LA NUOVA LEGGE E GLI ALBANESI

IA NUOVA LEGGE E GLI ALBANESI DALLA PRIMA PAGINA IA NUOVA LEGGE E GLI ALBANESI rata nell'incontro con i giornalisti, su un eventuale ricorso alla fiducia, ho risposto che solo in caso di estrema necessità lo si potrebbe prevedere ovviamente, non «sulla legge» ma su singoli articoli ed emendamenti - e che non questo è, di certo, il mio auspicio. Non comprendo invece il nesso stabilito da Rusconi nel suo articolo tra vicenda dei profughi albanesi e nuova legge sull'immigrazione. L'eccezionale afflusso - culminato a metà marzo - di cittadini albanesi che lasciavano un Paese in condizioni caotiche e chiedevano accoglienza umanitaria, ci ha posto un problema nettamente diverso - e già affrontato anche in altri Paesi europei per gli effetti della guerra nella ex Jugoslavia - da quello della regolamentazione dei flussi migratori verso l'Italia. Abbiamo infatti risposto in termini di «protezione temporanea», con apposito provvedimento di legge, con notevoli sforzi organizzativi, rimpatriando subito diverse migliaia di albanesi giudicati «non bisognosi di protezione» e non sottovalutando, come dice Rusconi, quanto ne sarebbe seguito. Ma l'alternativa era drastica: o respingere immediatamente tutti i profughi o mettere in conto il rischio di non lievi difficoltà per farli ritornare in Albania. Rischio che non poteva essere evitato - per quel che riguarda il «dileguarsi» di un certo numero di profughi trasformando i centri di accoglienza in campi chiusi, negando ogni libertà di movimento dei singoli in contrasto con regole e prassi internazionali di protezione umanitaria. Rischio che poteva invece sensibilmente ridursi con l'auspicato ristabilimento dell'autorità dello Stato e del- la legalità in Albania. Questo processo è finalmente in corso, ma con difficoltà che purtroppo contribuiscono - insieme con il miraggio di poter restare per sempre in Italia - a scoraggiare molti dal rimpatriare, nonostante tutte le misure predisposte senza alcun dilettantismo: e di fronte alle resistenze, ancora in questo momento, al rimpatrio, ci sembra di dover insistere in un'opera di convinzione prima di ricorrere a provvedimenti coattivi. Parlo di un'opera di convinzione da condurre sollecitando la massima collaborazione del nuovo governo albanese e da legare anche alla prospettiva aperta dal decreto sui flussi migratori per il 1997 e da un accordo bilaterale per il lavoro stagionale. Tornando al tema generale, vorrei dire al professor Rusconi che non definisco emergenza il fenomeno dell'immigrazione, perché lo considero un problema di fondo, permanente, di lungo periodo, da affrontare con una valida disciplina normativa e con uno sforzo quotidiano caratterizzato da razionalità e continuità, senza sbalzi emotivi e oscillazioni tra opposti semplicismi. La si può anche chiamare - come recitava il titolo dell'articolo - «una questione di ordinaria amministrazione»: ma davvero c'è da meravigliarsi se «il governo (italiano) si trova in difficoltà a gestirla»? In difficoltà si sono trovati, e inevitabilmente si troveranno - dalla Francia alla Germania - tutti i governi d'Europa. Si richiede dovunque, e in particolar modo in Italia, un impegno crescente e tenace - non delle sole forze di governo - per affrontare con serietà questo cimento tipico del nostro tempo. Giorgio Napolitano ministro dell'Interno

Persone citate: Giorgio Napolitano

Luoghi citati: Albania, Europa, Francia, Germania, Italia, Jugoslavia