Gibson mangia il naso del nemico e fa scappare il pubblico di sala

«Conspiracy theory» chiude Locamo, festival di grande successo «Conspiracy theory» chiude Locamo, festival di grande successo Gibson mangia il naso del nemico e fa scappare il pubblico di sala THPAPTYTTì Cnttn i 1 nvi-Afi 1 r\ rial LOCARNO. Sotto il profilo del pubblico il Cinefestival del Verbano, che ha appena concluso con successo la 50a edizione, batte Cannes e Venezia: Nel senso che si svolge veramente a furor di popolo. Sino a 6 mila persone invadono tutte le sere l'immensa arena di piazza Grande e si mettono davanti a uno dei più giganteschi schermi d'Europa (40 metri per 25) pronte ad applaudire o a fischiare secondo i casi. E bisogna vedere quel che succede quando arriva la pioggia a guastare la festa. Si scatena allora un esodo di bibliche proporzioni verso il Palazzetto Fevi, che di spettatori ne contiene solo 3500, com'è accaduto l'altra sera: sbrigata in fretta sul palco all'aperto la cerimonia della premiazione (dove uno dei maggiori applausi è andato all'attore Valerio Mastandrea, protagonista di «Tutti giù per terra», che ha dedicato il suo Pardo ai giovani disoccupati del Canton Ticino) via di corsa ttlitci-\ 1 a tiv/iia^inno nì fhìnon verso la proiezione al chiuso con afflusso a spintoni. Vero è che dopo aver fatto a cazzotti per entrare a vedere il film americano «Conspiracy theory» di Richard Donner, passato un quarto d'ora alcuni hanno fatto a cazzotti per uscire. Effetto di una scena abbastanza truculenta in cui Mei Gibson, legato su una sedia a rotelle e barbaramente torturato, addenta come una belva il naso del suo boia sino quasi a staccarglielo. Nelle prime scene del film Mei si presenta come un taxista un po' survoltato (chi non ne ha mai incontrato qualcuno?) che opprime i clienti con chiacchiere fluviali sulle trame che minaccerebbero la democrazia. Il tipo non ha certo le carte in regola: scopriamo che è una sorta di guardone, intento a spiare la bella Julie Roberts mentre fa ginnastica; e quando lo seguiamo nel suo appartamento verifichiamo che vi tiene interi archivi di foto e ritagli, nonché cibi e beande tutti inchiavardati e lucchettati. Potrebbe davvero essere uno squilibrato: e nel tratteggiarlo l'eccellente Gibson viaggia sul filo del rasoio che divide la paranoia dall'universo della mafia politica. Anche Julie, che fa l'avvocato, quando lo strano tassista dà fuori di matto per farsi ricevere da lei, non sa bene cosa pensare appare e nemmeno quello che crede di essere, ma.., Basti sapere che a un certo punto affiora un esplicito riferimento a un curioso film anticipante l'assassinio di Kennedy, «Va' e uccidi», dove un sicario veniva psicologicamente annientato per indurlo a compiere imprese infami. E allora se fosse vero, come sostengono quelli della Cia, che il novello «Taxi driver» ha ucciso lui il padre della ex «Pretty Woman»? Sull'attendibilità dei servizi segreti la ragazza nutre tuttavia qualche dubbio da quando il capo le è comparso davanti con un vistoso cerotto sul naso... Siamo in un universo alla Hitchcock, con disinvolte scopiazzature da «Il club dei 39» e «Il sipario strappato», fotografia cupa e: allarmante, montaggio effervescente e messinscena miliardaria: e viene da riflettere sul fatto che una sola inquadratura di Donner è certo costata di più dell'intero film iraniano «Lo specchio» vincitore del Pardo d'oro. Troppo lungo (135 minuti) e sbrodolato nella parte conclusiva (dove si tenta invano di coniugare l'ineluttabile tragedia con il lieto fine, inclusi l'atteso bacio fra i protagonisti e persino una cantatina), «Conspiracy theory» mette a dura prova la plausibilità di attori incantevoli come Mei e Julie, che tuttavia formano una coppia affiatata e vincente. In fondo anche Don Chisciotte, folle un po' come il nostro taxista, nel suo farsi paladino di Dulcinea era la quintessenza del romanticismo: e però Cervantes i suoi eroi non li avrebbe mai spinti l'uno nelle braccia dell'altro. Alessandra Levantesl Cazzotti per entrare, cazzotti per uscire. L'attore, bravissimo, è il taxista-guardone che spia la Roberts 'li Mei Gibson: «Conspiracy theory» di Richard Donner ci trasporta in un universo alla Hitchcock dei suoi discorsi deliranti; e in fin dei conti un po' di corda gliela dà. Ci fermiamo qui nel racconto della trama per non guastare ai futuri spettatori le varie sorprese (non tutte di prima qualità) disseminate lungo il percorso. Quando si scopre che il protagonista non è quello che

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