 mila giovani si sono radunati in piazza San Pietro, per testimoniare che Cristo è la nostra pace, rispondendo così al mio appello. Fu un momento di preghiera, di comunione intensa, di gioia irrefrenabile e raccolta, che resta impressa nel mio cuore. Era un segno evidente del desiderio dei giovani, di seguire il Cristo e affermare la loro fede; era anche un segno evidente della loro convinzione che solo il Signore resuscitato può dare un senso alla vita e condurre alla felicità. In una lettera che ho inviato loro per l'Anno internazionale, li avevo invitati ad approfondire il dialogo con il Cristo e a sentirsi amati da Lui. Questa relazione con il Signore apre alla speranza e consente di elaborale un progetto di vita, da realizzare progressivamente». «Dopo qualche mese di riflessione e di preghiera, ricordando con emozione la processione delle Palme e la messa della Passione, il 20 dicembre 1985, davanti ai cardinali e ai membri della Cu- ria romana, ho proposto di istituire una Giornata annuale della Gioventù, precisamente la domenica delle Palme. Ho invitato i miei fratelli vescovi, pastori diocesani, e i sacerdoti, che accompagnano i giovani con grande dedizione, a suscitare iniziative molteplici. Li ringrazio per la loro generosità e il loro impegno nel lavoro pastorale con i giovani, a cui hanno il compito di trasmettere la fede e la chiamata del Signore, insieme con le famiglie». Come dovrebbe essere, secondo Lei, la vita dei creden- ti in un'Europa occidentale dove i cattolici diventano minoritari? Come possono testimoniare la loro fede nel rispetto degli altri? «La celebre Lettera a Diognete, uno dei più antichi documenti delle comunità cristiane, mostra che la questione si poneva già alle origini del cristianesimo. La Chiesa ama riprendere quel testo, ricordando che i discepoh del Cristo non si distinguono dagli altri uomini né per la lingua, né per le abitudini, né per il loro genere di vita. Quel che li separa dagli altri sono le leggi sulle quali si fonda il loro modo di vivere. Essi sono nel mondo; sono attenti alle gioie e alle.sofferenze dei fratelli, come Ljfa ricordato il Concilio Vaticano T\P|, in particolare nella costituzione pastorale "Gaudium et spes". Attraverso le loro azioni, sono febei di partecipare al progresso dell'umanità, in tutti i campi in cui lavorano. Si rallegrano delle scoperte scientifiche e tecniche, ma mantengono uno spirito critico. In effetti, i cristiani ricordano sempre che ogni scelta personale o collettiva degli uomini nel mondo va fatta in funzione dell'essere umano, che è una persona e il centro della vita sociale. D'altra parte, i cristiani hanno la preoccupazione di rendere conto della speranza che è in loro, come dice san Pietro nella sua prima lettera. E' per libera scelta che ognuno accoglie la fede che gli è proposta. Ma quando ha trovato la felicità, il cristiano la comunica senza tregua a quelli |^ che lo circonda¬ no (...). L'annuncio del Vangelo non rimette affatto in causa il rispetto delle coscienze. Non è un limite alla libertà personale proclamare: "Ho incontrato il Cristo, appartengo alla Chiesa". La libertà religiosa è innanzitutto il rispetto reciproco dei credenti e delle pratiche religiose». La mondializzazione delle tecniche, della finanza e della cultura di massa conduce alla diminuzione delle specificità nazionali. Lei crede all'emergenza del nazionalismo oltranzista, in reazione a questa mondializzazione? «Il termine stesso di mondializzazione non mi soddisfa affatto. C'è il mondo, la famiglia umana, la famiglia dei popoli: questa è la prima realtà, anteriore alle tecniche di comunicazione che permettono di dare una dimensione mondiale a una parte, ma a una parte soltanto, della vita economica e della cultura. Quel che è mondiale è, innanzitutto, mi patrimonio comune: è, direi, l'uomo, con la sua natura specifica di immagine di Dio, e l'umanità tutta mtera, con la sua sete di libertà e di dignità. Mi pare che sia a questo livello che si debba parlare di un movimento di mondializzazione, anche se è meno visibile e spesso ancora intralciato. Ma, dopo la seconda guerra mondiale, la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo testimonia l'aspirazione generale a riconoscere una legge morale universale parliamo di legge naturale -, senza la quale il mondo sarebbe privo di significato e il valore della vita andrebbe perso di vista. A questo livello, il patrimonio comune dell'umanità non ha nulla di contraddittorio con le specificità nazionali dei popoli. La diversità culturale è evidentemente una ricchezza. Ogni popolo ha il diritto di rivendicare il rispetto della propria identità, anche se costituisce una minoranza all'interno di im Paese, a condizione che non intralci il cammino comune. Ma l'attaccamento dei gruppi umani alla loro lingua e alle loro tradizioni non impedisce loro di accogliere quel che viene da fuori. Sappiamo bene che una persona non acquista la sua piena dimensione se non in relazione con gli altri; non possiamo dire per analogia che un popolo non può sviluppare la sua "personalità" se non in relazione con altri popoli? Nelle condizioni attuali, ripiegarsi su se stessi diventa praticamente illusorio e i nazionalismi esacerbati conducono a terribili choc, come abbiamo visto fin troppo in questi ultimi anni. Occorre mia ricerca costante di equilibrio: ho potuto constatare, in particolare visitando numerosi Paesi africani, che i popoli cominciano a. forgiare una cultura che integra il meglio del passato ancestrale e gli elementi più fecondi della modernità. Una vera "tradizione" è sempre in evoluzione». «Per tornare al tema della mondializzazione, quel che importa innanzitutto - la Chiosa continua a ribadirlo - è che l'uomo abbia la supremazia sull'economia e sul mercato, che le legittime concorrenze non soffochino la solidarietà su scala più vasta; occorre che la crescita delle ricchezze consenta di ridurre le disuguaglianze invece di aggravarle, che il valore incommensurabile della vita sia riconosciuto, che l'essere umano non sia mai avvilito, che l'uomo prenda coscienza della sua dignità di creatura voluta e amata da Dio. Tutte queste esigenze sono, in fondo, di ordine evangelico. Il Vaticano II l'aveva visto bone nella costituzione "Gaudium et spes", che resta una carta del mondo di quel tempo». Quali sono per Lei il significato e la funzione del grande Giubileo dell'anno 2000? «A prima vista, l'anno 2000 è nel tempo un riferimento cronologico come mi altro. Ma si tratta della storia della salvezza e del suo asse, l'Incarnazione del figlio di Dio in Gesù di Nazareth, nato da una donna "quando venne la pienezza dei tempi". Ecco allora che il 2000 è per noi un appello a prendere coscienza di tutto quel che comporta per l'umanità intera quell'avvenimento fondatore. Il Giubileo invita a fare nella fede un bilancio della storia della Chiesa, con i suoi sviluppi eccezionali, ma anche con gli errori e le divisioni dei cristiani; il Giubileo invita a accogliere la grazia sempre nuova della presenza nella Storia del Cristo resuscitato, Salvatore degli uomini, la grazia della riconciliazione che Dio offre al mondo, i doni confidati alla sua Chiesa nell'eucarestia, il battesimo e gli altri sacramenti, l'amore dei piccoli e dei poveri che ci è chiesto di condividere». Copyright «La Croix» U Portano dentro di sé un ideale interiore di incontro con il Signore, sono assetati di felicità. Con le loro sollecitazioni e il loro entusiasmo ci ricordano che la vita non può essere semplicemente una ricerca di ricchezza, di benessere o di onori IJ p Si lasciano a volte trascinare nella confusione creata dalla mentalità dominante, secondo la quale tutto si può fare. Ma sanno anche reagire Sono legati alla famiglia, al vero amore e alla fedeltà. Sono naturalmente aperti all'incontro con i loro fratelli EJ 9f «In Occidente c'è una caduta della pratica religiosa e delle vocazioni Questo significa che la Chiesa passa per la prova della Croce» «La globalizzazione? Quello che conta è che l'uomo abbia la supremazia sull'economia e sul mercato, che non sia mai avvilito» «La prima Giornata della Gioventù ili l'ingresso di Gesù a Gerusalemme» -•*>-, ■ «Il Giùb&ynvita a lare un bilancio della storia della Chiesa» . Ma voi mpoveriazióne e, timolo». osa L'ha. 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Persone citate: Gesù, Giovanni Paolo Ii, Nazareth, Palme

Luoghi citati: Europa, Gerusalemme, Parigi, Roma