Mogadiscio '89, prove di golpe di Francesco Grignetti

Mogadiscio '89, prove di golpe Mogadiscio '89, prove di golpe Così il Sismi voleva cacciare Barre ROMA. In Italia tutto era pronto, alla fine dtì*F990, per manovrare un golpe in Somalia. Ci aveva pensato il Sismi, il servizio segreto militare, che aveva ben presente la crisi irreversibile del regime di Siad Barre e voleva intervenire prima che accadesse l'irreparabile (dal punto di vista dei nostri 007, beninteso). Per il colpo di Stato erano pronte una frazione delle forze armate somale, il ministro della Difesa, la polizia locale. L'entourage di Siad Barre, che il Sismi aveva appoggiato fino a quel momento, ma turandosi il naso, naturalmente avrebbe reagito: erano stati previsti anche i morti. Ma tant'è. A tutti i costi il Sismi voleva intervenire. Solo che il governo pentapartito dell'epoca - era la stagione di Giulio Andreotti, Arnaldo Forlani e Bettino Craxi, ricordate? non se la sentì. Il via libera dai piani alti della politica non arrivò mai. Il golpe non ci fu. E la storia andò come la conosciamo: crisi del regime, fuga di Barre e del suo clan, guerra civile, carestia, bambini denutriti, intervento militare dell'Onu, morti a migliaia. Negli ambienti del Sismi ne parlano ancora come di una grande occasione mancata. Si mordono i gomiti perché ritengono svanita del tutto l'influenza italiana in quel Paese e nel resto del Corno d'Africa. L'uomo su cui gli spioni italiani puntavano si chiamava Samantar, ministro della Difesa. Era un generale addestrato dai sovietici ai tempi in cui Mogadiscio si appoggiava a Mosca, ma buon amico dell'Italia. Suo braccio destro sarebbe stato il capo della polizia, Gilao. Altro amico degli italiani. Che la situazione in Somalia fosse sul punto di esplodere, allo stato maggiore dei no- stri servizi segreti militari era chiaro. Oltretutto, parlando con i colleghi dei Paesi amici, gli 007 del Sismi avevano capito che l'Arabia Saudita - che in quell'area ha antenne molto sensibili - era assai preoccupata per l'ascesa degli integralisti nel Sudan e per la dissoluzione dello Stato somalo. Di qui la decisione di pianificare un golpe «preventivo». Per andare avanti, però, ci voleva l'avallo dell'autorità politica. Che fu rifiutato. Gli uomini del governo videro subito che si trattava di un progetto troppo impegnativo e un sicuro imbarazzo a livello internazionale qualora fosse mai emersa la complicità italiana. I responsabili del Sismi furono invitati a lasciar perdere. Era il 1990. Due anni dopo, l'Onu doveva correre al soccorso di un Paese ridotto allo stremo da carestia e guerra civile. Con notevole crudezza e seguendo una logica «politicamente scorretta», ma indubbiamente efficace, al Sismi pensano ancora oggi che «sarebbe stato molto meglio intervenire che lasciar marcire la situazione». Tra gli altri, sotto l'egida dell'Orni, c'erano anche i soldati italiani. Era la «missione Ibis» di cui oggi si parla tanto. Ma a quel punto Siad Barre era ormai sparito di scena (morì di malattia), né si accennava più a suo genero che nel 1990 era l'uomo più odiato in tutta la Somalia. Erano subentrati i nuovi signori della guerra, infatti, Aidid e Ali Mahdi, che spadroneggiavano per Mogadiscio. La missione internazionale finì malissimo. Al Sismi dicono che fu merito loro se potemmo almeno evacuare senza morti. Francesco Grignetti Il governo italiano preferì evitare accuse d'ingerenza Poco dopo s'iniziava la guerra civile L'ex presidente somalo Mohamed Siad Barre nel 90