Il fiume degli dèi rinasce da un batterio

il futuro del passato. In viaggio sul Gange con la strana coppia di ingegneri che combattono l'inquinamento delle acque il futuro del passato. In viaggio sul Gange con la strana coppia di ingegneri che combattono l'inquinamento delle acque Il fiume degli dèi rinasce da un batterio 1L giorno dono il nostro arri I. ° . .? roani- IL giorno dopo il nostro arriprendiamo un barcone per —I scendere lungo il Gange. I templi e i palazzi principali sono costruiti lungo il fiume su una serie di circa cento ghat (o zone di sbarco) che si estendono per cinque miglia. I ghat sorgono teatralmente dall'acqua in cima ad alte scannate, che ne fanno una specie di duplice spazio scenico: dai ghat la gente osserva l'attività in corso sul fiume sottostante, mentre quanti passano sulle barche lungo la riva osservano il comportamento della gente che se ne sta su in alto. Siamo in venti a bordo di un barcone lungo e piatto di legno conoso dall'acqua, con un motore ansimante e un drappo di tela steso di traverso su di esso per proteggerlo contro il sole di mezzogiorno. Un gruppo strano ed eterogeneo. A poppa c'è U. B. Mishra, il mahant o «santo» del tempio di Sankat Mochan, uno dei più importanti di Benares. E' anche un ingegnere idraulico che studia sistemi per depurare il fiume. Vicino a lui c'è un ingegnere americano, William Oswald, che è stato chiamato per cercar di risolvere il problema deU'mquinamento delle acque. Il resto del gruppo è formato da membri e da volontari della Fondazione Sankat Mochan, il gruppo organizzato da Mishra per dismquinare il Gange. Siamo in acqua per esaminare i problemi d'mquinamento del fiume e per studiare il sito ove piazzare una serie di stagni che Oswald e il suo partner Bailey Green hanno progettato e che dovrebbero essere in grado di assorbire gran parte degli scarichi fognari della città, restituendo salute al Gange. Sebbene Benares sia il centro principale della cultura e del sapere hindu, tra i suoi ghat è rappresentato quasi ogni culto religioso e ogni regione dell'India. Vi sono ghat sikh e ghat jaina, un ghat buddhista e ghat islamici con tanto di moschee. Vi è un ghat per gli asceti di Dandi Fanth e un ghat che conduce a un tempio straripante di sculture erotiche nepalesi. Vi sono ghat a forma di pagoda che fanno pensare all'India meridionale e ghat simili a fortezze che rievocano i tempi dei bellicosi guerrieri moghul del Nord. Pellegrini in vesti color zafferano con bastoni color zafferano si soffermano in ogni luogo santo: il Charandpaduka Ghat, dove si ritiene che il dio Vistimi abbia lasciato la sua orma; o il Manikarnika Ghat dove si crede che Parvati, la sposa di Shiva, abbia smarrito un orecchino. C'è un ghat per la dea del vaiolo e un ghat per il Signore della Luna, cui si attribuisce il potere di curare le malattie. «In India abbiamo molte sette e molti tipi di pratiche religiose, di lingue e di gruppi etnici», dice Mishra. «Il Gange è il luogo dove convergono tutte queste fedi e queste pratiche religiose. In una società che racchiude in sé tante differenze, è molto importante che vi sia un'entità siffatta, capace di porsi come forza unificante». Il progetto di depurazione del Gange ha fatto sì che Mishra e Oswald, due uomini molto diversi, giungessero alla medesima soluzione. Se Mishra è un uomo intensamente spirituale con una concezione sacra del fiume, Oswald è uno scienziato pragmatico. Settantasettenne, è u pioniere di una sorta di approccio avveniristico al problema degli scarichi fognari urbani: un sistema chiamato «Sistemi Avanzati Integrati di Stagni per l'Acqua di Scarico», nel quale le acque di scolo sono trattate attraverso una serie di stagni naturali abitati da alghe e accuratamente progettati da ingegneri. Il liquame si decompone nell'acqua grazie al processo di fermentazione e di fo tosintesi attivato dai microbatteri. Funziona più o meno così: in uno stagno i batteri continuano a ere scere senza tregua e decompongo no i materiali di scarico nei loro componenti costitutivi: carbonio, azoto, idrogeno ecc. Le alghe dello stagno assimilano questi elementi e, a mano a mano che le loro verdi biomasse si espandono, producono ossigeno per fotosintesi. Le alghe sono i più efficienti produttori di ossigeno dell'intero pianeta. L'ossigeno che producono rende possibile la vita acquatica di uno stagno o di un fiume; i pesci si nutrono di alghe e al tempo stesso usano l'aria da esse prodotta; e anche i batteri aerobici usano ossigeno per mantenere in azione il processo di decomposizione, in un ciclo di creazione e di disfacimento che si regge su se stesso. Oswald cerca di migliorare la natura, progettando una serie di sta- giù collegati tra loro, capaci di favorire differenti processi di decomposizione e di mantenere l'acqua corrente, evitandone così la stagnazione. Tale tecnologia sembra quella ideale per l'India: costa meno e usa poca elettricità, comporta minor manutenzione a livello di alta tecnologia e sfrutta una delle più abbondanti risorse dell'India, quella luce solare pressoché illimitata che consente la fotosintesi. Di pari passo con i diversi culti religiosi praticati lungo il Gange, appaiono evidenti tutte le differenti forme di inquinamento. Vi sono ghat dove branchi di bufali d'acqua prendono il fresco. In altri ghat le lavandaie sciacquano il bucato sulla spiaggia, mentre un arcobaleno di sari colorati se ne sta ad asciugare sulle scalinate. L'induismo comprende molti rituali di purificazione e di igiene, ma parecchie persone ignorano la proibizione contro l'uso del sapone nel Gange. C'è una grande ignoranza, spiega Mishra, non soltanto tra i bagnanti illetterati ma anche tra i sacerdoti e i capi di Benares. Molte persone credono che una torre di mattoni che si trova in acqua proprio ai piedi del Tulsi Ghat sia un impianto di depurazione che estrae dal fiume i materiali mquinanti, mentre è una pompa che aspira dal fiume acqua da bere. Dopo pochi minuti, passiamo davanti al primo dei ghat «ardenti», dove i fedeli vengono a cremare i propri morti. A ogni ora del giorno e della notte, le pire funebri continuano a bruciare sulla spiaggia, con i familiari disposti a cerchio at- torno al fuoco a recitare le preghiere. Quando il rogo si è consumato, le ceneri dei morti vengono consegnate al fiume, perché inizino il viaggio da questo all'altro mondo. A volte, i corpi possono non bruciare del tutto e i loro resti vengono allora sparsi nel fiume. La media è di circa 40 mila funerali tradizionali svolti a Benares sulle rive del Gange ogni anno. Come se non bastasse, chea altri tremila cadaveri - quelli della gente troppo povera per permettersi un funerale - e novemila carcasse di animali vengono gettate ogni anno nel fiume. Nell'ambito del Ganga Action Pian, un progetto del governo indiano che ha avuto ben poco successo, 28.820 tartarughe d'acqua vennero immesse'nel fiume a Benares alcuni anni fa, nella speranza che mangiassero i brandelli dei corpi in decomposizione. Ma ormai non vi sono più tartarughe nel fiume. Sono in molti a sospettare che siano state pescate per trarne cibo. Un risultato di estrema importanza ottenuto dall'opera governativa di depurazione è stato la costruzione di mi forno crematorio elettrico presso uno dei due maggiori ghat «ardenti», per ridurre il numero dei funerali tradizionali. Il programma sembra funzionar bene e le code sono molto più lunghe di fronte al forno crematorio di mattoni che di fronte agli uomini che vendono il legno per le pire, assai più costoso. Le forme tradizionali di vita indiana visibili lungo le rive del Gange - le pire funebri, i bufali d'acqua e le lavandaie - non sono le fonti primarie d'mquinamento. Se si osserva con maggior attenzione proprio lungo gb accessi dei ghat, si possono scorgere grossi tubi fognari che scaricano direttamente nel fiume, cui si aggiungono le scorie deU'impianto di depurazione, ormai sovraccarico. Il sistema fognario della città - costruito dai britannici nel 1917 - è sfruttato ben oltre le sue capacità. Ancora cinquant'anni fa, la popolazione di Benares superava appena il quarto di milione di abitanti. Adesso è di 1.200.000 persone e il sistema di stagni progettato da Oswald e Green è destinato a una città che nel giro di 10 o 15 anni conterà un milione e mezzo di abitanti. Mentre lasciamo Benares per raggiungere la confluenza del fiume Varuna con il Gange, la superficie dell'acqua ribolle letteralmente come un calderone di minestra calda: materiale fognario grezzo che si trasforma in gas metano. Ad appena un miglio circa a monte del Varuna c'è un grosso impianto di pompaggio che il governo indiano ha completato alcuni anni fa e che dovrebbe trasportare gli scarichi urbani a un grosso impianto di trattamento presso la città di Dina pur, poche miglia più a valle. In grado di trattare soltanto una pie cola frazione dei 200 milioni di litri di liquame che, nel migliore dei ca si, viene giornalmente prodotto dalla città, l'impianto pompa il liquame di Benares a monte per parecchie centinaia di metri, solo per scaricarne la maggior parte nel Varuna, da dove torna a scorrere diritto nel Gange. Alcune miglia più a valle, vi è una fioritura improvvisa di alghe, in quantità talmente innaturali che per parecchie centinaia di metri il Gange assume l'aria malsana di una palude. E' qui che il governo indiano ha costruito il suo grosso impianto di trattamento - realizzato da una compagnia britannica che compie soltanto quello che nell'industria dei rifiuti vien detto il «trattamento primario» (l'equivalente del primo soltanto dei quattro stagni di depurazione previ- sti dal progetto di Oswald). Siccome lo scarico «depurato» dell'impianto è ancora tutto intasato di liquame e di batteri, esso (e il cocente sole indiano) stimola la crescita di una quantità di alghe assai maggiore di quella che le risorse naturali del fiume possono assorbire. «Le alghe non possono far altro che ammucchiarsi e marcire», dice Oswald. E, decomponendosi, consumano ossigeno anziché crearlo, mettendo a repentaglio la vita subacquea del fiume. Lo stato delle cose appare evidente quando si testa il livello dell'ossigeno in laboratorio: la «Domanda biologica di ossigeno» (Dbo) è uno dei principali criteri di misurazione dell'inquinamento dell'acqua. Quando l'inquinamento comporta un'alta domanda di ossigeno, ne resta di meno per i pesci e gli altri organismi. «E poi, le alghe non sono quelle giuste - continua Oswald -. Ci sono tutte le condizioni per il botulismo: PH alto, temperatura calda, mancanza di ossigeno». Il governo centrale di New Delhi ha speso di recente circa 270 miliardi per costruire impianti di depurazione ad alta tecnologia sul modello occidentale, sul tipo di quello che abbiamo appena visto: tutti impianti che mal si adattano alle condizioni dell'India. Le macchine per il trattamento funziona no a elettricità e quando manca la corrente - come accade parecchie volte al giorno in molte città in diane - smettono di funzionare Analogamente, gli impianti si sovraccaricano durante la stagione dei monsoni e non possono far altro che chiudere per lunghi periodi di tempo. E, anche quando funzionano, sono così costosi e difficili da condurre, che molte città indiane sostengono di non poterne sopportare i costi di manutenzione. «Dei 35 impianti di depurazione, quasi 26 funzionano soltanto sulla carta, a causa della scarsa operatività e della manutenzione insufficiente». A fare questa dichiarazione è lo stesso governo indiano. «Hanno fatto errori grossolani dice il mahant -. E' come un parco a tema sul fallimento della tecnologia». Sebbene il nostro viaggio in barca a valle del fiume verso l'isola di Dhob sia di dieci miglia soltanto, impieghiamo quasi cinque ore perché l'imbarcazione tende ad arenarsi nell'acqua bassa. A ogni fermata, un numero sempre maggiore di membri del nostro gruppo deve scendere in acqua per spingere la barca. Il Gange tende a svuoj| tarsi nei mesi di siccità che portano ai monsoni estivi. nmhlpnn p npooinn'n in mip<;ii problema e peggiora a) in questi che portano ai monsoni estivi. Il problema è peggiorato in questi ultimi anni, in quanto l'acqua viene sempre più spesso deviata per l'irrigazione. La ragione del culto e della divinizzazione del Gange e degli altri fiumi dell'induismo sta in parte nella relativa scarsità d'acqua dell'India e nel suo ruolo prezioso per la conservazione della vita. Benché l'India conti da sola il 20% della popolazione mondiale, dispone soltanto del 4% dell'acqua fresca. Se si considera che la popolazione si avvicina ormai al miliardo di persone (e si prevede che l'India soppianterà presto la Cina come Paese più popoloso), la sua crescita futura potrebbe voler dire morte di fame in massa. In queste circostanze le guerre per l'acqua - uno degli spettri che incombono sul Duemila - sono già diventate realtà in India. India e Bangladesh sono stati sul punto di rompere le relazioni diplomatiche a causa dell'uso del Gange. E nel 1994 la città di Haryana ha semplicemente deviato una quantità enorme della fornitura d'acqua di Delhi, sostenendo di averne bisogno per l'irrigazione. La lotta per l'acqua non può che peggiorare a mano a mano che la crescente popolazione urbana dell'India pretende impianti idraulici di tipo occidentale. I 17 alberghi a cinque stelle di Delhi consumano ogni giorno 800 mila litri d'acqua: quanto basta a una popolazione di 1.300.000 abitanti di slums. Mentre penso a questa apocalittica prospettiva ecologica, sentiamo in lontananza il suono di una banda di ottoni. Vi è una grossa folla ammassata sulle rive dell'isola di Dhob. Benché sia ormai prossimo il tramonto e siano lì in attesa da tutto il pomeriggio, accolgono l'arrivo della Fondazione Sankat Mochan e dei loro ospiti occidentali con musiche trionfali e manifestazioni di giubilo. Dhob è una delle sacche dell'India rurale rimaste in larga misura tagliate fuori dallo sviluppo degli ultimi cinquant'anm. Un'isola di circa 40 mila anime che non dispone di elettricità e che non può contare nel corso dell'armo su un collegamento stabile con la terraferma. Il progetto di quattro «stagni di ossigenazione», in m\ canale fluviale prosciugato nei dintorni, comporta anche la necessità di costruire quattro strade attraverso le dighe degli stagni per collegare Dhob alla terraferma: strade che potrebbero contenere cavi sotterranei, capaci di fornire la scintilla elettrica che riuscirebbe a unire la gente di Dhob al resto del mondo. Tra grida di «evviva gli dei!» c'inerpichiamo sui bordi di una riva affollata di persone in attesa. Procediamo lentamente, fermandoci in ogni villaggio alla folla plaudente. E ogni volta ci sono bande e bandiere dipinte e interi baldacchini di calendule. A ogni fermata le mamme spingono innanzi i figli a toccarci i piedi, offrire ghirlande e dire preglùere. E' ormai buio quando giungiamo alla fermata conclusiva e alla cerimonia principale, nel corso della quale veniamo uivitati a mangiare mi appiccicoso dolce d'arancia e a bere mi po' di tè al limone. Il mahant e i capi del villaggio leggono una dichiarazione. La gente di Dhob garantisce il proprio appoggio al progetto di stagni di Oswald. La dichiarazione si conclude con la fervida speranza che tale buona impresa rechi a loro tutti mukti e putki: felicità in questa vita e salvezza nell'altra. Il frenetico senso di attesa e di speranza dell'isola - la sensazione che il progetto degli stagni potrebbe essere mia sorta di deus ex machina capace di trasformare la vita dei suoi abitanti - era commovente ma anche raggelante. Ci trovavamo qui davanti al nocciolo del dilemma che riguarda il futuro dell'India: se ogni villaggio come questo ottenesse l'elettricità, le conseguenze ecologiche sarebbero terrificanti e contribuirebbero altresì a rendere la cultura indiana omogenea alla griglia elettrificata della nuova economia globale. E tuttavia il desiderio degb isolani di far parte del vasto mondo è palpabile e soverchiarne. Da taluni tratti dell'isola, quando le notti sono chiare, gli abitanti dei villaggi possono vedere le luci di un remoto deposito fenoviario. E se ne stanno fi a guardare quel simbolo luminoso del mondo di cui anelano a far parte: un mondo di luci, di strumenti elettrici, di apparecchi moderni e, naturalmente, di televisori. Alexander Stille (2. Fine. Il precedente articolo è uscito il 12 agosto) Uno indiano e mistico, l'altro americano e pragmatico, alleati in un progetto audace Con l'impiego di alghe e microorganismi il liquame si decompone naturalmente winm-.oh^Aìm^.»fc»pH«.os*ib I ,i«8ab«Iium^màmmiiì^1^«t!»lSJ> ' -««tai* top <>i*t™-Ai » VKW^bwi) ooowaft mi tmat imvnsvjp*Ti5iu<\iAu j.iJillS^wra! ina] tim (nvamMiìmavvim mO' I,.. ..,> ,;; m Sat!«ùTIsii i «Siapbtf g.iiÌM« (ÌutiSnis» jtnwn raO |632 cWsv ;f,h <!Ìo!i.t fi:.' sreisaitìtts mfomiòAwtetcfo'J ' '/V^ I tfftnS ed •::!:■ .(iJtsft .ima i&iiipsMnj •:gi:!jg>jBl : ' '/\\^ ■. ■ ì olia «5 sbàkcmJ ojnwl i. <pS jp orbai •ubrt fami LoàaegMì^^bittfon foii i ìli Vi*.-:> tnxm ini* aM rsisHe te/rjl ;ti o:ifhflS;»ÌBij.*ii?'tiiq et ciborio j ■r---v.»,h i v.!:» * ìjììà aw é f.farj | . .. :j OiUiftfl Ofii HIJofc^jSHAJ iqqMit lòtsatwu j i (toc soUho! ni istmo .ànsuisltei « jibuiq th mifttmq cuifiHiiba KTOOf-ai ,oh;q?jje'.( .oMircùbiisn ! ;b liiq axt) t> ùlJofch :i ;? lixsiteA ;^s! j :>;mx -..\ .sìmoì ,r>m otes *M : viqmn i;0HÌjs- 9fejOT«j-!ù8 li 3dii j -UiKi i OOo s flJauij! eia! ito;;" o.ttiìv; • -ibi;;!!;» f.Uró t-v/.p"; aria :M imo ?c"e .«••biotte rtoiav lui jedi/tajin :}:!>. 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E' qui che il governo indiano ha costruito il suo grosso impianto di trattamento - realizzato da una compagnia britannica che compie soltanto quello che nell'industria dei rifiuti vien detto il «trattamento primario» (l'equivalente del primo soltanto dei quattro stagni di depurazione previ- p g pdi tempo. E, anche quando funzionano, sono così costosi e difficili da condurre, che molte città indiane sostengono di non poterne sopportare i costi di manutenzione. «Dei 35 impianti di depurazione, quasi 26 funzionano soltanto sulla carta, a causa della scarsa operatività e della manutenzione insufficiente». A fare questa dichiarazione è lo stesso governo indiano. «Hanno fatto errori grossolani dice il mahant -. E' come un parco a tema sul fallimento della tecnologia». Sebbene il nostro viaggio in barca a valle del fiume verso l'isola di Dhob sia di dieci miglia soltanto, impieghiamo quasi cinque ore perché l'imbarcazione tende ad arenarsi nell'acqua bassa. A ogni fermata, un numero sempre maggiore di membri del nostro gruppo deve scendere in acqua per spingere la barca. Il Gange tende a svuoj| tarsi nei mesi di siccità Le sponde del Gange a Benares: il sole è appena sorto, migliaia di persone affollano i ghat e si bagnano nelle acque sacre